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Nicolino Grande Aracri

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Cutro, uno degli indagati nell’operazione Sahel commentava il pentimento di Grande Aracri: «non è più nessuno, mio cognato lo ha cacciato»


CUTRO – «Mio cognato lo ha cacciato. Ora è mio cognato il capo crimine». Parola di Carlo Verni, il loquace parente dell’ergastolano Vito Martino, indagato principale dell’inchiesta che ha portato all’operazione Sahel, condotta dai carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Crotone e dalla Dda di Catanzaro contro le nuove leve delle cosche di Cutro in una fase di riorganizzazione dopo la perdita di prestigio del boss Nicolino Grande Aracri in seguito al tentativo di collaborazione con la giustizia in realtà rivelatosi una farsa.

Verni ripercorre ascesa e declino di Grande Aracri, raccontando anche il progetto di una super associazione mafiosa autonoma da Reggio Calabria. «Prima il “locale” doveva dare conto a Reggio Calabria. Quando è uscito lui ha diviso. Conto non doveva darne a nessuno fino a Reggio. Fino a Vibo siamo noi. Da Vibo in poi fate quello che volete». Il presunto esponente del clan si riferisce alla nuova “provincia” di ‘ndrangheta fondata dal boss di Cutro, che rivendicava pariteticità rispetto a quella di Reggio Calabria, dove tradizionalmente risiede l’organo di governo della mafia calabrese, il crimine di Polsi. Non era mai successo, nella storia della ‘ndrangheta, che venisse messa in discussione la centralità del crimine di Polsi.

L’inchiesta trae origine dal finto pentimento del boss che, a quanto pare, aveva suscitato scompiglio tra gli affiliati. Uno dei più scontenti era Verni, che dopo aver ripercorso gli investimenti della cosca a Dubai, in Cina e in Turchia, si lascia andare a uno sfogo. «La delusione veramente… tu ci hai dato l’insegnamento… ci hai dato tutte le cose… la gente gli ha dato la vita, come mio cognato…. L’ha abbandonato e i carcerati stanno morendo di fame… lui l’ha capito che erano tutti contro, i paesi intorno, Petilia, Mesoraca… ormai la montagna era contro».

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Ma Verni spiega che l’influenza criminale di Grande Aracri era grande anche in Emilia. «A Reggio Emilia ci siamo noi non quelli di Reggio… I bordelli ci sono stati prima, quando non c’era Nicola».

Ora, però, è cambiato tutto, e a Cutro “comandano” Vito Martino con la moglie, Veneranda Verni, e il figlio Salvatore. Almeno secondo il racconto di Verni. Anche se col falso pentimento, come scoperto dalla Dda di Catanzaro, Grande Aracri mirava ad alterare dati processuali cristallizzati in sentenze definitive e a salvare dalle nuove indagini e dai nuovi processi i più stretti congiunti. Avendo parlato con un nipote del boss, Verni si diceva certo che il suo gesto non era visto con favore dagli esponenti delle altre cosche e pertanto Grande Aracri avrebbe dovuto essere rimosso dal vertice. «Per le persone non è più nessuno». Ascesa e declino.

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