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Roma, 23 ott. (askanews) – Un breve colloquio, una mezz’ora, al termine del Consiglio supremo di difesa. Il tempo per un ‘chiarimento’ tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo qualche tensione sull’asse Quirinale-Palazzo Chigi negli ultimi giorni. Un incontro faccia a faccia che non si verificava da un pò e di cui è stata data notizia forse anche per dare il senso di una rinnovata linea di comunicazione tra i due.
Sui contenuti dell’incontro c’è, naturalmente, stretto riserbo, ma è facile ipotizzare che al centro ci sia stata la situazione politica, gli atti e i provvedimenti aperti da qua alla fine dell’anno. Fondamentale sbloccare la nomina di un membro della Corte costituzionale per Mattarella, che appena due giorni fa aveva invitato le forze politiche a “esercitare capacità di mediazione e di sintesi”. Andata a vuoto anche l’ottava votazione il Parlamento è stato convocato nuovamente la prossima settimana, il 30 ottobre, pur non avendo le forze politiche ancora messo in atto quella collaborazione necessaria per eleggere organi di garanzia che richiedono maggioranze qualificate.
Altro capitolo aperto è quello dello ‘scontro’ tra l’esecutivo e le toghe, dopo che il tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento dei primi 12 migranti in Albania, subito riportati in Italia. Una decisione che il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva definito “abnorme” e la stessa premier reputa “pregiudiziale”. Uno scontro che preoccupa il capo dello Stato, anche in qualità di presidente del Csm, e che ha probabilmente ispirato quell’accorato appello al Festival delle Regioni: “Tra le istituzioni e all’interno delle istituzioni la collaborazione, la ricerca di punti comuni, la condivisione delle scelte sono essenziali per il loro buon funzionamento e per il servizio da rendere alla comunità”. In Parlamento ha iniziato il suo iter anche la riforma delle separazione delle carriere su cui la maggioranza punta molto ma che ha suscitato allarme tra le toghe.
E certo se uno degli obiettivi del confronto di oggi era far scendere un po la tensione governo-toghe, il risultato non sembra essere stato raggiunto. La sentenza sull’Albania, ha ribadito Meloni alla festa del ‘Tempo’, è “assolutamente irragionevole” e se non c’è un “complotto” da parte delle toghe, c’è però “un sostanziale menefreghismo rispetto alla volontà popolare: se vota ‘bene’ la democrazia è una risorsa ma se vota ‘male’ andranno corrette le decisioni del popolo”.
Proprio il decreto sui Paesi sicuri approvato lunedì in Cdm per cercare di superare l’ostacolo è arrivato nel pomeriggio al Quirinale. Mattarella lo ha firmato, non ravvisando estremi di incostituzionalità, ma negli ultimi tre giorni i tecnici della Presidenza della Repubblica hanno seguito passo per passo la difficile gestazione del testo finale, ‘suggerendo’ quelle limature che erano ritenute necessarie. Ma al di là del via libera al decreto (e della sua eventuale efficacia pratica) sembra preoccupare il rischio di un conflitto non solo con la magistratura italiana, ma anche con l’Europa. Di certo Meloni non sembra aver intenzione di mollare: “Avevo messo in conto gli ostacoli – ha assicurato – li supereremo, il protocolo funzionerà. Non intendo consentire che una soluzione nel pieno rispetto del diritto internazionale, europeo e italiano venga smontata perchè c’è una parte della politica che non è d’accordo.Se ci saranno altri problemi continueremo a convocare il Cdm per risolverli”.
Al Quirinale è in attesa di firma anche un altro discusso provvedimento, quello sul reato universale della gestazione per altri su cui pendono, secondo alcuni, dubbi di costituzionalità.
C’è infine la questione della manovra, firmata dal Capo dello Stato dopo un lungo processo di elaborazione da parte dei tecnici del Mef e di Palazzo Chigi e che ha iniziato oggi il suo iter in Parlamento.
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