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Roma, 22 ott. (askanews) – Una grande vetrina per Vladimir Putin, il presidente russo che l’Occidente avrebbe voluto isolare dopo che questi ha fatto invadere dalle sue truppe l’Ucraina, che da oggi e fino a giovedì ospita il 16mo vertice annuale dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) a Kazan, con la partecipazione complessiva di 36 paesi e sei organizzazioni internazionali.
Sicuramente, per il leader russo la partecipazione ampia a questa riunione è un successo diplomatico importante già in partenza, perché sono presenti i leader di paesi che ospitano oltre metà della popolazione mondiale e alcune delle economie di primissima grandezza. Con diversi di questi leader, tra l’altro, Putin avrà anche incontri bilaterali a margine per consolidare la posizione della Russia, dopo che il cordone ombelicale con l’Europa occidentale è stato tagliato in maniera al momento difficilmente reversibile.
Da un punto di vista dei contenuti, sebbene nel menù del BRICS solitamente la fanno da padroni i temi economico-commerciali, ci saranno anche importanti passaggi politici e, uno di questi, sarà l’incontro che il capo del Cremlino avrà giovedì – secondo quanto ha annunciato l’Ufficio presidenziale russo – con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. In questo faccia a faccia certamente verrà posto anche il tema di un percorso d’uscita dal conflitto ucraino.
D’altronde, all’interno del BRICS, tre dei quattro fondatori originari del blocco (Brasile, India, Cina) si sono proposti come promotori di una mediazione per arrivare a un cessate-il-fuoco e a una pace nel conflitto.
L’altro tema politico che nella tre giorni di Kazan verrà trattato sarà certamente il rischio di allargamento senza controllo del conflitto in Medio Oriente. Tra i presenti ci sarà il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Inoltre sono stati già annunciati incontri bilaterali di Putin per giovedì con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian e con lo stesso Abu Mazen.
Il vertice di Kazan rappresenta il primo dopo l’allargamento del blocco e in vista di ulteriori ammissioni. Dopo la fondazione a quattro del 2009 e l’ingresso due anni dopo del quinto “socio”, il Sudafrica, quest’anno il gruppo si è ampliato per includere Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati arabi uniti.
Attualmente, i componenti del raggruppamento rappresentano oltre un terzo della produzione economica mondiale e si propongono come un fronte di opposizione a un ordine globale, politico ed economico, squilibrato a favore degli Stati uniti e dell’Europa occidentale.
Tuttavia, è difficile incasellare i membri dei BRICS come un blocco compatto. Anche tra i suoi fondatori, ci sono diverse rivalità e punti di contrasto. Per esempio, India e Cina hanno ancora aperte questioni territoriali che portano a periodici conflitti. Inoltre, Egitto ed Emirati hanno rapporti militari intensi con gli Stati uniti, con questi ultimi che persino ospitano basi militari americane. Tra l’altro, tra alcuni dei componenti ci sono vere e proprie tensioni belliche crescenti, come è il caso dell’Egitto e dell’Etiopia.
Secondo quanto ha scritto oggi il New York Times, uno degli obiettivi del summit potrebbe anche quello di ridurre il dominio del dollaro per depotenziare le sanzioni e le restrizioni commerciali occidentali che danneggiano le economie di diversi importanti paesi membri e partner: dalla Russia all’Iran, fino alla stessa Cina. Ma questa ambizione non sembra a portata di mano, non solo perché alcuna valuta dei paesi presenti pare avere la forza del dollaro, ma anche perché non c’è evidentemente consenso su questo tema e questo rischia di mandare all’aria la costruzione di un clima solidale che dovrebbe portare a un comunicato comune alla fine del vertice. Questo spiegherebbe il motivo per il quale il Cremlino, per bocca del portavoce di Putin, Dmitry Peskov, si è affrettato oggi a smentire che nel mirino ci sia il biglietto verde: “La cooperazione nella cornice del BRICS non è diretta contro alcuno, né contro il dollaro né contro alcuna altra valuta. Persegue l’obiettivo principale di assicurare gli interessi dei paesi che partecipano a questo formato”.
Il vertice rappresenta comunque un osservatorio privilegiato per osservare gli scostamenti in corso nel mondo rispetto anche a una riconfigurazione degli assetti globali. Come si stanno ricollocando alcune realtà politiche di grande importanza negli scacchieri mondiali in diverse regioni? L’India, paese tradizionalmente leader dei “non allineati”, è nel BRICS ma nel contempo non disdegna di stare nel formato di sicurezza QUAD con gli Stati uniti, il Giappone e l’Australia. L’Egitto e gli Emirati, da sempre vicini agli Usa, corteggiano la Cina. Il Brasile in Sudamerica, con il ritorno al potere della sinistra di Lula, rema contro il dollaro ma ha gli Stati uniti come secondo partner commerciale.
Su tutto questo scenario, poi, c’è un’ombra: quella dell’imprevedibilità dell’esito delle elezioni statunitensi. Che vinca Donald Trump o che vinca Kamala Harris fa la differenza e le conseguenze dell’arrivo di una nuova leadership alla Casa bianca si potranno misurare solo quando ciò accadrà. E anche all’interno del BRICS, una vittoria eventuale del primo potrebbe portare a un disgelo Mosca-Washington, mentre sull’asse Pechino-Washington ciò non accadrebbe e, anzi, ci potrebbe essere un inasprimento della retorica. Questa divaricazione d’interessi ha il potenziale, per ora poco visibile, di accendere una lotta d’influenza all’interno del blocco tra i due soci di maggioranza.
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