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Crotone, per la Dda la discarica che accoglierà le scorie ampliata in cambio di voti: ecco come si superò l’indice di pressione dei rifiuti


CROTONE – L’«indice di pressione» al centro del Piano regionale dei rifiuti, del quale tanto si è parlato in questi giorni, veniva visto come un ostacolo da Gianni Vrenna, l’imprenditore dei rifiuti e patron del Crotone calcio tra gli imputati del maxi processo Glicine insieme al presunto comitato d’affari che, secondo l’accusa, si dava da fare per concedere nuove capacità di abbancamento. Se ne parlerà presto anche nelle aule giudiziarie, poiché sta per iniziare il processo che, tra rito abbreviato ed ordinario, riguarda 100 imputati. Il titolare della società Sovreco, prossima ad accogliere, secondo quanto imposto con decreto dal ministero dell’Ambiente lo scorso primo agosto, le scorie della bonifica dei siti industriali di Crotone, veniva intercettato proprio mentre discuteva di parametri indicativi della capacità del territorio di ricevere rifiuti. L’”indice di pressione”, appunto.

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CROTONE, LA DISCARICA E IL PROBLEMA DELL’INDICE DI PRESSIONE DEI RIFIUTI

Siamo nel 2018. In base a questa formula, secondo quanto affermato da un non meglio identificato funzionario regionale, la Calabria risultava essere satura. Non avrebbero più autorizzato nuove discariche. Vrenna ne parlava col cognato Alessandro Brutto, titolare di Miga, che, riportando quanto riferito dal funzionario regionale, lo esortava a presentare le richieste di autorizzazione prima di gennaio. Quel funzionario assicurava che avrebbe seguito personalmente la vicenda. Inoltre, faceva allusioni al fatto che avrebbe superato l’ostacolo costituito dall’indice di pressione.

Nel corso di un’altra riunione monitorata dai carabinieri del Noe e dalla Dda di Catanzaro, Vrenna rappresentava che l’ex assessora regionale all’Ambiente Antonella Rizzo era rimasta contrariata dal comportamento di Valentino Bolic, del cda di Sovreco. Bolic avrebbe chiesto all’assessora di redigere una nota con la quale richiedere alla società di fare istanza per l’ampliamento della discarica e, a quel punto, la società avrebbe presentato il progetto. L’assessora avrebbe risposto a Bolic che questa richiesta non aveva senso. Poiché la pubblica amministrazione era impossibilitata a impegnarsi a concedere una autorizzazione di cui non veniva avanzata la richiesta. Inoltre, l’assessora evidenziava che, nella provincia di Crotone, a rigore non potevano essere rilasciate nuove autorizzazioni in ragione del superamento dell’indice. Ciò nonostante, si sarebbe impegnata ad aumentare i parametri.

LA POSIZIONE DI BRUTTO E QUELLA DEI FRATELLI VRENNA

Ecco perché Brutto stigmatizzava l’atteggiamento del Bolic, ritenuto arrogante. Inoltre, Brutto evidenziava che Antonio Augruso, all’epoca dirigente del dipartimento Ambiente della Regione, avrebbe anticipato che eventualmente i conferimenti presso Sovreco sarebbero stati autorizzati in deroga, consentendo di recapitare rifiuti non pericolosi nella discarica per rifiuti pericolosi. Agli atti della società Sovreco, all’epoca, era documentata la capacità residua di ricezione di 600.000 metri cubi, mentre in realtà si attestava tra i 250.000 e i 300.000 metri cubi, secondo la ricostruzione attribuita dagli inquirenti agli stessi interlocutori.

Nel corso della riunione, Gianni Vrenna rammentava al fratello Raffaele che, nel corso degli anni, la Regione aveva autorizzato l’abbancamento di rifiuti non pericolosi nella porzione destinata ai rifiuti pericolosi. Inoltre, ricordava le intese con l’assessora Rizzo la quale si sarebbe adoperata per garantire l’autorizzazione all’ampliamento e la sopraelevazione in cambio del loro appoggio per la futura campagna elettorale. Ecco perché Gianni Vrenna sottolineava che l’assessora era rimasta delusa dal comportamento di Bolic. Questi continuava a chiedere garanzie scritte, sottolineando che i parametri dell’indice di pressione regionale sarebbero stati ampliati su iniziativa della stessa politica.

VRENNA: «DOBBIAMO PARARCI IL C…»

Al contempo, Vrenna sottolineava la necessità di tutelarsi con azioni legali. «Dobbiamo pararci il culo», è l’intercettazione chiave, attribuita sempre a Gianni Vrenna. Nel corso della riunione veniva captata una conversazione con l’ingegnere Alberto Bizzarri, progettista delle discariche. Bizzarri sottolineava che la discarica avrebbe acquisito cospicui quantitativi di rifiuti da lui ritenuti «fuori legge» che a lungo andare avrebbero creato enormi problemi. «Lì tra due anni avete una bomba… in grado di esplodere, quindi risolvete al più presto la questione del potenziamento del biogas».

Un capitolo della maxi inchiesta ruota, dunque, attorno alla gestione del ciclo dei rifiuti in Calabria e ai rapporti tra esponenti politici, in quel momento al governo della regione, e gli imprenditori Gianni e Raffaele Vrenna, rispettivamente presidente ed ex presidente del Crotone calcio. Traffico illecito di rifiuti è l’accusa, e, oltre ai Vrenna, ne rispondono l’ex assessora regionale all’Ambiente Antonietta Rizzo e l’ex governatore Mario Oliverio ma anche i dirigenti regionali Domenico Pallaria, Orsola Reillo e Antonio Augruso. Ci sono anche ipotesi di voto di scambio. L’inchiesta verte, insomma, su un presunto monopolio. E su un’emergenza, quella dei rifiuti, divenuta strutturale a suon di ordinanze contingibili e urgenti e sopraelevazioni della discarica diventata la pattumiera di mezza Calabria. Forse in cambio di voti.
Col Piano regionale dei rifiuti di recente approvazione, che introduce un fattore di pressione “areale”, non ci sarà un metro cubo di discarica in più nel territorio.

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