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Alcune provette

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CATANZARO – Individuato il tallone di Achille dei tumori: è una proteina sosia di quella prodotta dalle cellule sane in condizioni di stress. Bloccandola, si innesca l’autodistruzione delle cellule malate, come hanno indicato i test sui topi. Individuata nel tumore della prostata, potrebbe essere comune a molte forme di cancro.

Pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, la scoperta si deve al gruppo di ricerca guidato dal catanzarese Davide Ruggero che lavora all’università della California a San Francisco. Analizzando centinaia di tumori della prostata umani, i ricercatori hanno individuato due mutazioni genetiche che nelle cellule tumorali alterano l’attività di una proteina chiamata eIF2a, trasformandola in una forma alternativa, P-eIF2a. La sorpresa è che questa forma è simile a una proteina prodotta dalle cellule sane in condizioni di stress e che permette loro di “dosare” l’energia di cui hanno bisogno, «perché in queste situazioni le cellule cercano di non consumarne troppa», ha detto all’ANSA il ricercatore originario di Catanzaro che da anni lavora negli Usa.

I tumori più aggressivi, che formano anche metastasi, ha aggiunto Ruggero, «devono lavorare di più rispetto ai tumori meno aggressivi, spendendo maggiori energie” e per crescere velocemente, hanno imparato a ottimizzare l’uso del carburante, senza restare a “secco”, grazie a questa proteina.

«Abbiamo scoperto – ha osservato – che questi tumori hanno imparato a controllare l’attività di questa proteina che ha una funziona di freno, come fosse una soglia limite, oltre la quale sanno di non potersi spingere». Per tale motivo questi tumori aggressivi «diventano dipendenti da questa soglia, che diventa cruciale per la loro crescita».

La scoperta è stata confermata sui topi modificati geneticamente in modo da avere la stessa malattia e secondo Ruggero lo stesso meccanismo è valido anche per altri tumori. Inoltre i ricercatori hanno individuato un composto che riesce a bloccare l’attività della proteina: nei topi, i tumori della prostata hanno cominciato a ridursi entro 3 settimane dal trattamento.

Bloccando la proteina «i tumori muoiono – ha spiegato il ricercatore – perché lavorano troppo e non hanno più energie». Il prossimo passo sarà sperimentare il composto sull’uomo e i ricercatori sperano di cominciare i test entro un anno.

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