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Negano che sia solo una questione economica, ma l’autonomia differenziata nasconde una strategia leghista per bloccare i soldi al Nord


Se qualcuno avesse mai nutrito dubbi sulle reali intenzioni della Lega ecco che a fugarli è arrivato il professor Andrea Giovanardi. Già. Ma chi è costui? È l’avvocato tributarista con studio legale a Vicenza al quale il governatore del Veneto Luca Zaia affidò il compito di predisporre la proposta di intesa Stato-Regione per la piena applicazione dell’autonomia differenziata. Talmente coinvolto nel progetto da far parte della commissione trattante del Veneto.
Giovanardi è dunque uno dei massimi esperti in tema di federalismo fiscale. Per anni ha avuto una delega in bianco per nome e per conto del suo presidente-doge Luca Zaia. E fin qui  nulla di strano. Si dà il caso però che Giovanardi faccia parte anche di quella componente ristretta del Clep guidata da Sabino Cassese. E’ uno dei cosiddetti “saggi” che stanno definendo i criteri per la definizione dei Lep e dei non Lep. Ovvero di quelle  funzioni che le regioni vogliono gestire in proprio facendosi finanziare dallo Stato senza aspettare i Lep.

Il problema non è il conflitto di interessi – che è di tutta evidenza e che abbiamo più volte sollevato su queste pagine –  bensì il progetto che si cela dietro. Il ministro Calderoli ha sempre negato che la sua legge si riducesse ad una questione di “sghei”. Cioè che dietro le richieste delle regione autonomiste ci fosse un interesse economico. «È una questione di efficienza», il mantra dietro cui si nasconde da sempre il Carroccio. Ma ecco che Andrea Giovanardi – che si è gentilmente rifiutato di intervenire su queste pagine – e Dario Stevanato, l’altro “supertecnico” in  forza alla Regione Veneto stanno studiando il modo di aggirare i vincoli. Ovvero i correttivi imposti dagli alleati durante l’iter legislativo che hanno in parte depotenziato gli effetti dello Spacca-Italia. I due tributaristi stanno studiando il modo di far rientrare dalla finestra  – citiamo  il Messaggero Veneto – quello che non è passato dalla porta. Ma come?

Presto detto: trattenendo sul territorio gli eventuali risparmi ricavati da una gestione “virtuosa” e oculata delle materie e dunque delle funzioni ad esse connesse. I risparmi, cioè l’eventuale extra gettito anziché ritornare allo Stato come forma di compartecipazione alla solidarietà nazionale potrebbero essere così spalmate su altri capitoli di spesa per fornire più servizi oppure, ad esempio,  implementare gli stipendi con voci integrative  et etc. Per Stevanato la compartecipazione al gettito «è un trasferimento mascherato». Da qui l’appello dettato a nuora perché suocera intenda: «Che resti almeno ciò che si potrà accantonare».

L’autonomia differenziata e il piano leghista

Il grimaldello per forzare la legge Calderoli sono dunque proprio le 9 materie non Lep, quelle che possono essere trasferite senza aspettare che vengano definiti i livelli minimi delle prestazioni. Una di queste – citiamo sempre il Messaggero Veneto – è il Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. E’ sufficiente prevedere che rispettati i parametri e garantiti i Lep gli eventuali risparmi nella erogazione dei servizi rimangano nella disponibilità della regione. Basterebbe introdurre e rispettare questo principio per risolvere il busillis delle risorse. Tanto più che quelle da devolvere alle regioni andranno ricalcolati sulla base dei fabbisogni standard. E chi è che definisce il costo dei fabbisogni standard? La Ctfs, ovvero la Commissione tecnica presieduta dalla professoressa Elena D’Orlando anche lei in passato consulente della Regione Veneto. Ed ecco che il cerchio si chiude.

Totò che vende a Peppino la Fontana di Trevi? No. Qui è tutto alla luce del sole, una trattativa tutta interna alla ricerca di escamotage per incrementare i reciproci bilanci, una partita di giro tra consulenti leghisti introdotti alla corte di Sabino Cassese. È questa l’autonomia che vuole il governo Meloni? Ripristinando ad libitum il criterio della spesa storica? Calcolando i fabbisogni in relazione al clima e ad altri fattori tra i quali il costo della produzione che altro non sarebbe se non  il costo della vita?  

 L’avvio del negoziato ufficiale lo scorso 3 ottobre con il ministro agli Affari regionali Roberto Calderoli sulle materie non Lep è stata la prima forzatura. Ma la seconda, quella di cui non si è parlato, è il dossier presentato da Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria che contiene la richiesta di poter trattenere anche gli eventuali risparmi nella gestione delle funzioni. A quanto pare sarebbero emersi già o primi problemi per quanto riguarda la gestione della Protezione civile. Le regioni avrebbero chiesto anche il reclutamento dei Vigili del fuoco, un corpo nazionale.

L’obiettivo leghista dietro l’autonomia differenziata

L’obiettivo neanche troppo nascosto del Carroccio e dei suoi “supertecnici” arruolati  alla causa è di ottenere le stesse condizioni delle regioni a statuto speciale. Regioni come Trentino Alto Adige e Friuli che trattengono sui loro territori una parte variabile dell’extragettito in attesa di mettere le mani sul vero “bottino”, quello più consistente derivato da materie come l’Istruzione dove le risorse sono ben più importanti. Per questo ultimo miglio bisogna aspettare la definizione dei Lep, definizione che dovrà comunque avvenire entro e non oltre la primavera del 2026 trattandosi di una delle missioni finanziate dal Pnrr.

Come finirà? Non è semplice da prevedere. Per ora limitiamoci a osservare come in molti casi la storia si ripeta. Fatti i dovuti distinguo, anche nella guerra di secessione americana il Nord agitava la bandiera della liberazione della schiavitù che gli stati del Sud volevano invece mantenere. Solo solo a guerra conclusa, riposte le sciabole e disarmati i cannoni, si scoprì che in ballo non c’erano le catene che si stringevano alle caviglie i neri,  bensì gli interessi degli industriali del Nord contrapposti a quelli agricoli dei grandi coltivatori del cotone. Quando si dice corsi e ricorsi storici.  


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