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I carabinieri con parte del denaro sequestrato

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Sono accusati di immigrazione clandestina nove lucani arrestati che facevano parte di una banda che sfruttava irregolarmente il click day

LA BASILICATA al centro di una maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia di Salerno contro una presunta associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina e al riciclaggio. Sono nove i lucani finiti in carcere all’interno di una banda che sfruttava illegalmente il “click day”. Si tratta di Decimo Viola, 46 anni, Gaetano Antonio Campese, di 53, Giuseppe Filomeno, di 57, e Pasquale Larocca, di 56, tutti di Policoro, Pasquale Chiruzzi, 43 anni di Pisticci, Vincenzo Rondinelli, 59 anni, di Calvera, Vito Tralli, 44 anni ,di Tricarico, Rocco Valluzzi, 59 anni, di Montescaglioso, e Stefano Viceconte, 58 anni di Maratea.

In totale gli indagati sono 47, dei quali 13 sono finiti in carcere (tra cui i 9 lucani), 24 ai domiciliari e 10 sono stati i destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali e professionali per un anno. Tra questi c’è un altro lucano: Francesco Alex Giorgi, 36 anni, di Pisticci, referente di un patronato.

CLICK DAY, I REATI CONTESTATI AGLI INDAGATI TRA CUI I 9 LUCANI COINVOLTI

I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, riciclaggio, autoriciclaggio, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Sono stati sequestrati beni per complessivi 6 milioni di euro, che sarebbero proventi dell’attività illecita. Durante la conferenza stampa, è stato sottolineato che le indagini della procura di Salerno erano già in atto da qualche tempo ma si sono avvalse del coordinamento del procuratore nazionale antimafia per la loro accelerazione, dopo l’esposto presentato alla procura nazionale un mese fa dalla premier Giorgia Meloni.

I 9 lucani coinvolti (agricoltori ed imprenditori edili) sarebbero tutte figure di spicco nell’ambito dell’organizzazione. Infatti, al vertice del presunto sodalizio criminale, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stato proprio Decimo Viola che avrebbe organizzato intorno a sè e diretto gli altri presunti appartenenti al gruppo. Si tratterebbe di una costola di un’ associazione più ampia operante in tutt’ Italia e anche all’estero, come si legge nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari, Pietro Indinnimeo.

LE INDAGINI COORDINATE DALLA DDA DI SALERNO SULLO SFRUTTAMENTO DEL CLICK DAY CHE COINVOLGONO I LUCANI ARRESTATI

Le indagini, coordinate dalla Dda di Salerno, le ha condotte la compagnia di Battipaglia della Guardia di finanza. Allo stesso tempo, gli investigatori del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro – Reparto operativo di Roma e Gruppo di Napoli – hanno eseguito un fermo nei confronti di ulteriori 7 indagati, sempre per violazioni inerenti l’immigrazione clandestina. Un provvedimento d’urgenza, il fermo, motivato dal fatto che gli inquirenti hanno dedotto che alcuni di loro stavano progettando un trasferimento in Paesi nordafricani, in cui avevano basi logistiche.

I due provvedimenti nei quali sono rimasti coinvolti i 9 lucani rappresentano lo sviluppo investigativo di un filone d’indagine che ha messo in luce un illecito utilizzo del ‘click day’ legato ai decreti Flussi, dal 2020 a oggi. Vale a dire quello strumento che consente ai cittadini extracomunitari di ottenere il nulla osta per entrare in Italia per motivi lavorativi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbero state costituite societa’ ad hoc oppure sarebbe stata utilizzata l’identità digitale (Spid) di aziende ignare per inserire le istanze per ottenere i nulla osta.

UNA RETE DI PERSONE COMPOSTA ANCHE DA INSOSPETTABILI

La rete di persone, per la Procura, era composta da imprenditori, addetti ai patronati e liberi professionisti che, dietro il pagamento di denaro da parte degli extracomunitari interessati, predisponeva ed eseguiva l’inserimento e curava le successive pratiche burocratiche. Poi, gli inquirenti hanno individuato un gruppo di persone, alcune delle quali già condannate per associazione mafiosa con riferimento al clan Cesarano di Pompei e Castellammare di Stabia ma con propaggini anche nel Salernitano, che avrebbe riciclato i proventi derivanti da quelle attività.

Sotto la lente d’ingrandimento di finanzieri e carabinieri sono passate circa 2.500 istanze, inoltrate alle prefetture di tutta Italia, relative all’ingresso fraudolento di extracomunitari sul territorio nazionale. Istanze basate su dati inesistenti o falsificati. Agli atti dell’indagine anche il «tariffario» utilizzato dall’organizzazione della quale facevano parte i 9 lucani arrestati: ogni cittadino extracomunitario avrebbe pagato, per ciascuna istanza inoltrata durante i ‘click day’, 1.000 euro. Che diventavano 2mila euro per ogni nulla osta kit e visto rilasciato. Poi, per ogni contratto fittizio di lavoro firmato, altri 2mila euro. Nel corso dell’esecuzione delle misure cautelari, oltre ai 6 milioni di euro proventi dell’attività illecita, gli inquirenti hanno sequestrato, in via preventiva, anche un terreno nel comune di Battipaglia. Al momento, i carabinieri hanno rinvenuto 1,3 milioni di euro nella disponibilita’ degli indagati e un libro mastro delle false operazioni.

LE PAROLE DEL PROCURATORE DI SALERNO GIUSEPPE BORRELLI

«E’ emerso un fenomeno dai confini non ancora ben definiti ma sicuramente amplissimi. Il provvedimento eseguito nella giornata di oggi costituisce l’esito di una minima parte delle attività in corso da parte della Procura di Salerno sul tema. Lavoreremo ancora e approfondiremo anche le parti non ancora emerse», ha detto, il procuratore di Salerno. Giuseppe Borrelli, a margine della conferenza stampa.

Secondo Borrelli «le criticità principali riguardano innanzitutto il fatto che i tempi di definizione delle pratiche non consentono controlli sulla documentazione presentata a sostegno della domanda di visto. Peraltro, recenti modifiche normative prevedono addirittura la possibilità di affermare da parte di professionisti la sussistenza di questi requisiti con evidenti possibilità di frodi. A questo – ha concluso – si aggiunga che le domande di visto possono essere inserite non solo dal soggetto che ha necessità dell’assunzione del lavoratore, ma anche per conto terzi e peraltro senza alcun limite alle domande inseribili per conto terzi, il che evidentemente presta il fianco ad inserimenti fraudolenti».

IL COSTO DELL’OPERAZIONE PER I LAVORATORI STRANIERI

I lavoratori stranieri «pagavano grosse somme di denaro, fino a 6 mila o 7 mila euro per ogni singola domanda», dichiara il generale Antonio Bandiera, comandante dei carabinieri per la Tutela del lavoro, ieri in conferenza stampa a Salerno, nell’ illustrare i dettagli dell’inchiesta sull’immigrazione clandestina. «Domande false – spiega – perché si basano su rapporti di lavoro che non saranno mai instaurati, quindi fittizi con aziende fittizie». Inoltre, il generale ricorda che «la normativa prevede che siano portati, presso le prefetture, quando vengono effettuate queste domande, i documenti necessari. Molto spesso, questa documentazione è realizzata in maniera fraudolenta. Quindi, parliamo di documenti falsi che attestano, ad esempio, una capacità inesistente di un’azienda che attestano una regolarità contributiva. In realtà – conclude Bandiera – alla base, abbiamo ipotesi di falso, che servono per aggirare la normativa sui decreti Flussi”.

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