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La denuncia dell’imprenditore Muto. L’area industriale di Cutro è ancora senza fibra e gli impianti restano fermi per giorni


CUTRO – In un’area industriale sfornita di fibra si può arrivare a una perdita di fatturato di 50mila euro al giorno, più quella di circa 7mila euro per costi fissi senza alcun introito. È quella che lamenta, nonostante gli appelli e le denunce, l’imprenditore Ferdinando Muto, titolare della Polimediterranea, azienda leader in Calabria e tra le più importanti del Mezzogiorno nel settore degli isolanti termoacustici, che da qualche tempo riesce a conquistare fette di mercato anche al Nord. Per più giorni consecutivi può capitare che manca la rete Internet nell’area industriale di Cutro. Ma anche quando la rete c’è, la connessione latita per almeno una o due ore al giorno e i cali di tensione sono continui. La banda ultralarga è un sogno da queste parti e si sconta l’assenza di adeguate infrastrutture di telecomunicazione.

Un vuoto forse riconducibile anche alla volontà dei grandi operatori di Tlc di concentrare gli investimenti in zone ad alta densità abitativa. Eppure le esigenze di connettività in un’area industriale sono grandi. Così Muto si è rivolto a Tim che riesce ad erogare soltanto un servizio standard, paragonabile a quello delle linee domestiche. «Qua non piglia la linea neanche per telefonare, bisogna uscire dall’ufficio per comunicare col cellulare, figuriamoci quale può essere la penalizzazione a cui andiamo incontro per alimentare impianti iperconnessi con tecnologie 4.0», sbotta l’imprenditore.

Senza dire del problema delle continue interruzioni della rete elettrica che, nonostante gli interventi anche questi continui di Enel, non si risolve. «Ho speso 32mila euro per un gruppo elettrogeno di ultima generazione, ma non posso comprare anche la fibra – ossserva Muto – La Calabria non vuole che si faccia azienda manifatturistica. Se si continua così sarò costretto a mandare gli operai in Cassa integrazione o a investire in altri territori. Non so più cosa fare. Devo incatenarmi?. Il sindaco, Antonio Ceraso, si è mostrato sensibile ed ha attivato canali istituzionali per inviare squadre di tecnici. Ma non posso chiamare il Comune ogni volta che manca la corrente. E se vado appresso ai call center perdo una mezza giornata, perché si limitano soltanto a raccogliere le segnalazioni».

Lo stabilimento industriale si estende per 40mila metri quadrati e ha bisogno di servizi. Come tutte le imprese. Servizi che hanno costi fissi, talvolta esorbitanti. «Dall’Imu alla spazzatura alla sicurezza». Ma sono servizi che «paghiamo a vuoto», denuncia ancora Muto. Il rischio è che un’azienda che riesce ad essere competitiva sul mercato, anche in Nord Italia, possa chiudere.

Potrebbero essere drammatiche le conseguenze per i lavoratori e le loro famiglie. «Diamo lavoro a 24 dipendenti e 20 collaboratori e a un indotto di 15 autotrasportatori. Il mio grido di allarme – dice Muto – è anche loro. Se ne va l’energia appena vengono giù due gocce d’acqua. E per giorni manca la rete Internet. Con gli impianti fermi, non riusciamo neanche a fare una bolla per spedire materiali, stiamo facendo documenti a mano».

Non va meglio con le altre infrastrutture. La rete del gas non c’è e tutti i giorni Muto fa rifornimento di Gpl. Inesistente anche la rete fognaria, qua arriva l’autospurgo due volte all’anno. Dopo il fallimento del sogno industriale di Cutro e la fuga degli imprenditori predoni del Nord che si sono mossi all’insegna del motto “prendi i soldi e scappa”, resta un problema di fondo. L’area delle fabbriche non è mai stata infrastrutturata.

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