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La sede del Tar Calabria

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CATANZARO – Non ci sono elementi a sufficienza per individuare chi in concreto minacciò gli autisti dell’autobus affinché eludessero i controlli della polizia. E né per capire chi realmente partecipò a quegli scontri che trasformarono i dintorni dello stadio Ceravolo, nell’ormai lontano pomeriggio del 28 gennaio 2006, in un vero e proprio campo di battaglia.

Sono queste le motivazioni con cui la Prima sezione del Tar Calabria (presidente Giovanni Iannini, giudici a latere Francesco Tallaro e Germana Lo Spaio) ha accolto il ricorso con il quale 16 tifosi dell’Hellas Verona, difesi dagli avvocati Nicola Magrini e Giovanni Adami, hanno chiesto l’annullamento dei provvedimenti emessi dal Questore di Catanzaro e che valevano la loro interdizione, per due anni e sul tutto il territorio nazionale, all’accesso agli stadi e ad altri luoghi sensibili (come stazioni ferroviari o piazzali per bus) utilizzati per la partenza delle tifoserie nelle loro trasferte.

I daspo in questione, dopo il rigetto dell’istanza cautelare da parte dello stesso Tar (ordinanza n. 553 del 13 luglio 2006), erano stati sospesi dalla VI sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 6508 del 12 dicembre dello stesso. E solo ora, in seguito all’udienza del 15 dicembre 2017 (quindi dopo ben 12 anni) definitivamente annullati. I fatti si riferiscono a quel brutto sabato pomeriggio, poco prima del match di serie B tra il Catanzaro e l’Hellas Verona (tra l’altro, sospeso per nebbia dopo soli tre minuti di gioco), quando nei dintorni dello stadio catanzarese si consumarono violenti scontri tra le due tifoserie e tra queste e le forze dell’ordine.

Per i sedici supporter gialloblu scattarono, immediatamente i Daspo, con la stessa motivazione: il destinatario “era responsabile dei reati di rissa aggravata, danneggiamento e violenza privata aggravata in concorso” e “ha avuto un ruolo attivo nel minacciare i conducenti degli autobus affinché omettessero di fornire all’operatore della Sala Operativa della Questura le reali indicazioni sui luoghi ove effettivamente si trovavano, evitando così ogni forma di controllo”. Da qui il ricorso, articolato in sei motivi, di cui due accolti per intero dai giudici del Tar: carenza motivazionale e vuoto istruttorio.

«A tutti i ricorrenti – si legge, infatti, nella sentenza pubblicata ieri – viene imputato di aver minacciato i conducenti dell’autobus su cui viaggiavano allo scopo di eludere i controlli di polizia, ma tra di essi non viene operata alcuna distinzione di ruolo e responsabilità. Né i provvedimenti spiegano come siano state accertate le responsabilità dei soggetti colpiti da provvedimento interdittivo». L’esame dei documenti versati a sua difesa dal Ministero dell’Interno (ovvero la comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro), per il Tar non sarebbe sufficiente a guardare con maggiore chiarezza ai fatti avvenuti.

«In tale comunicazione – scrivono i giudici – sono riportate le dichiarazione rese dagli autisti dell’autobus su cui viaggiavano i ricorrenti i quali hanno affermato di essere stati minacciati da alcuni dei supporter dell’Hellas Verona che viaggiavano sul mezzo affinché venissero elusi i controlli di polizia; essi, tuttavia, non hanno fornito alcun dato utile a individuare chi in concreto abbia recato loro la minaccia». Allo stesso modo, «i due testimoni hanno narrato che, giunti nei pressi dell’impianto nel quale era programmato l’incontro di calcio, l’autobus è stato assalito da ultras locali e che “i tifosi veronesi hanno azionato le maniglie delle uscite di emergenza e si sono riversati sulla strada scontrandosi con i tifosi del Catanzaro”. Ma ancora una volta – concludono i giudici del Tar nell’accogliere il ricorso – non è chiaro chi abbia partecipato agli scontri, e, in particolare, se lo abbiano fatto gli odierni ricorrenti».

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