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La denuncia delle Donne Coldiretti sulla burocrazia che affossa le aziende agricole: controlli svolti in contemporanea da più enti pubblici che non dialogano tra loro e richieste spesso assurde e a volte senza basi giuridiche
Credito e burocrazia lo spauracchio per tutte le imprese e in particolare quelle agricole che alle scartoffie di “casa” devono aggiungere anche le richieste di Bruxelles. Una morsa di adempimenti che a volte può stroncare anche le aziende più sane ed efficienti.
Ma se per le risorse finanziarie la quadra (spesso) si trova, per la burocrazia le campagne sono all’anno zero. Finanziamenti freschi sono in arrivo per le aziende di giovani e donne con “Più impresa”, lo strumento gestito dall’Ismea finalizzato a promuovere l’accesso in un’azienda o l’ampliamento per migliorarne la competitività. Il budget disponibile è di 60 milioni. Le domande per questo nuovo bando possono essere presentate fino al 30 settembre. Le agevolazioni consistono in contributi a fondo perduto per un importo non superiore al 35% delle spese ammissibili e mutui a tasso zero per una durata fino a 15 anni che non possono superare il 60% delle spese. Gli investimenti ammessi spaziano dalle opere agronomiche e di miglioramento fondiario all’acquisto di macchinari e attrezzature nuovi di fabbrica fino allo sviluppo di programmi informatici, acquisizione di brevetti, licenze, diritti d’autore e marchi commerciali.
Ecco dunque che per le imprese in rosa si aprono nuove opportunità per allargare la produzione, ma anche per valorizzare ulteriormente le attività connesse che sono particolarmente gettonate dalle imprenditrice. Se da un lato dunque si punta a sostenere le imprese guidate dalle donne, dall’altro però con una dose sempre più pesante di burocrazia si bloccano le prospettive aziendali.
BUROCRAZIA ED AZIENDE AGRICOLE, LA DENUNCIA DI DONNE COLDIRETTI
A denunciare quelle che a volte si profilano come vere e proprie “follie” sono le Donne Coldiretti che hanno elencato una lunga lista di richieste assurde “firmate” Pubblica amministrazione. E non sono solo le imprenditrici a denunciare. In un libro scritto da Laura La Torre, ex direttore generale dell’Ispettorato Repressioni frodi del ministero dell’Agricoltura, dal titolo ‘Abbi un po’ di pietà per noi agricoltori’, sono raccolte vere e proprie perle della burocrazia, come, una tra le tante, la multa comminata a un viticoltore perché non aveva comunicato lo spostamento dei contenitori di vino in cantina che si era reso necessario per un lavoro urgente.
Nessuna considerazione per un’attività che vive quotidianamente “sotto il cielo” e dunque condizionata dalle stagioni e dalla mutabilità del clima. “Siamo letteralmente paralizzate dagli intoppi burocratici – è il grido d’allarme di Donne Coldiretti – e questo a volte può portare alla perduta del lavoro”. E non è un caso se le aziende continuino a chiudere al ritmo di 60 al giorno, 172mila in dieci anni con il rischio che nei prossimi 30 anni si arrivi a una desertificazione, proprio mentre a livello nazionale e comunitario si continua a ribadire la necessità di aumentare la produzione agricola per puntare a una sempre maggiore autosufficienza alimentare in Europa.
LA BUROCRAZIA ALLE AZIENDE AGRICOLE SOTTRE FINO A 100 GIORNI DI LAVORO ALL’ANNO
“La burocrazia – dichiara Rita Tamburrino, imprenditrice della Puglia – sottrae fino a 100 giorni all’anno al lavoro in azienda”. Sotto accusa la ripetitività dei controlli in azienda che si moltiplicano all’infinito contrastando anche le opportunità dei Piani di Sviluppo rurale. La proposta dell’imprenditrice pugliese è perciò “un Registro unico dei controlli” per mettere così fine a duplicazione e sovrapposizione di adempimenti ed oneri burocratici. I controlli della burocrazia a carico delle imprese agricole sono caratterizzati infatti da una pluralità di organi di vigilanza appartenenti a diverse amministrazioni, con competenze in alcuni casi analoghe e sovrapponibili, con la conseguenza che le aziende sono di fatto sottoposte, con riferimento alle stesse materie, a più controlli da parte dei vari organi di vigilanza.
“Non ce la facciamo più a dividerci tra campo e carichi di uffici, anzi più per i secondi – afferma Antonella Di Tonno, dall’Abruzzo – anche la partecipazione ai bandi è macchinosa e non immediata, con controlli ripetuti da enti diversi che tra loro non interagiscono come per esempio Nas e Nucleo repressione frodi”. E non cambia la musica nelle Marche. Francesca Gironi punta il dito “sullo smaltimento del letame, sottoprodotto che nel caso di un allevamento è considerato rifiuto speciale creando notevoli difficoltà in termini di dispendio di denaro e perdita di tempo”.
E ANCHE L’EUROPA APPESANTISCE LA SITUAZIONE
Per non parlare poi della situazione in cui vengono a trovarsi le aziende alle quali sono stati bloccati i contributi della Politica agricola comunitaria per interventi giudiziari, poi però, nonostante il riconoscimento dell’annullamento dell’anomalia, gli aiuti hanno continuato a non prenderli per oltre sei anni nel caso rilevato dall’imprenditrice marchigiana. E ancora, impossibilità nel 2023 a programmare l’attività per la continua “produzione” di circolari ministeriali di applicazione della riforma Pac. Provvedimenti arrivati anche ben oltre le scadenze. Altro nodo il Piano di Sviluppo rurale con tempi esagerati di lavorazione delle domande e il via libera che arriva spesso fuori tempo massimo.
E poi ci sono le richieste senza fondamento giuridico. Ad Annamaria Cascone di Donne Coldiretti della Campania sono stati chiesti la revisione del trattore e il corso o patentino dell’orto entrambi non previsti. E che dire dell’allaccio di elettricità: “Ho inoltrato domanda ad aprile 2023 – dice Cascone – e dopo una serie di sopralluoghi ho ottenuto il contatore solo a maggio 2024”. Ma nel Lazio si va (se possibile) ancora oltre. Lo spiega l’imprenditrice Caterina Ricci che ha dovuto fare i conti con multe per la “mancata esposizione del cartello di inizio dei filari con l’indicazione dei trattamenti e il tipo di piantina utilizzata, ma anche per i cartelli sugli armadietti leggermente sbiaditi e per l’assenza sempre di armadietti con tetti spioventi e a doppio scomparto, non si capisce per quale uso, come per le scarpe e l’abbigliamento non tutti uguali”. Forse scambiando un’azienda agricola per un collegio.
UNA SITUAZIONE COMPLESSA TANTO AL NORD QUANTO AL CENTRO E AL SUD
Anche in Emilia Romagna al centro sono gli armadietti. “Sono scattate sanzioni – afferma Monia Repetti – per armadi che dovevano riportare scaffalature verticali e non orizzontali. E comunque gli armadietti non vengono usati dai dipendenti poiché gli abiti sporchi non possono essere riposti. Addirittura sono arrivati a chiedere oltre alla ricevuta anche la prova fotografica dell’adeguamento degli scompartimenti”. In Emilia Romagna sono finiti sotto accusa i rifiuti da smaltire che erano stati conservati “in volumi troppo elevati”. Dimenticando che si trattava di rifiuti bagnati (c’è stato l’alluvione) che si intendeva smaltire più asciutti per evitare il rincaro del peso. Ma evidentemente neppure una catastrofe riesce a fermare le ferree regole burocratiche.
E la situazione non cambia al Nord. Francesca Biffi in Lombardia in tre giorni, dal 3 al 5 luglio scorso, ha ricevuto il sopralluogo dell’Ispettorato del Lavoro, dei Carabinieri del Lavoro e della Regione, per la fattoria didattica. Il risultato? “In una manciata di giorni tre verbali da parte delle autorità, con notevole documentazione da produrre e nonostante i controlli abbiano riscontrato l’assoluto rispetto delle normative della mia azienda, alla fine sono stati comunque scovati adeguamenti da regolarizzare nel giro di pochi giorni”. Insomma di burocrazia si può davvero morire.
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