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Matteo Renzi tende la mano al centrosinistra ma Giuseppe Conte stoppa tutto e dice no: «Sa solo demolire»


Non si sono mai amati, Giuseppe Conte e Matteo Renzi. E chissà se prima o poi nascerà un’amore. Due caratteri diversi, due storie politiche agli antipodi: di sicuro due prime donne. Conte lo è diventato da presidente del Consiglio, Renzi forse lo è sempre stato. Era scontato che l’avvocato del popolo, prima o poi, dicesse no all’ex rottamatore. Vecchie ruggini impediscono a Conte di accettare l’ingresso in coalizione del leader di Italia viva: il campo larghissimo con Matteo non s’ha da fare, argomenta. Le ruggini risalgono alla fine del governo Conte 2, quando Renzi accelerò la crisi dell’Esecutivo. Via la delegazione renziana e arrivederci e grazie. Sappiamo come andò a finire: Mario Draghi a Palazzo Chigi, l’ex sindaco di Firenze a intestarsi quel passaggio. «Abbiamo portato Draghi» si pavoneggiava in quei giorni Matteo Renzi Renzi in Senato.

CONTE-RENZI: TUTTI GLI ATTRITI DI IERI E DI OGGI

Sono passati oltre tre anni da quel momento. Un’eternità per la politica italiana. Ora c’è al governo il centrodestra. E il campo largo deve compattarsi, altrimenti la maggioranza rischia di bissare nelle elezioni del 2027. È questo il ragionamento che si fa nelle segrete stanze del Nazareno, dove l’endorsement di Matteo Renzi è stato accolto positivamente. Certo, c’è chi nutre perplessità, perché non lo ritiene affidabile. Ma tant’è.
Il leader dei 5Stelle vive giorni difficili. Il Movimento, infatti, non svetta nei sondaggi, la batosta delle elezioni europee ha riaperto il cantiere grillino. Sono tornati a farsi sentire Davide Casaleggio, Beppe Grillo e una serie di ex che mettono in discussione l’azione dell’avvocato del popolo. E poi, come se tutto il resto non bastasse, c’è lo spettro del duo Raggi-Dibba. Insomma, gran caos da quelle parti. In tanti si aspettano una scossa dall’avvocato del popolo.

E lui, che cosa fa? Rilascia una lunga intervista alla Stampa nella quale parla di tutto: dalle guerre al campo largo. E nella quale tiene il punto su tutto, salvo cedere all’asse con il Partito democratico che fino a qualche tempo fa non era assolutamente così scontato.

LA POSIZIONE SULLA GUERRA

Capitolo guerre: «Penso che limitarsi a chiedere il cessate il fuoco dinanzi a questo massacro quotidiano significhi complicità. Che diventa codardia quando, nei passaggi all’Onu dove avremmo potuto esprimere ferma condanna, non l’abbiamo fatto. Meloni ha foga e passione per alzare la voce sulla boxe alle Olimpiadi, ma su quasi 40mila civili morti non ha parole e azioni da spendere. Mi vergogno di questo governo».
Non manca, comunque, un passaggio sull’Europa che ha definito legittimo l’attacco ucraino in territorio russo: «Non sono d’accordo con questa improvvida dichiarazione dell’Unione europea: con questa azione non siamo più nella logica della difesa perché contribuisce all’escalation».

Le distanze in politica estera con il Partito democratico e con gli altri petali della coalizione non fanno cambiare idea al leader del M5S sull’alleanza di centrosinistra: «Il M5S è concentrato con tutte le sue energie a elaborare un progetto alternativo a questo governo, al punto da aver avviato un processo costituente».
A questo punto dell’intervista arriva la netta contrarietà nei confronti di Matteo Renzi: «Il nostro dna ci spinge a costruire questo progetto con la massima lealtà e spirito autenticamente unitario. Proprio per questo sarà impossibile offrire spazio a chi, negli anni, non ha mai mostrato vocazione unitaria ma solo capacità demolitoria e ricattatoria».
Parole dure che scatenano la risposta della renziana Raffaella Paita: «Con buona pace di Conte, le alleanze si faranno o non si faranno sulla base dei contenuti e non delle antipatie personali. Capiamo che l’avvocato del Popolo non si sia ancora ripreso dalla sostituzione con Draghi, ma i piccoli momenti di sofferenza personale sono niente rispetto all’esigenza di costruire un’alternativa per il Paese».

I RENZIANI TENDONO LA MANO

Insomma, i renziani provano a tendere la mano. È come se dicessero: il passato è passato, ora bisogna pensare ai prossimi appuntamenti elettorali e mettere in crisi il centrodestra. Conte ci sta? Conte, a questa risposta, non può ancora rispondere. Perché deve forse aspettare cosa succede internamente al suo partito. Perché il processo costituente del M5s metterà in discussione tutto, anche la collocazione nel campo progressista.
Non a caso il leader M5S risponde così: «Gli iscritti potranno mettere in discussione tutto, altrimenti non sarebbe un processo costituente. Le scelte che abbiamo fin qui operato, come l’indirizzo politico, e anche la mia leadership. E poi, se all’esito del processo costituente l’assemblea degli iscritti dovesse votare un indirizzo incompatibile con il lavoro svolto finora, sarei il primo a trarne le immediate conseguenze».
Una risposta che prefigura qualsiasi scenario. Al momento Conte e Renzi continuano a tenersi distanza. Il passato per Conte è agli atti e non si può cancellare con un tratto di penna. Domani chissà. D’altro canto, sussurra un dem: «Conte è passato dal governo con la Lega a quello con il Pd. Quando vuole dimentica tutto e cambia idea».


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