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La professione dell’influencer marketing dopo Chiara Ferragni è possibile. Era logico aspettarsi che, dopo la caduta sul pandoro, venisse messa in crisi la stessa categoria. Eppure, a guardare i numeri, non sembra proprio
La telecamera poggiata sulla sedia dà il via a una conversazione inaspettata quanto interessante. Siamo in un pub a San Lorenzo, Roma, con un collega videoreporter. E la curiosità della ragazza dietro al bancone è attirata dal prestigio della marca. Se ne intende, parlano di ottiche, poi rivela che anche lei ne usa una, ma molto meno rinomata, per le sue dirette su Youtube. Scopriamo così che Leila, 24 anni, origini Rom, specializzata nella realizzazione di bigiotteria etnica, quando non riempie boccali di birra insegue un sogno. Non formula la parola “influencer”, ma di fatto, nel suo piccolo, è quello che fa, anche se, al momento per hobby.
Racconta sul suo canale le storie dei disegni dei gioielli che crea e dove trova i materiali usati, tutti riciclati. Ha un canale con 5 mila follower, “ma stanno aumentando”, aggiunge orgogliosa. Alcuni sono dentro il pub e si avvicinano. Amici e amiche che per passione, anche la speranza di trasformare in un lavoro quell’attività, la aiutano e la consigliano su come allargare la sfera dei contatti sui social. Piero, barba hipster e voce tonante, è l’organizzatore delle riprese ed è sicuro che questa diventerà l’attività principale di Leila. “E’ intensa, gentile e convincente – elenca – . E poi non fa mai vendita diretta, pubblicizza il suo sito e lì si trova un catalogo dove la gente può scegliere”.
Il caso Ferragni evidentemente è considerato un caso a parte, ce lo dicono esplicitamente i ragazzi quando li prendiamo bonariamente in giro. La influencer più famosa d’Italia, tramite la sua immagine associata a un pandoro, faceva pensare che chi comprava il dolce versava direttamente una parte dell’acquisto in beneficenza, mentre in realtà l’azienda aveva già versato una cifra fissa prima della campagna a un ente, quindi tutto ciò che veniva in più era guadagno puro. Altri casi sospetti sono stati bloccati da Chiara Ferragni, con il pagamento di multa milionaria all’Antitrust. Era logico aspettarsi che, dopo la caduta sul pandoro, venisse messa in crisi la stessa categoria dell’influencer. Eppure, a guardare i numeri, questa professione non sembra per niente in crisi.
Uno studio di Morning Consult del 2022, “The Influencer Report”, ha rivelato che circa il 54% dei giovani tra i 13 e i 38 anni nel mondo industrializzato era interessato a diventare influencer. Un dato, precedente allo scandalo del pandoro. A questo si aggiunge una ricerca dell’anno precedente, effettuata da Harris Poll, “Youth Aspirations”, secondo cui il 30% dei giovani americani di età compresa tra 13 e 24 anni ha dichiarato che diventare YouTuber o influencer sarebbe la carriera dei sogni. Questo trend è più forte negli Stati Uniti, ma si diffonde rapidamente anche in Europa e Asia. Nel nostro Paese la percentuale scende un po’ ma resta molto alta.
Un sondaggio di Skuola.Net del 2020, “I sogni dei ragazzi italiani”, rivelava che un adolescente italiano su 4 sogna di diventare influencer. E che questa aspirazione era particolarmente forte tra i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni. Dati confermati l’anno successivo dall’Osservatorio Nazionale sull’Adolescenza, secondo cui il 18% degli adolescenti italiani voleva diventare un influencer o uno YouTuber. Questo numero mostrava una crescita rispetto agli anni precedenti, riflettendo una tendenza simile a quella osservata a livello globale.
Quello che più colpisce, andando a leggere nello specifico le domande a cui hanno risposto e le motivazioni fornite dagli intervistati, è che il denaro non è mai al primo posto. Forse anche per questo “l’affaire Ferragni” non ha intaccato più di tanto le aspirazioni dei più giovani a diventare eroi dei media. Al primo posto compare sempre la facilità di accesso ai social, Instagram, TikTok e YouTube, all’inizio per seguire i propri idoli, poi per imparare come fare, e infine provare a imitare le loro carriere. Molti giovani vedono la carriera di influencer marketing come un’opportunità per raggiungere successo e notorietà senza dover seguire il percorso tradizionale di istruzione e lavoro.
Ed è questo il punto fermo, che ritroviamo anche in Leila e i suoi amici: l’autoselezione. Sei tu che decidi cosa fare e come farlo. Chi riesce poi a convincere delle sue capacità seduttive grosse società di prodotti adatti a questo tipo di circuito ha vinto. Uno su diecimila naturalmente. Ma va detto che accanto ai grandi nomi dell’industria esistono circuiti minori, altrettanto redditizi, che basano le loro vendite su fattori diversi dalla quantità.
Tramite We Wealth, Engage e Forbes, possiamo sapere che il mercato degli influencer in Italia continua a crescere, ma sta attraversando una fase di trasformazione significativa. Nel 2024, il valore complessivo del settore dell’influencer marketing in Italia è stimato intorno ai 375 milioni di euro, con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. Questo settore rappresenta una quota tra il 5% e l’8% dell’intera spesa pubblicitaria digitale.
Il caso Ferragni non ha quindi ridotto il mercato. Semmai c’è stato un cambiamento evidente nella strategia delle aziende: si sta assistendo a una riduzione degli investimenti su mega-influencer e celebrità, a favore di micro e “mid-tier” influencer, che offrono target più profilati e un maggiore livello di fiducia da parte delle loro “community”. Questa scelta permette alle aziende di ridurre il rischio di crisi reputazionali, come quelle che hanno coinvolto figure note come Chiara Ferragni.
Per quanto riguarda i compensi, gli influencer con un seguito di 50 mila follower su piattaforme come Facebook possono guadagnare circa 50 euro per post, mentre quelli con oltre 3 milioni di follower possono arrivare a 2.500 euro, in calo rispetto agli anni precedenti. Su Instagram, invece, i guadagni rimangono più alti: un influencer con 10-50 mila follower può guadagnare tra i 350 e i 1.000 euro per post, mentre quelli con oltre 3 milioni di follower possono raggiungere i 50 mila euro per singolo contenuto. TikTok mostra una crescita nei compensi per micro e mid-tier influencer, ma una contrazione per i grandi nomi.
Prima di uscire dal pub racconto a Leila che da giovane i colleghi giornalisti più anziani, un po’ scherzando e un po’ no, mi dicevano che il nostro mestiere era comunque meglio che lavorare. Adesso che quello vecchio sono io, sarei tentato di dirle la stessa cosa a proposito del mestiere d’influencer marketing. Starei anche per dirglielo, ma prima che io parli mi mostra, e mi vende, un bellissimo bracciale della fortuna. Sì, penso proprio che lei ci riuscirà.
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