Il branco che aggredì un clochard finisce in una comunità di recupero
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 CLOCHARD PESTATO DA UN BRANCO: CHI SONO I SEI MINORENNI.
- 2 CLOCHARD PESTATO DA UN BRANCO DI SEI MINORENNI: I FATTI.
- 3 CLOCHAR PICCHIATO. I COMMENTI SUL VIDEO
- 4 GLI INTERROGATORI E IL PROFILO DEGLI INDAGATI ALLONTANATI DALLE FAMIGLIE.
- 5 MINORENNI IN COMUNITà. LE VALUTAZIONI DEL GIUDICE.
- 6 MINORI IN COMUNITà, BACCHETTATE ANCHE AI GENITORI.
Misura cautelare per i minorenni, componenti di un branco, accusati di aver pestato a sangue un clochard: Saranno destinati ad una comunità di recupero. Bacchettate anche ai genitori.
SAN COSTANTINO CALABRO (VIBO) – Quella sera del 25 maggio 2024 sei minorenni componenti di un branco compirono una spedizione punitiva contro un clochard indifeso. Fu aggredito, picchiato, insultato (Branco in azione nel Vibonese: in sei legano e aggrediscono un clochard) e i suoi abiti dati alle fiamme. E la vicenda fece ancor di più scalpore perché i presunti autori di quel deprecabile gesto erano al tempo tutti minorenni, tra i 14 e i 17 anni (oggi alcuni di loro hanno raggiunto la maggiore età).
CLOCHARD PESTATO DA UN BRANCO: CHI SONO I SEI MINORENNI.
Furono denunciati a piede libero dopo un’indagine lampo dei carabinieri ma adesso per i componenti del branco si sono aperte le porte di una comunità di recupero. Si tratta di D.C, 16 anni, di Vibo (avv. Diego Brancia), S.E.D, 18 anni, cittadino straniero, residente a Vibo (avv. Francesca Comito); D.S.L.P., 17 anni, di Vibo (avv. Giuseppe Santamaria); G.M., 15 anni, di Vibo (avv. Nazzareno Latassa); F.M. 15 anni, di San Costantino Calabro (avv. Alfredo Mercadante), A.F., 18 anni, di San Costantino (avv. Renato Vigna).
Questo perché il gip del Tribunale del minorenni id Catanzaro, Donatella Garcea, ha accolto la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Procura competente. Il deferimento a piede libero dei sei minorenni componenti il branco, evidentemente, per un episodio così grave e cruento come l’aver picchiato un indifeso clochard, non è stato ritenuto, dunque, sufficiente dal pubblico ministero e ora anche dal magistrato che ha destinato i sei in una comunità. D’altronde il giudizio che dà quest’ultimo sulle condotte dei sei ragazzi è tranchant ma non si limita solo a loro: tira infatti in ballo anche le rispettive famiglie.
CLOCHARD PESTATO DA UN BRANCO DI SEI MINORENNI: I FATTI.
Il pestaggio, tra l’altro ripreso con un cellulare, si era verificato intorno alle 3 di notte nell’ex Oiermo, un palazzo ormai abbandonato, che ospitava un istituto professionale, dove il 55enne clochard romeno Ioan Batin aveva trovato da qualche tempo un riparo per la notte. Viveva alla giornata, senza documenti e senza fissa dimora, barcamenandosi con qualche lavoretto saltuario, appoggiandosi ai servizi sociali del Comune. Mai stato un pericolo per la comunità che in un certo qual senso l’aveva adottato cercando di aiutarlo per quanto possibile.
Quella notte, il clochard romeno fu sorpreso nel sonno dai sei minorenni, immobilizzato, legandolo e infine picchiato con calci, pugni e schiaffi. Destinatario di insulti (“Romeno di merda”) e dell’incendio degli indumenti aveva con sé, compresi gli effetti personali. La sua denuncia, l’indomani, aveva portato in poche ore a risalire all’identità dei presunti responsabili, denunciati per maltrattamenti, percosse, lesioni e altri reati, con l’aggravante dei futili motivi.
“Tutti mi hanno preso a calci, pugni e schiaffi… tutti e sei per come vi ho già raccontato, hanno raccolto, al centro dell’androne oggetti di legno, carte e cose varie e gli hanno dato fuoco unitamente alle mie scarpe ed ai miei vestiti. Hanno partecipato tutti e sei… nessuno escluso... ridevano e dicevano “romeno di merda... ” hanno agito con cattiveria, violenza e grande odio razziale nei miei confronti: sono anche io un essere umano e non è normale che nel 2024 accadano ancora cose simili”. Questo è un estratto del racconto di Barin ai carabinieri, lasciandosi poi andare ad un sentimento di amarezza: “Non è giusto, anche io sono un essere umano” . Un trauma che il 59enne porterà per sempre dietro tanto che quando gli furono mostrate dagli inquirenti “le foto dei suoi aggressori lui sobbalzò”.
CLOCHAR PICCHIATO. I COMMENTI SUL VIDEO
La notizia del pestaggio era inevitabilmente finita sui giornali e alla circostanza relativa alla possibile presenza di un video che avesse ripreso la scena, i giovani indagati avevano iniziato a capire che era solo questione di ore. Ma se da un lato c’era chi manifestava preoccupazione, dall’altro invece c’era chi ostentava strafottenza: S.E.D.: “Nooo filloli”; A.F.: “Siamo rovinati”; S.E.D: “Sei i ragazzi denunciati… speriamo che non ci sono… perché l’ultimo video”. F.M. invece era più spavaldo: “(bestemmia)… vabbò mu sbattu au cazzu, non ndi fannu nenti”; A.F.: “Puru io hahah”; F.M: “Non ndi levanu no, ma vedi che se le cantata qualcuno con i video”.
GLI INTERROGATORI E IL PROFILO DEGLI INDAGATI ALLONTANATI DALLE FAMIGLIE.
In sede di interrogatorio, gli indagati hanno per lo più cercato di smontare il quadro accusatorio dichiarando che il pestaggio era stato una reazione di legittima difesa contro il romeno ma si erano ben presto contraddetti a vicenda. Altri hanno preferito invece celarsi dietro la facoltà di non rispondere.
Alcuni di questi ragazzi hanno delle vicende particolari. D.G, ad esempio non segue adeguatamente il percorso scolastico, costellato da insuccessi e da scarsa frequentazione e inoltre, come S.E.D. e D.S.L.P. è stato oggetto di indagini per un episodio in cui hanno colposamente cagionato lesioni gravi ad un amico, caduto da una giostra a seguito delle violente spinte ricevute. Inoltre, i familiari dal lato paterno e materno sono ritenute persone contigue ad esponenti della locate criminalità organizzata.
Per quanto concerne F.M, le informazioni assunte fanno rilevare che non sia adeguatamente impegnato nello studio e viva in famiglia normo-costituita. A.F, poi, ha abbandonato la scuola dopò avere conseguito la licenza presso la scuola secondaria di primo grado e non è impegnato in attività lavorativa.
MINORENNI IN COMUNITà. LE VALUTAZIONI DEL GIUDICE.
Il magistrato parla di “grave agire illecito degli inquisiti che si caratterizza in forma altamente intimidatoria e aggressiva, con modalità di “branco” e con tratti di importante allarme sociale. Gli stessi “possono tangibilmente reiterare le condotte illecite della stessa specie di quelli per cui si procede ed anche in termini di importante progressione, apparendo tutti gli indagati privi di qualsivoglia remora ed avvezzi a muoversi nella logica del “branco” con condotte delittuose in danno di persone fragili o comunque in condizione di vulnerabilità per amplificare il loro agire violento e mortificarle gratuitamente, senza alcun rispetto per l’integrità fisica e la dignità della persona ed in evidente carenza di moduli educativi improntati al vivere civile”.
Secondo il giudice gli indagati “non hanno manifestato alcuna rivisitazione critica del loro agire e pertanto “i fatti loro ascritti sono segno di personalità incline all’uso indiscriminato della violenza, considerazione cui consegue la concretezza ed attualità di pressanti esigenze di difesa sociale”. Emerge, quindi, dagli atti “l’urgente necessità di avviare tutti i minori a un processo di seria rivisitazione critica della scala valoriale e dei codici di comportamento assunti, obiettivi per i quali occorre l’intervento di professionalità in grado di accompagnarli in un percorso che, soprattutto per il senso di impunità manifestato si prospetta difficoltoso”.
MINORI IN COMUNITà, BACCHETTATE ANCHE AI GENITORI.
I rilievi del giudice toccano anche le famiglie degli indagati, evidentemente “non in grado di fronteggiare adeguatamente l’indole violenta dei figli” e pertanto la misura del collocamento in comunità appare “l’unica adeguata a far fronte alle esigenze cautelari in considerazione della imprescindibile necessità di allontanare gli stessi dall’ambiente nel quale è maturata la condotta delittuosa. Il sistema familiare non è, infatti, apparso funzionale a neutralizzare la spiccata propensione delittuosa degli indagati, apparendo necessario il rigoroso distacco dal territorio di riferimento e dall’ambiente e circuiti che hanno favorito l’agire illecito dei medesimi”.
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