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Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni

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Approvata la copertina della Legge di Stabilità 2025, ma a leggere bene in manovra sembrano mancare le risorse per finanziare i Lep


Da due giorni approvata dal governo la copertina della Legge di Stabilità 2025, con i titoli giusti per fare propaganda politica nelle prossime settimane. Come sta accadendo da qualche anno a questa parte, il dispositivo normativo del provvedimento principale di politica economica dell’anno emergerà solo nelle prossime settimane. Ossia quando si giungerà a pochi passi dal traguardo del limite temporale per l’approvazione del provvedimento da parte delle Camere. Il Governo prende così due piccioni con una fava. Da un lato addolcisce la pillola amara dei sacrifici con una dose massiccia di propaganda. Dall’altro compatta la maggioranza che in Parlamento dovrà votate a raffica la fiducia al provvedimento.

Va però detto che un fantasma si aggira dentro la Legge di Stabilità: ed è il fantasma della autonomia differenziata, volutamente espunta dalla manovra di bilancio, pur se la riforma è stata approvata a fine giugno, ed era questo il momento più alto per dimostrare, da parte del governo, la volontà a finanziare quelle misure necessarie per riequilibrare le distanze territoriali esistenti. Lo si poteva fare ad esempio nella sanità, settore di cui i livelli essenziali di assistenza (Lea) sono stati definiti da tempo, senza che si sia mai determinata una azione di riequilibrio. Non se ne parla nemmeno.
Mentre sulla autonomia differenziata è calata una coltre di imbarazzato silenzio, la discussione di politica economica si è limitata alla superficie dei titoli. Ormai il rito si consuma sul mercato interno con una liturgia consolidata.

NON SOLO LE RISORSE LEP IN MANOVRA, IL CASO DEL RAPPORTO CON L’UNIONE EUROPEA

Diverso è il caso del rapporto con la Unione Europea.
A Bruxelles è stato inviato solo il Piano Strutturale di Bilancio. Il documento programmatico pluriennale approvato nelle settimane scorse da Palazzo Chigi, che delinea la traiettoria di rientro dal debito in un orizzonte al 2031. La Legge di Stabilità 2025 sarà invece trasmessa alla Commissione UE soltanto quado sarà disponibile il testo normativo nella sua definitiva configurazione.
Le colonne portanti del provvedimento di bilancio, per quanto è dato capire, sono la trasformazione strutturale del taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e la cristallizzazione dell’Irpef a tre aliquote.

IL SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE ALL’INSEGNA DEI BONUS

Il sostegno alle famiglie si traduce in un bonus di 1000 euro per ogni nuovo nato con famiglia entro i 40.000 euro Isee. Nel settore pensionistico resta quota 103. Rafforzato il cosiddetto bonus Maroni per favorire il mantenimento in attività per chi avrebbe i requisiti di accesso alla pensione.

La misura manifesto della legge di bilancio, quella che richiama i riflettori della comunicazione, è la cosiddetta “tassa” sulle banche e le assicurazioni, che vale 3,5 miliardi di euro in due annualità. Queste risorse saranno indirizzate in particolare alla sanità. Basta minimamente cercare di comprendere di cosa si tratta, e si capisce che è una anticipazione di cassa, sostanzialmente soldi in prestito dalle tassazioni future.

COSA PREVEDE LA NORMA SUL CONTRIBUTO DELLE BANCHE

Conoscendo i soggetti, si tratterà di capire se nella norma poi saranno previsti anche gli interessi che banche ed assicurazioni sconteranno rispetto alla anticipazione di cassa. Questi soldi mancheranno comunque nelle prossime Legge di Stabilità, perché banche ed assicurazioni scomputeranno tali denari dalle prossime dichiarazioni fiscali.

Nella conferenza stampa di ieri, il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, ha definito questa misura un “piccolo sacrificio”; si fa fatica a interpretare come tale questo gesto, perché si tratta sostanzialmente un prestito, forse persino non oneroso per grazia ricevuta, che concedono graziosamente una anticipazione al governo della Repubblica.
Si vede dalla crudezza del provvedimento proprio il ghigno feroce di questo esecutivo contro i poteri forti, che sghignazzano a quattro palmenti di fronte ad una pantomima buona per i comunicatori dagli stomaci forti. Onestamente sembra di essere tornati ai tempi dei sovrani dei secoli passati, costretti a blandire la grazia dei banchieri per poter cercare di far quadrare i conti della Corona e dello Stato.

La manovra finanziaria cuba complessivamente 30 miliardi di euro, e la potremo giudicare solo quando saranno disponibili i contenuti normativi. Le sorprese non mancano. Il superbonus edilizio, considerato dalla maggioranza il fattore scatenante dei buchi drammatici nel bilancio pubblico, è solo ridimensionato, dal 110% al 50%, e riguarda esclusivamente la prima casa, ma non scompare dal vocabolario della politica economica. Insomma, un colpo al cerchio ed un colpo alla botte.

LE GRANDI ASSENTI IN MANOVRA, L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA E LE RISORSE LEP

Si staglia sullo sfondo il grande assente, vale a dire l’autonomia differenziata, che dovrebbe essere sostenuta con i finanziamenti necessari per colmare i gap territoriali che i Lep provvederanno ad evidenziare. Quel poco che si capisce va nella direzione di ridurre la spesa pubblica, come del resto è inevitabile per rispettare il piano di rientro che deve essere approvato dalla Unione Europea.

Nelle pieghe degli slogan sulle magnifiche sorti e progressive determinate dalla Legge di Bilancio scivola una frasetta innocua: tagli lineari al ministeri nella misura del 5%, esattamente la misura di riduzione indicata dallo stesso governo nel documento di piano di rientro inviato all’Europa.
In realtà, l’autonomia differenziata si pone in piena contraddizione con il quadro economico che emerge dal Piano strutturale di bilancio e dallo scheletro della Legge di Stabilità. A tutti i Ministeri, ribadiamolo, viene tagliato linearmente il 5% delle spese. Giancarlo Giorgetti ha detto anche che – se non lo faranno i singoli ministri – interverrà personalmente, a segnalare la necessità inderogabile di operare in tale direzione.

Tra le righe il messaggio è chiaro: bambole non c’è una lira, figuriamoci le risorse che servono al finanziamento dei Lep. Nell’arco dei prossimi sette anni i cordoni della spesa dovranno essere ulteriormente stretti per rispettare lo stretto crinale che dovrà essere attraversato per rientrare negli obiettivi di controllo della spesa e di riduzione del debito pubblico.

ALLA LUCE DELLA MANOVRA, FINO AL 2031 NON SARANNO DISPONIBILI RISORSE PER I LEP

Dentro questo quadro risulta evidente che, almeno fino al 2031, non saranno disponibili risorse economiche per finanziarie i livelli essenziali delle prestazioni che si dovranno comunque definire entro giugno del 2026: manca la benzina per consentire ai territori svantaggiati di recuperare i divari cumulati.

Insomma, occorrerà immaginare uno scenario di autonomia differenziata costruito con la tecnica del passo del gambero: sempre meno finanziamenti per la spesa sociale e per i servizi pubblici. Sarebbe bene che questo assunto venga chiarito da chi continua a gettare fumo negli occhi, in una operazione molto chiara dal punto di vista delle finalità: spostare l’asse delle risorse verso le regioni settentrionali.
È purtroppo probabile, dal prossimo anno in avanti, un gioco dei Lep a somma zero. Diventano così chiari i criteri che stanno emergendo dal Comitato dei 12 Saggi: costo della vita e demografia servono a depotenziare le diseguaglianze per canalizzare i finanziamenti pubblici verso i territori che reclamano autonomia, ma intendono attrarre denaro.


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