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Blitz della Guardia di finanza che su disposizione del gip ha eseguito una ordinanza cautelare di arresti nei confronti di 25 persone tra Brindisi e Lecce


LECCE – I finanzieri del Comando Provinciale di Lecce con il supporto del Servizio Centrale Investigazioni sulla Criminalità Organizzata e dei Comandi Provinciali di Brindisi e Taranto, hanno eseguito, nelle provincie di Brindisi e Lecce di un’ordinanza di custodia cautelare con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha disposto gli arresti in carcere nei confronti di 25 persone. Gli indagati sono gravemente indiziati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, rapina, minacce, percosse e traffico di sostanze stupefacenti nonché il sequestro preventivo di aziende contigue all’associazione. Nell’indagine sono coinvolti 170 militari supportati da un elicottero della Sezione Aerea del Reparto Operativo Aeronavale di Bari.

Le indagini preliminari hanno consentito di acquisire un impianto indiziario in relazione all’esistenza ed operatività di una associazione di tipo mafioso identificata nel clan Soleti, operante nell’alveo della Sacra Corona Unita, radicata nei comuni di San Pietro Vernotico, San Donaci, Tuturano e Torchiarolo, promossa e diretta da due storici referenti dell’organizzazione mafiosa.

BLITZ TRA BRINDISI E LECCE, 25 ARRESTI PER UNA STRUTTURA CHE HA SVILUPPATO UNA EGEMONIA TERRITORIALE

Secondo le indagini, il gruppo associativo avrebbe «sviluppato una egemonia territoriale, gestendo, attraverso aziende del settore, e con il contributo esterno di imprenditori, lo smaltimento dei rifiuti speciali (con la raccolta di oli esausti, alimentari e non), la raccolta illegale di scommesse in denaro a quota fissa e la gestione, in numerosi locali pubblici del territorio salentino, di apparecchiature elettroniche da intrattenimento alterate e, non da ultimo, la gestione di un imponente traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, fino a giungere alla creazione di un “monopolio” nel settore».

In riferimento a ciò, gli inquirenti evidenziano «la circostanza che coloro i quali erano intenzionati ad avviare motu proprio l’attività di commercializzazione e diffusione di sostanze stupefacenti non solo venivano obbligati a rifornirsi dai canali di distribuzione controllati dal gruppo associativo ma veniva loro imposto il pagamento del cosiddetto “punto” in favore delle casse del sodalizio». L’attività investigativa si è sviluppata attraverso attività ordinaria associata ad intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, nonché a numerose riprese video, che hanno trovato riscontro in servizi di osservazione e pedinamento di tipo tradizionale. All’esito dell’indagine gli inquirenti hanno acquisito «un quadro gravemente indiziario nei confronti di ciascun indagato».

Per sfuggire all’inchiesta, gli indagati «si erano dotati ed hanno utilizzato strumenti all’avanguardia e dispositivi codificati (tramite piattaforme di messaggistica e comunicazione criptate) e disturbatori di frequenza (cc.dd. jammer) in grado di disturbare qualsivoglia dispositivo cellulare o di captazione audio/video». Infine, l’operazione si inserisce «nel quadro delle azioni svolte dalla Guardia di Finanza per il contrasto della criminalità organizzata anche sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni di tipo mafioso e della “sacra corona imprenditrice” anche al fine di evitare i tentativi, sempre più frequenti e pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale».

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