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Il comune di Casabona

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Nemesis, il compiacimento del boss Carlo Mario Tallarico convinto che l’atteggiamento del sindaco di Casabona Francesco Seminario con i carabinieri fosse di facciata e che mai avrebbe tradito il clan


CASABONA – Era un atteggiamento di facciata, quello del sindaco, Francesco Seminario, che sapeva mantenere buoni rapporti con i carabinieri ma mai avrebbe tradito il clan. Ne era convinto Carlo Mario Tallarico, presunto reggente dell’omonima ‘ndrina sgominata l’altra notte dai carabinieri del Reparto operativo di Crotone e dalla Dda di Catanzaro con l’operazione Nemesis, con cui sarebbe stata fatta luce sul voto di scambio politico-mafioso che consentì al sindaco di stravincere le elezioni dell’ottobre 2021 con oltre il 60 per cento dei consensi.

NEMESIS, IL BOSS E L’ATTEGGIAMENTO DEL SINDACO CON I CARABINIERI GIUDICATO “DI FACCIATA”

 Tallarico non riteneva certo un “infame” il sindaco. Anzi, ne tesseva le lodi perché il suo atteggiamento serviva a tenere lontani li inquirenti dagli “affari” ruotanti intorno alla Casa comunale. Il presunto capo bastone ne parlava col figlio Daniele, durante un colloquio intercettato, mostrandosi compiaciuto perché, durante un’assemblea pubblica in piazza degli Eroi casabonesi, il sindaco aveva elogiato il nuovo maresciallo dei carabinieri. Il rampollo del clan si lamentava che il politico ormai fosse “di là”, cioè schierato con le forze dell’ordine, ma il padre lo tranquillizzava poiché il sindaco, in virtù della funzione ricoperta, non poteva fare diversamente.  «È un politico, non è che si può mettere contro a loro… contro i carabinieri non ci si può mettere, no?». Insomma, Seminario sarebbe uno che «l’infame non lo fa».

IL MONITORAGGIO DEGLI APPALTI E L’ELUSIONE DI WHITE LIST

Piuttosto, Tallarico pensava a monitorare le opere pubbliche in programma. Il padre chiedeva al figlio se la strada di “Melitino” o il depuratore fossero andati in appalto. In particolare, per realizzare il depuratore serve un sacco di cemento, per esempio «il canalone è un bel lavoro». Per infiltrarsi negli appalti serviva una figura come quella di Seminario, che sapeva anche «mediare» nei rapporti interpersonali, a differenza del candidato avverso, Domenico Capria. Se fosse stato eletto quest’ultimo, sarebbe stato come se «fosse rimasto il commissario». Il riferimento è, ovviamente, alla gestione commissariale successiva allo scioglimento per mafia del 2018.

Quello che emerge con forza è il rapporto stretto tra i vertici del clan e il sindaco nonostante la ditta Edil Tallarico fosse stata estromessa dalla white list. Quell’impresa era intenzionata a lavorare a tutti i costi per il Comune nonostante l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Una figura come quella di Seminario risultava utile alla cosca perché il sindaco si era mostrato disponibile anche a intercedere col prefetto.

LA RICERCA DI INFEDELI

In questo contesto è da inquadrare la ricerca da parte del clan di “infedeli” delle forze dell’ordine. Tra questi un brigadiere dei carabinieri e un luogotenente della Guardia di finanza, entrambi in quiescenza. A colloquio con Tallarico, il sottufficiale sosteneva che durante le indagini che portarono all’operazione Stige il suo intervento sarebbe stato provvidenziale per evitargli l’arresto perché, essendo cognato del defunto boss Domenico Alessio, ucciso nella strage di Casabona del ’96, gli investigatori ipotizzavano che ne aveva preso il posto. Invece, lui sostenne che il vertice del clan era Francesco Tallarico, che nel processo sarebbe stato poi condannato a 20 anni di reclusione. Dalla disamina delle conversazioni emerge che quel militare in congedo si mostrava “rispettoso” degli equilibri criminali del luogo. Diversamente da altri suoi colleghi che invece il clan non vedeva di buon occhio.

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