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In centinaia hanno partecipato alla fiaccolata in memoria di Celeste Palmieri. La comunità si è radunata nel parcheggio di via Salvemini, lo stesso luogo in cui la vittima è stata brutalmente assassinata con un colpo di pistola.


SAN SEVERO (FOGGIA) – San Severo, una piccola città nel Foggiano, si è unita in una fiaccolata per onorare la memoria di Celeste Palmieri, la 56enne uccisa dal marito Mario Furio lo scorso 18 ottobre. La fiaccolata, organizzata dall’amministrazione comunale, ha visto centinaia di cittadini stringersi attorno ai familiari della vittima, in un gesto simbolico che ha voluto esprimere solidarietà e rifiuto della violenza di genere.

FIACCOLATA PER CELESTE PALMIERI

La comunità si è radunata nel parcheggio di via Salvemini, lo stesso luogo in cui Celeste è stata brutalmente assassinata con un colpo di pistola. Da lì è partito un corteo silenzioso, illuminato solo dalla luce delle fiaccole, che ha attraversato le strade della città fino a raggiungere piazza Municipio. L’atmosfera era densa di dolore, ma anche di determinazione: quella di non lasciare che questa tragedia venga dimenticata.

In prima fila, accanto alla sindaca Lydia Colangelo, c’era Giusy, la figlia di Celeste. Le sue parole, pronunciate con voce ferma ma carica di emozione, sono diventate un monito per tutte le donne: “Ai miei figli insegnerò a non accettare nemmeno uno schiaffo. Perché da uno schiaffo si passa ad un pugno, e poi si perdona. Il perdono va bene, ma l’accettazione di queste cose no”. Il messaggio di Giusy risuona come un grido di ribellione contro una cultura del silenzio e della sottomissione che, troppo spesso, si trasforma in tragedia.

LE PAROLE DELLA SINDACA LYDIA COLANGELO

La fiaccolata ha rappresentato non solo un momento di commemorazione, ma anche un segnale chiaro: la comunità di San Severo vuole che questo gesto sia un punto di svolta. La sindaca Colangelo ha sottolineato l’importanza di un “abbraccio collettivo” che non si esaurisca con la manifestazione del 22 ottobre, ma che continui ogni giorno. Il richiamo è a un impegno concreto e costante nella lotta contro la violenza di genere, che deve coinvolgere istituzioni, famiglie e tutta la società civile.

Davanti al Municipio, una panchina rossa – simbolo della lotta contro il femminicidio – era adornata con nastri e una corona di fiori. Sopra, un paio di scarpe rosse, un’immagine ormai iconica della battaglia per i diritti delle donne. Una richiesta giustizia per tutte le vittime di violenza. Un simbolo che richiama all’urgenza di un cambiamento culturale, necessario per interrompere la catena di soprusi che ogni anno miete vittime innocenti.

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