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Mimmo Lucano

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Lucano dopo la condanna milionaria in Corte dei conti sulla gestione dell’accoglienza dei migranti: «Tanti gestirono i progetti in modo approssimativo. La giustizia farà il suo corso, ma qualcuno se ne approfittò»


RIACE – «RITENGO che questa storia supera la mia vicenda penale». Sono le prime dichiarazioni di Mimmo Lucano, sindaco di Riace ed europarlamentare, rese al Quotidiano, dopo l’ultima sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria della Corte dei Conti che ha condannato 26 persone e diverse cooperative e associazioni, impegnate tra l’aprile 2011 e il dicembre 2012 nella gestione dei centri di accoglienza dei migranti in Calabria.

I giudici contabili, alla fine di una indagine lunga e complessa, condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura generale della stessa Corte, hanno accertato irregolarità negli affidamenti per la gestione dell’accoglienza di migranti dell’emergenza Nord Africa (Ena).
Lucano, che in quegli anni era sindaco di Riace, è stato condannato a risarcire la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lucano, oltre che Mazzeo e con i convenuti Maria Immacolata Cesare e Antonio Rullo, è condannato al pagamento di complessivi 531.327, 65 euro, da aggiungere ad altri 336.575,79, per la quale somma è chiamato in solido con lo stesso Rullo, 131.566,96 con Cesare, e altri 117.035,66 in solido con Giovanni Nisticò.

«La giustizia fa il suo lavoro» – dichiara poco preoccupato Mimmo Lucano -. E ci tiene a spiegare alcuni passaggi non si leggono nella sentenza, ma che nelle carte dell’intero procedimento lo stesso specifica di averli fatti inserire. «Sono stato convocato da Salvatore Mazzeo (dirigente della Protezione civile calabrese, nominato soggetto attuatore con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3933 del 13 aprile 2011, ndc), per l’esperienza maturata sull’accoglienza» – prosegue Lucano.

Il sindaco ammette di avere subito accettato un numero elevato di ospiti per il borgo di Riace, perché ritenuta l’occasione buona per continuare a ripopolare il paese, garantendo i servizi essenziali, a partire dalle scuole. Ma alla base di tutto c’era la volontà di continuare nella mission iniziata anni prima nel paese dei Bronzi. Ma Lucano non nasconde alcuni dettagli. «Procedure molto leggere per l’affidamento dei servizi di accoglienza. Molti non avevano esperienza e qualcosa aveva indotto a spostare l’asse su una idea di sciacallaggio. Ero preoccupato – ammette Domenico Lucano – perché si stavano realizzando situazioni pericolose, a Riace e in Calabria». E dice chiaro il motivo: «A Riace erano attivi da tempo altri progetti per migranti e per ogni straniero accolto corrispondevano 30 euro al giorno. Per l’emergenza Nord Africa, l’importo saliva a 46 euro e per le categorie fragili nientemeno a 80 euro».

Intanto la competenza passa alle Prefetture e in una delle riunioni presso l’Ufficio territoriale del governo di Reggio Calabria, Lucano fa pubblicamente le sue rimostranze per la «gestione molto approssimativa di quei progetti di accoglienza». Lo ha detto davanti ad altri amministratori pubblici, quei pochi impegnati all’epoca nell’accoglienza, e alla presenza dei rappresentanti dei soggetti affidatari del servizio.

«Ho avuto – confessa – problemi con qualche cooperativa, perché avevo detto che le somme per ogni migrante erano troppo alte. Per gli altri è stato un approfittare generale, ma per me, sullo sfondo, c’era un’etica. Mi fa rabbia – prosegue Lucano – pensare che la Prefettura non abbia vigilato, così come le Procure interessate». Ma alla fine ammette in maniera sempre più chiara che «ci sono tanti che hanno approfittato dell’emergenza traendo vantaggi». Anche il Comune di Riace, però, e per come sottolineano i giudici nella sentenza, ha approvato convenzioni con quelle “tariffe” affidando a soggetti esterni l’accoglienza.

Le condanne a risarcire superano la cifra complessiva di 4 milioni di euro. Gli amministratori condannati sono in tutto 14, tra sindaci e assessori di Acquaformosa, Caulonia e Riace. Ma altri rilievi contabili potrebbero nascere per il Comune di Riace (e per Domenico Lucano) dall’istruttoria delle vicende dell’indagine Xenia, dopo che i giudici di appello di Reggio Calabria, assolvendo quasi del tutto Lucano e gli altri imputati, hanno deciso di trasmettere gli atti alla Procura della Corte dei conti.

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