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Una protesta dei lavoratori delle Terme luigiane

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Sono circa in cinquecento e si appellano alla Regione Calabria

GUARDIA PIEMONTESE (COSENZA) – «Aspettiamo tutti con ansia che la Regione Calabria (proprietaria delle acque) in un sussulto di orgoglio interrompa questa “farsa”, non si renda complice di possibili reati e di un progetto che porterebbe l’economia della zona sul baratro».

È lo sfogo dei 500 lavoratori delle Terme Luigiane, da alcune settimane riuniti in associazione per tentare di stabilire un dialogo con la Regione Calabria, in contrapposizione ai Comuni di Guardia Piemontese ed Acquappesa i quali, dal canto loro, hanno realizzato un Piano di sviluppo termale, considerato «fantasioso» e tecnicamente «irrealizzabile», senza coinvolgere gli addetti ai lavori e la stessa Sateca spa, “sub concessionario” dello stabilimento termale noto in tutta Europa per la qualità delle acque sulfuree e per i servizi offerti in Calabria.

Il “caso delle Terme Luigiane” è un “affare” rilevante, da 50 milioni di euro e 500 posti di lavoro, con un indotto ed un potenziale di sviluppo straordinari che fanno gola alla ‘ndrangheta, come risulta da investigazioni dell’Antimafia catanzarese la quale ha accertato il tentativo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’affaire (indagini in atto). Ecco perchè, a prescindere da tutto, i sindaci dei due Comuni termali, Maritato e Rocchetti, stanno gestendo la vicenda attraverso il coinvolgimento della Prefettura di Cosenza ed acquisendo, così come è accaduto in passato, pareri dell’Anticorruzione.

Tuttavia, molte cose non tornano. Intanto la provata scopiazzatura del piano, come documentano nel loro dossier i consulenti tecnici ingaggiati dai lavoratori, dimostrando con dovizia di particolari che la stragrande maggioranza delle pagine che compongono il piano contengono consistenti porzioni di testo estrapolate da una tesi di laurea e da progetti di altri Comuni (tra cui una piscina pubblica di Macerata), rintracciabili su internet. Su questo si attende un chiarimento preciso dalla “controparte”.

Poi viene contestato il piano di investimenti, contenente proiezioni ritenute “sballate”, attraverso calcoli e valutazioni tecniche di merito, anche perchè tali informazioni fanno parte del famigerato “copia e incolla” denunciato dai lavoratori stessi. Poi c’è il dato sulla portata delle acque termali presente nello “studio preliminare di impatto ambientale” che, secondo i denuncianti, sarebbe «enormemente sovrastimato: basti pensare che, sempre secondo questi “accuratissimi studi”, negli ultimi 5 anni è stato utilizzato mediamente solo lo 0.9% dell’acqua termale disponibile. Questo dato contrasta con la realtà conosciuta da chiunque lavori negli stabilimenti termali e cioè che molto spesso nelle stagioni di maggiore siccità la carenza di acqua crea non pochi problemi e disservizi.

Ed inoltre la “grande speculazione edilizia” (previsione di spesa di ben 44.521.000 euro). Tale somma verrebbe utilizza quasi interamente per interventi di tipo edilizio (migliaia di metri cubi) su un territorio di appena 10 ettari e in zona tra l’altro soggetta a vincolo paesaggistico (solo lo 0,9% della previsione di spesa ha destinazione percorsi naturalistici/tempo libero). Il progetto, peraltro, prevede la realizzazione di tutte le opere e lavori in appena 15 mesi. Attendiamo la replica.

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