Giovanni Toti, ormai ex presidente della Regione Liguria
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PER rispetto della politica, della democrazia, dei cittadini elettori, del territorio che ha governato per nove anni: la sua libertà – di cui è privato dal 7 maggio scorso – è solo l’ultimo dei motivi che hanno convinto l’ex presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a scrivere la lettera di dimissioni. Erano le 10.40 di ieri. Possiamo assicurare che questa storia segnerà uno spartiacque nella gestione della giustizia in Italia. Altre inchieste, negli ultimi trent’anni, hanno avuto una forte impronta politica, l’hanno condizionata e hanno segnato un prima e un dopo. L’ultima volta è successo con l’inchiesta Open (che dopo aver falciato la nascita di un partito deve ancora approdare a una prima sentenza). Si pensava che il Paese e la magistratura, che ha un ruolo così importante e delicato, avessero trovato finalmente un equilibrio con le esigenze della politica. L’inchiesta della procura di Genova ci riporta indietro nel tempo. Ora la vincenda giudiziaria di Toti avrà tre scenari su tre diverse direttrici di sviluppo, tutte molto interessanti: giudiziaria; elettorale (in autunno sarà scelto il nuovo governatore); politica.
Il dossier Liguria costituirà un test per il destra centro e per il centrosinistra. Toti si è dimesso con una lettera di cui si percepisce il dolore parola dopo parola. Ma anche la serenità di fondo. «Dopo tre mesi dall’inizio dei miei arresti domiciliari e la conseguente sospensione dall’incarico che gli elettori mi hanno affidato per ben due volte, ho deciso sia giunto il momento di rassegnare le mie irrevocabili dimissioni». Scrive di assumersi «tutta la responsabilità di richiamare alle urne, anticipatamente, nei prossimi tre mesi, gli elettori del nostro territorio, che dovranno decidere per il proprio futuro».
NIENTE ASTIO, SOLO DOLORE
Chi pensa di poter trovare tra le righe della missiva astio, rancore, vendetta, resterà deluso riga dopo riga. La rabbia personale lascia il posto all’interesse collettivo. «Oggi sento come necessario che i cittadini tornino a esprimersi per ridare alla politica, al più presto, quella forza, quella autorevolezza, quello slancio, indispensabili ad affrontare le moltissime sfide che la Regione ha di fronte per continuare nel percorso di modernizzazione e crescita economica». È sicuro che i cittadini «sapranno giudicare e scegliere per il proprio meglio e anche valutare l’impegno messo da tutti noi nei difficili momenti che abbiamo vissuto e affrontato insieme, dal Ponte Morandi al Covid».
È convinto, e lo rivendica, di lasciare «una Regione in ordine». E se ha atteso finora – le dimissioni sono nell’aria dall’11 luglio, dopo il secondo no del Riesame di Genova alla richiesta di ritirare la misura cautelare – lo ha fatto per consentire al Consiglio regionale di approvare l’Assestamento di bilancio e il Rendiconto. Con amarezza sottolinea che avrebbe voluto «confrontarsi diversamente con il nostro territorio, con i tanti sindaci e amministratori con cui abbiamo condiviso i progetti, gli amici che mi hanno affiancato in due lustri di lavoro indefesso, le forze della politica che hanno sostenuto questa esperienza», dice Toti. Non è stato possibile farlo, «lo faremo nel prossimo futuro».
Segue una sorta di agenda politica, indizio di una personalità che a testa alta non abdica e non rinuncia: «Si apre per tutti una fase nuova – scrive Toti – Agli elettori il compito di giudicare la Liguria che abbiamo costruito insieme in questi lunghi anni e decidere se andare avanti su questa strada. Ai partiti della maggioranza la responsabilità di valorizzare con orgoglio i risultati raggiunti, non tradire il consenso raccolto, valorizzare la classe dirigente cresciuta sul territorio. Ai tribunali della Repubblica valutare le responsabilità chiamate in causa dall’inchiesta. Al Parlamento e all’opinione pubblica del Paese il dovere di fare tesoro di questa esperienza e tracciare regole chiare e giuste per la convivenza tra giustizia e politica all’interno del nostro sistema democratico». Una lettera costata dolore e fatica ben più di quanto il tono sereno lasci immaginare.
I TRE MACRO SCENARI
È la lettera stessa a indicare i tre scenari. Quello giudiziario, sempre più una partita a scacchi tra procura e difesa, prevede che giù lunedì l’avvocato Savi presenterà l’istanza di revoca degli arresti domiciliari. I pm Federico Manotti e Luca Monteverde dovranno decidere entro due giorni (mercoledì-giovedì). Sempre lunedì la Procura dovrebbe decidere se chiedere il giudizio immediato custodiale (per gli indagati sottoposti a limitazione di libertà) per l’ex governatore, per l’imprenditore Aldo Spinelli e per l’ex presidente dell’Autorità portuale Signorini. Sempre che questo non pregiudichi la ricerca della verità.
«A noi interessa che si faccia il processo – continua Savi – ma ha bisogno di essere implementato. Le intercettazioni vanno contestualizzate, la vicenda del porto va contestualizzata con tutti gli interessi della comunità che c’è intorno. La spinta non era solo nei confronti di Spinelli e non è vero che non ha avuto contatti anche con Aponte». L’ipotesi di reato per Toti è corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio. Per l’accusa, il governatore avrebbe ricevuto finanziamenti dagli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli (tutti tracciati e bonificati) per agevolare le pratiche di loro interesse. Tutte accuse che Toti ha spiegato e mostrato da altri punti di vista, ma che per l’accusa restano comportamenti illeciti: «L’indagato non capisce le accuse» hanno scritto i giudici quando hanno respinto la richiesta di libertà. «Lei ha gestito come un manager privato la cosa pubblica».
Poi c’è lo scenario elettorale/politico. E’ probabile che si vada verso un nuovo election day a metà novembre (17-18) quando si voterà anche per le Regioni Umbria ed Emilia Romagna. La vicenda Toti è destinata ad agitare le acque nel centrodestra e nel centrosinistra. Si dice che l’ex governatore abbia “giocato” un po’ troppo «per conto proprio»” negli ultimi anni, motivo per cui, nel momento del bisogno, tranne Salvini e Lupi, tutti gli altri, da Fratelli d’Italia a Forza Italia sono stati abbastanza freddi
LA POLITICA ALL’ASSALTO DELLA REGIONE LIGURIA DEL DOPO TOTI
Non c’è dubbio che ora la Regione Liguria, destinataria di molti fondi Pnrr, faccia gola a tutti. Meloni rivendica il diritto di alzare la sua bandiera su una regione del nord. La Lega non ci sta: il candidato naturale è Edoardo Rixi, braccio destro di Salvini al Mit. Salvini, che in questi 90 giorni si è esposto più di tutti per Toti. Forza Italia e il centro totiano ci vogliono riprovare: «È l’ora di un civico». Dall’altra parte il centrosinistra avrebbe già deciso: il candidato sarà Andrea Orlando. Per Matteo Renzi e Iv il d-day nelle tre Regioni è l’occasione per mettere alla prova il “tutti-dentro”. Partito democratico e 5 stelle sono molto più cauti. Ma sarà la battaglia giudiziaria quella, in prospettiva, più importante. Cosa succederà se, alla fine dei giochi, Toti dovesse risultare non colpevole? E se diventasse palese che le dimissioni dalla carica elettiva sono state la moneta obbligata per avere la libertà?
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Se il decalogo o le regole del buon amministratore sono quelle indicate da Zaia, Toti è completamente fuori dagli schemi.