L'udienza del processo sul naufragio di Cutro
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Sentiti gli imputati nel processo sul naufragio di Cutro. Presunto scafista scoppia in lacrime riconoscendosi nei video mentre salva alcuni migranti
CROTONE – «Ho salvato nove persone, se non fossi stato un migrante come gli altri avrei tentato di fuggire»: è scoppiato in lacrime Khalid Arslan, un presunto scafista della Summer Love, l’imbarcazione tragicamente naufragata a Steccato di Cutro nel febbraio 2023 facendo un centinaio di morti. «Sì, sono io», ha detto, riconoscendosi nelle immagini di un video mostrate in aula, davanti al Tribunale penale di Crotone, e rispondendo alle domande del suo difensore, l’avvocato Salvatore Perri. Quelle immagini sporche, realizzate con un telefonino subito dopo il tragico schianto contro la secca di Cutro, col mare grosso il cui rumore forte non riusciva a coprire le urla strazianti, hanno toccato tutti ma chi non ha resistito al dolore, crollando emotivamente e scoppiando in lacrime, è stato proprio l’imputato pakistano accusato di essere uno scafista.
NAUFRAGIO DI CUTRO, LA VERSIONE DI ARSLAN
Rispondendo alle domande, oltre che del suo difensore, del pm Pasquale Festa e del presidente del collegio giudicante, Edoardo D’Ambrosio, ha negato gli addebiti, raccontando la sua vita difficile in Pakistan e poi in Turchia, dove lavorava in un autolavaggio. Del coimputato Sami Fuat, il turco ritenuto il capitano, ha detto di non averlo notato mai al timone anche se ha ammesso di averlo visto arrivare con la seconda imbarcazione, su cui i migranti furono trasbordati. Accusa di aver fatto parte dell’equipaggio anche due siriani, uno dei quali è sicuramente morto subito dopo lo sbarco. Nega, invece di aver tenuto l’ordine nella safe house in Turchia insieme al coimputato pakistano Ishaq Hassnan, suo coetaneo.
Ma, soprattutto, l’imputato ha raccontato di essere un migrante come gli altri passeggeri del caicco affondato. «Ho iniziato il viaggio sotto, nella stiva, insieme agli altri. Dopo due o tre giorni, siccome so parlare in turco, mi hanno chiesto di salire sopra anche per comunicare con le persone che erano sotto». Qui le lacrime del presunto scafista al ricordo del tragico naufragio a Cutro.
L’imputato, commentando i video prodotti dalla difesa, ha detto che erano dei selfie fatti insieme agli altri migranti. Alcuni erano amici conosciuti nella safe house. Tra loro c’è anche l’altro imputato pakistano. I video scattati al timone? «Sono stato là pochissimi secondi, il timone era bloccato, interveniva il capitano in caso di necessità e anche altri migranti si facevano dei video. La barca non l’ho guidata neanche un minuto».
NAUFRAGIO DI CUTRO, LA VERSIONE DI HASSNAN
Di tenore diverso la deposizione di Ishaq Hassnan (dichiaratosi inizialmente minorenne ma poi smascherato). Il pm Festa ha insistito molto sul contenuto di alcune chat che sembrano inchiodare l’imputato. «I game sono in corso, non c’è da preoccuparsi, anche io devo andare, sto aspettando il meteo buono». Li chiamava “game”, ma erano viaggi della speranza, secondo l’accusa. «Tentativi di viaggio», secondo la versione di Hassnan, che dice di aver pagato anche lui per la traversata. ll pm ha chiesto che significavano quei messaggi in cui parlava di “game”, di “lavoro”, di “ordini”, di “pagamenti”, di “persone da raccogliere”. E Hassnan ha cercato di difendersi sostenendo che non era lui a «raccogliere le persone ma gli organizzatori», che i pagamenti di cui si parlava erano di poche decine di euro e non di migliaia, ammettendo di aver messo in contatto i migranti con i trafficanti perché temeva che altrimenti gli avrebbero fatto del “male”. Ma quando il pm ha chiesto che senso avesse la frase «raduno le persone e le faccio partire per le 7.30», lui ha sostenuto di non sapere di cosa si parlasse, alludendo a errori di traduzione.
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IL FILE AUDIO
A quel punto il presidente ha fatto ascoltare un file audio tradotto in diretta dall’interprete che, contrariamente alla versione di Hassnan, ha concluso in questi termini: «ha detto “devo riunire le persone, devo farli partire». L’avvocato Perri ha anche cercato di far emergere una verità alternativa, poiché i telefonini erano stati sequestrati ai migranti dagli scafisti e i passeggeri per comunicare con altre persone utilizzavano il cellulare di Hasnnan, almeno a suo dire.
NAUFRAGIO DI CUTRO, LA VERSIONE DI FUAT
È stata quindi la volta di Sami Fuat, che dopo vari “non so” in risposta alle domande del pm, si è messo letteralmente a cantare dopo che gli si è avvicinato il suo difensore, l’avvocata Teresa Paladini. Tra una cantilena e l’altra, Fuat se la prendeva con i coimputati che gli avrebbero rovinato la vita.
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