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Ilaria Olivo alle olimpiadi degli scacchi di Budapest

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Intervista alla cutrese Ilaria Olivo, unica arbitra internazionale alle Olimpiadi degli scacchi. «In questo mondo ci sono ancora poche donne»


CUTRO – È stata l’unica arbitra internazionale italiana a dirigere gare alle Olimpiadi degli scacchi di Budapest, appena stravinti dall’India che ha trionfato con una doppietta in entrambe le sezioni, Open e femminile. Ed è l’unica calabrese tra le sei donne arbitre internazionali di scacchi. Si chiama Ilaria Olivo, è una docente e ricercatrice di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni alla Sapienza di Roma ed ha una grande passione, nata nella sua Cutro, terra che vanta una tradizione scacchistica.

ILARIA OLIVO ARBITRA INTERNAZIONALE DI SCACCHI ALLE OLIMPIADI DI BUDAPEST

La passione per il “nobil giuoco”, per usare le parole del “Cavaliero errante”, il romanzo storico di Mario Boffo che ripercorre le vicende di Leonardo di Bona detto il Puttino, il campione di scacchi vissuto nella seconda metà del XVI secolo che proprio a Cutro, dove nacque, imparò a giocare ascoltando le fiabe su eserciti di uomini bianchi e uomini neri che suo zio gli raccontava. La storia inizia proprio da qui perché i primi passi nel mondo degli scacchi Ilaria Olivo li ha compiuti come giocatrice e come arbitra al torneo internazionale di scacchi che, almeno fino a qualche anno fa, si disputava a Cutro ed era intitolato al Puttino. Di questa storia parliamo con la direttrice di gara. La ripercorriamo a ritroso, a partire dalle Olimpiadi degli scacchi caratterizzate dall’assenza della Russia, bandita dalla Fide.

Come sono state queste Olimpiadi degli scacchi senza la partecipazione di uno dei Paesi tra i più forti?

«I giocatori russi non possono giocare con la bandiera del loro Paese ma con quella della Fide. Molti russi per poter partecipare hanno cambiato federazione. Alcuni, per esempio, hanno giocato con la Svizzera. C’erano comunque le Nazionali di tante Nazioni, da quelle più forti come l’India, che ha vinto, alla Cina, agli Usa. C’erano anche squadre ritenute esordienti, con rating zero, ma quelle non andranno a incontrare le più forti».

Come nasce la passione per gli scacchi?

«Me l’ha trasmessa mio padre Paolo, arbitro Fide, al quale a sua volta l’ha trasmessa mio zio Gaetano, giocatore, per anni presidente del circolo scacchistico cutrese. Ho iniziato la mia “carriera”, se così si può dire, sia come giocatrice che come arbitro al torneo internazionale di Cutro. Poi ci sono stati diversi step. Da arbitro regionale ho attraversato le varie categorie fino ad arrivare a quella di arbitro internazionale. Ho diretto campionati europei, come quello a squadre, quello giovanile, quello Rapid & blitz, e campionati mondiali come il Seniores. Il mese prossimo dirigerò il mondiale giovanile a Montesilvano che avevo già arbitrato in passato».

Si vive di soli scacchi?

«La carriera arbitrale non è economicamente proficua, io personalmente ho conseguito un dottorato di ricerca e mi divido tra l’università La sapienza e Tor Vergata. Ma gli scacchi sono una grande passione. Ad alti livelli, parlo dei primi 20 giocatori al mondo, si vive di scacchi, perché i giocatori partecipano ad eventi con cachet e montepremi importanti. Molti grandi maestri fanno gli istruttori e i preparatori atletici, vivono di diverse attività in ambito scacchistico».

Dopo 26 edizioni a Cutro si registra uno stop da due anni per il torneo internazionale che portava in città i campioni dell’Est europeo e non solo. Rischia di perdersi una tradizione?

«Questa tradizione si è un po’ persa, spero sia una fase solo momentanea. Spesso incontro giocatori che hanno partecipato al torneo internazionale e mi chiedono che fine abbia fatto, a dimostrazione che era molto importante, speriamo possa riprendere presto. Ma, al di là del torneo internazionale, che comunque faceva da traino, si svolgevano almeno due, tre manifestazioni scacchistiche all’anno. Certo, l’interruzione del torneo internazionale ha segnato un po’ questo declino».

Il mondo degli scacchi, come accade in altre discipline sportive, è prevalentemente maschile. Ha incontrato resistenze per affermarsi ad alti livelli?

«Non ho incontrato particolari resistenze, mi sono sempre molto impegnata per andare avanti con le mie forze. Certo, le donne sono in numero di gran lunga inferiore in questo ambiente, sia tra i giocatori che tra gli arbitri, ma questo numero è abbastanza cresciuto negli ultimi anni. Si spera che continui a crescere non solo in ambito arbitrale ma anche agonistico».

Cosa pensa della serie tv “La regina degli scacchi”? Ha contribuito a diffondere il gusto per questo sport?

«Penso che la sua fortuna sia legata anche al fatto che la serie è arrivata all’inizio della pandemia, quando la gente stava più in casa. Ma, a parte questo, è fatta molto bene. I dettagli scacchistici sono stati curati da Kasparov, uno dei più grandi campioni di sempre. Inoltre, mette in evidenza non solo il lato scacchistico ma anche l’aspetto emotivo, la vita sregolata dei giocatori, al di là della particolare bravura della bambina prodigio. La serie fa capire come gli scacchi possano essere totalizzanti nella vita delle persone. Da allora la gente ha iniziato a giocare di più online, molti si sono incuriositi avvicinandosi ai circoli e giocando in presenza, è aumentato anche il numero dei tesserati».

Va in questa direzione anche il romanzo storico di Boffo sul Puttino?

«Anche il romanzo di Mario Boffo mette in evidenza come gli scacchi possano essere metafora della vita. Mi è piaciuto molto sia per la ricostruzione storica che per la componente quasi magica che spinge il Puttino a proseguire nelle sue avventure. Sullo sfondo c’è sempre una pulsione di vita, quindi la dinamicità e non la staticità degli scacchi. Sia la serie tv che il romanzo di Boffo fanno capire che giocare a scacchi non è noioso, che si avvertono forti emozioni anche stando seduti, che non ci si può sfogare come fa un calciatore correndo. È una disciplina che richiede molto self control e tempra il carattere».

LEGGI ANCHE: Nel romanzo di Boffo la storia di Leonardo Di Bona, il campione nato a Cutro – Il Quotidiano del Sud

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