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Daniel Barillà

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Inchiesta Ducale, scambio elettorale politico-mafioso, Barillà torna libero: solo obbligo di firma, il Tribunale del riesame revoca gli arresti domiciliari


REGGIO CALABRIA – Daniel Barillà torna libero. Il Tribunale del riesame, in accoglimento dell’istanza presentata dal legale, avvocato Marco Gemelli, ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari disponendo l’obbligo di firma. Venute meno le esigenze cautelari, il genero del presunto boss Domenico Araniti, anello di congiunzione tra mafia e politica, secondo quanto emerso dalle carte dell’inchiesta “Ducale”, ritrova la libertà.

Stessa sorte per un’altra indagata nell’operazione del Ros coordinata dalla Dda reggina, la scrutatrice Martina Giustra, difesa dall’avvocato Pino Nardo. Anche nei suoi confronti il Tdl ha disposto la misura cautelare più tenue dell’obbligo di firma, che invece è stata revocata nei confronti di un’altra scrutatrice indagata, Caterina Iannò, assistita dagli avvocati Rosa Maria Messina e Antonio Cordova.

La posizione più delicata al vaglio della magistratura reggina, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, dagli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e dal pm Salvatore Rossello, è quella di Barillà, tra le altre cose, accusato di scambio elettorale politico-mafioso per «aver raccolto voti in occasione delle consultazioni elettorali in favore dei candidati sostenuti dal sodalizio, stringendo patti elettorali politico mafiosi».

Le elezioni finite nei riflettori della Procura della Repubblica di Reggio Calabria sono quelle regionali del 2020 e del 2021 e le comunali del settembre 2020. Secondo le accuse degli inquirenti, confluite nell’ordinanza firmata dal gip Vincenzo Quaranta, era proprio Barillà il soggetto che sarebbe stato il tramite tra la cosca di Sambatello-Gallico e la politica. Sostegno elettorale, a candidati di centrodestra e di centrosinistra, in cambio di incarichi nella pubblica amministrazione. Contestazioni che dovranno superare l’esame dibattimentale se dall’inchiesta che sta facendo tremare la politica reggina scaturirà un processo.

Al momento del blitz dei carabinieri (14 le misure cautelari scattate l’11 giugno) era emerso che sono indagati, sempre per scambio elettorale politico-mafioso, anche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà (Pd), il capogruppo regionale di Fratelli d’Italia (poi autosospesosi) Giuseppe Neri, il capogruppo comunale del Pd Giuseppe Sera. Due giorni fa la notizia dell’allargamento dell’inchiesta con l’iscrizione nel registro degli indagati per scambio elettorale politico-mafioso di altre tre persone.

Si tratta dell’ex senatore Giovanni Bilardi, eletto nel 2013 con il Grande Sud, e con un passato di esponente del centrodestra reggino e calabrese, l’assessore comunale Mimmetto Battaglia, del Pd, e il consigliere comunale della Lega Mario Cardia, che all’epoca dei fatti militava però nelle file di una lista civica vicina al sindaco Giuseppe Falcomatà a sostegno del suo centrosinistra.

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