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L'area del Sin di Crotone

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La relazione dell’Asp alla conferenza di servizi per la bonifica di Crotone e il mancato aggiornamento del registro tumori. L’Azienda sanitaria non chiede chiarimenti a Eni


CROTONE – Il registro dei tumori non viene aggiornato dal 2013 a Crotone, nonostante la città sia inclusa in un Sito di interesse nazionale e quindi rientri fra le aree più contaminate d’Italia. Il dato inquietante balza all’attenzione spulciando i verbali della conferenza di servizi terminata col diktat del ministero dell’Ambiente, che ha dato il via libera ad Eni Rewind per smaltire le scorie della dismessa area industriale nella mega discarica del gruppo Vrenna nonostante l’opposizione di Regione, Comune e Provincia. Ancora non è possibile misurare l’incidenza di 70 anni di industrializzazione selvaggia e della mancata bonifica sulle patologie oncologiche, anche se in ogni famiglia c’è un dramma. Proprio perché non è scientificamente dimostrabile tale correlazione, la tesi accusatoria del disastro ambientale non ha mai retto nelle aule giudiziarie e il cane a sei zampe l’ha fatta franca nei processi celebratisi a Crotone.


BONIFICA DI CROTONE E REGISTRO TUMORI, STUDIO IN ITINERE

La conferma del mancato aggiornamento del registro dei tumori è venuta dai vertici dell’Asp, che comunque annunciava che «entro fine anno» sarà pronto uno studio sulle cause di morte. Uno studio ancora «in itinere» perché i dati attualmente sono soltanto «parziali e non definitivi».
«Difendiamo la nostra scelta – ha precisato il presidente Roberto Occhiuto, nel rendere noto che anche la Regione impugnerà il decreto, insieme a Comune e Provincia, per salvaguardare l’ambiente e per tutelare la salute dei cittadini».

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A proposito di «salute della popolazione», l’Asp sostiene che lo studio di riferimento è ancora quello denominato Sentieri (Studio epidemiologico nazionale su territori e insediamenti a rischio esposizione). Lo aggiorna ogni anno l’Istituto superiore di sanità. Il dossier, poco prima che venisse data la parola al rappresentante dell’Asp, nel corso della conferenza di servizi, era stato richiamato dal sindaco, Enzo Voce, che aveva lanciato un grido di allarme.

Il RAPPORTO SENTIERI

Vediamo cosa dice il rapporto Sentieri del 2023 alla voce “Crotone”. «Eccesso di rischio in entrambi i generi per la mortalità generale e per tutti i tumori maligni. Eccesso di rischio nelle sole femmine con stima incerta per le malattie dell’apparato digerente». Mentre la «mortalità per cause con evidenza a priori di associazione con le fonti di esposizioni ambientali» risulta «in eccesso in entrambi i generi per il tumore del fegato e dei dotti intraepatici». Nei soli maschi viene rilevato un eccesso di rischio per il tumore dello stomaco, i linfomi non Hodkin e il tumore della vescica, quest’ultima con stima incerta. Nelle sole femmine eccesso di rischio per il tumore della mammella.

DATI INSUFFICIENTI

Fino al 2012, per le memorie corte, ricordiamo che l’Asp utilizzava un sistema di tipo manuale per la raccolta dei dati, e questo causava ritardi. Ma le cose non sono cambiate molto ora che ci sono i software, a quanto pare, visti i risultati. A meno che entro la fine dell’anno non si sappia qualcosa di più preciso.
Quando c’è di mezzo il cane a sei zampe, chissà perché, i dati non sono mai precisi o sono carenti. Da qui l’orientamento dell’Asp che nemmeno si esprime nella conferenza di servizi, a differenza degli enti territoriali che si sono opposti al progetto di Eni Rewind. L’Asp non ha nemmeno chiesto chiarimenti ad Eni. E ha ritenuto di non potersi pronunciare non disponendo di «dati sufficienti» per la mancata individuazione dei siti di destinazione finale dei rifiuti, in particolare quelli contenenti norm-tenorm con e senza amianto, e per le «non meglio precisate modalità di trasporto».

A 30 anni dalla dismissione delle fabbriche, continuano a mancare dati su dati. Non solo sull’eccesso di mortalità. Le informazioni sono «insufficienti» anche sulla quota di scorie non oggetto del decreto, quelle appunto contenenti materiali radioattivi, anche secondo l’Ispettorato per la sicurezza nucleare. La relazione dell’Isin allegata al verbale della conferenza decisoria fa riferimento a «indagini effettuate nel 2017» che «costituiscono solo una pre-caratterizzazione, mentre la fase di caratterizzazione vera e propria avverrà contestualmente alla rimozione dei materiali». Intanto, è pure cambiata la normativa per la classificazione. Di questa tipologia di rifiuti ancora da classificare l’unica cosa certa che si sa è che non vi sono discariche di conferimento autorizzate in Italia. Almeno allo stato.

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