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Dopo il sorpasso del Nord nel 2023 anche quest’anno il Pil del Sud sta mantenendo il passo rispetto al resto del Paese facendo registrare nel primo semestre una crescita dell’1%. Buona anche la performance dell’occupazione. Nei porti meridionali passa il 47% del traffico merci


Se il 2023 è stato l’anno del sorpasso, con il Pil del Sud che ha tenuto un ritmo maggiore rispetto alla media del Paese (+1,3% contro +0,9%), il 2024 è quello del riallineamento, con la crescita dei territori meridionali al passo con quella italiana: all’1%, o poco sotto questa soglia, per entrambi. Un dato che consolida l’inversione di tendenza registrata lo scorso anno e segna per la prima volta dopo decenni il riavvio del processo di convergenza tra le due Italie. Merito degli investimenti pubblici che hanno avuto un effetto espansivo più accentuato nell’area. Ma anche del dinamismo e la competitività di un tessuto imprenditoriale che sta dando prova di voler e saper scommettere, oltre che sui settori più tradizionali, anche sull’innovazione legata al digitale, sostenibilità e ricerca.

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È lo scenario tracciato nell’ultimo numero del “Panorama economico di mezz’estate del Mezzogiorno” pubblicato da Srm, il centro studi legato a gruppo Intesa Sanpaolo, che nero su bianco “numeri inattesi” che supportano “una visione diversa” di un territorio che, anche alla luce dei nuovi equilibri geopolitici – con il recupero di un ruolo centrale per il Mediterraneo – e alle nuove priorità strategiche – come una maggiore autonomia energetica – determinati dalla guerra in Ucraina, è strategico per il Paese.

IL PIL DEL SUD REGGE IL RITMO DEL RESTO DEL PAESE

Mare, energia, turismo e ambiente sono i settori su cui puntare per continuare a crescere, settori su cui il Sud vanta già performance di riguardo. Ad esempio, i porti meridionali servono il 47% del traffico merci del Paese che è pari a 224 milioni di tonnellate nel 2023 (-1,4%; in Italia -3,2%). Gioia Tauro, primo porto container italiano, è decimo nell’area Euro-Med con una crescita del 4,7% per 3,5 milioni di TEU movimentati.
Strategico il ruolo dei porti meridionali sul comparto “Energy” – petrolio greggio e raffinato – dal momento che rappresenta il 48% dei rifornimenti e delle esportazioni petrolifere via mare del Paese ed è il terminale di importanti pipeline dal Nord Africa e dall’Asia. Il Sud, poi, ha una presenza importante del settore Ro-Ro e delle autostrade del mare (incide nel 2023. per il 52% sul totale Italia). La Zes Unica può sostenere un’ulteriore crescita della competitività del sistema portuale.

Con oltre il 39% del totale dei GWh generati da fonti rinnovabili – e punte nell’eolico che superano il 96% – il Mezzogiorno è il serbatoio di energia green del Paese. Buoni i numeri del turismo che ha ancora ampi margini di crescita, soprattutto sul fronte della componente internazionale e con budget elevati: le presenze sono in aumento ma non in linea con il dato italiano (quasi il 39% a fronte del 52,4%). Intanto, con oltre 24,3 milioni di arrivi e 86,1 milioni di presenze si raggiunge quasi la parità con i valori pre-pandemici (99,5%; in Italia +102,4%).

IL VALORE AGGIUNTO DETTATO DALLA MAGGIORE ATTRATTIVITÀ TURISTICA

La maggiore attrattività turistica ha generato al Sud un valore aggiunto turistico di 24,6 miliardi di euro, con un contributo al Pil del 6,3% che sale all’11,5% se si considera l’impatto complessivo (diretto, indiretto ed indotto).
Quanto all’ambiente, sul territorio si riscontra un’accresciuta sensibilità che ad esempio, porta a contare 231 Comuni Rifiuti Free con una crescita del 31% nell’ultimo anno (in Italia +11%). Guardando al Sociale, invece, il Sud si conferma la seconda Area del Paese per Istituzioni Non profit (poco meno di 100mila), in lieve crescita nell’ultimo anno (+0,2%; in Italia -0,5%).
Centrale è il ruolo delle imprese che dopo aver dato prova di resilienza durante il Covid, di dinamismo nel periodo post pandemico scommettendo sulla ripresa, confermano “la volontà di investire”. Il tessuto imprenditoriale si è irrobustito: alla fine del secondo trimestre 2024 nel Mezzogiorno si contano oltre 1,72 milioni di imprese attive con un consolidamento della presenza di Società di capitale che segna un +4% rispetto al 2023, contro un +3,3% per l’Italia.

L’occupazione continua a crescere: alla fine 2023 nel Mezzogiorno si contano 6,3 milioni di occupati, quasi il 27% del totale Italia, con una crescita maggiore del dato nazionale (+3,1%, contro +2,1%). E cresce anche l’export, con il I trimestre 2024 oltre quota 17 miliardi, +5,8% rispetto al 2023, e in controtendenza rispetto al dato Italia, in calo del -3,5%. Le Pmi innovative al Sud sono sempre di più: a luglio 2024, si contano 607 unità (il 21% dell’Italia) con una crescita annua del 16,3% (in Italia +13,4%); le Startup innovative, dal canto loro, sono 3.702 (il 28,8% dell’Italia) e, seppur in calo, con performance migliori del dato nazionale (-1,7% contro 7,2%).

GLI INVESTIMENTI AL SUD E IL LIVELLO DEL PIL RISPETTO AL RESTO DEL PAESE

Quanto alle scelte di investimento, i due terzi sono di tipo tradizionale e finalizzati a migliorare le potenzialità strutturali. Il 34% invece è in digitale, sostenibilità e ricerca, contro il 28% medio nazionale.
“Le prime stime 2024 del Pil meridionale, le buone dinamiche dell’export ed il costante rafforzamento del tessuto produttivo confermano la tendenza ad un riallineamento dell’economia del Sud alla media italiana – afferma Massimo Deandreis, direttore generale di Srm – Ci sono quindi chiari segnali che un processo di convergenza – dopo lunghi anni in cui il Mezzogiorno cresceva sempre meno del resto d’Italia – si è avviato. La vera sfida ora è rendere questo percorso durevole e stabile rafforzando così anche la solidità della crescita economica nazionale”.

Insomma, il secondo motore italiano sembra esser davvero partito, e un uso efficiente dei fondi europei – Pnrr con la sua Quota Sud in prima linea – e degli strumenti in campo, tra cui la Zes Unica del Sud, dovrebbe contribuire a ridurre il gap su più fronti, sulle infrastrutture in primis, che tiene ancora imbrigliate le potenzialità del territorio e non consente.
La sfida nella sfida resta poi il rafforzamento del capitale umano, perché, come si sottolinea nel rapporto, professionalità e formazione “sono il primo tassello per uno sviluppo economico e sociale in linea con il contesto”. E su questo fronte il Sud ha un bel po’ di terreno da recuperare. Solo il 57,7% della popolazione adulta ha un diploma a fronte del 65,5% del Paese. L’abbandono scolastico raggiunge il 14,6%, 4,1 punti percentuali in più della media Italia. Al Sud il peso della spesa in R&S sul Pil è sicuramente insufficiente (0,98%; in Italia 1,43%) mostrando anche un lievissimo calo rispetto all’anno precedente (-0,02 punti percentuali)


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