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UNA serie di comunicati stampa ha fatto presente un dato senza dubbio noto ma che non immaginavamo così preoccupante. Mi riferisco alla sostanziale crescita del nord rispetto a una stasi del Sud. Riporto sinteticamente il dato: il Mezzogiorno, tra il 2007 e oggi, ha cumulato un differenziale negativo di crescita rispetto al Nord di 9 punti, e questo ha fatto sì che il Prodotto interno lordo del Sud è ancora 7 punti sotto rispetto ai livelli che precedono la crisi del debito pubblico scoperta nel 2008. E, cosa ancora più preoccupante, è da ricercarsi nel fatto che il recupero integrale dello shock subito dal Paese sempre nel 2008, avvenuto con un ritardo di oltre dieci anni nel nostro Paese rispetto alla Germania e alla Francia, riguarda solo il Nord.
CRESCITA DEL SUD, DATI SUL PIL E SEGNALI INCORAGGIANTI
Eppure in questi ultimi anni gli indicatori sulla occupazione nel Sud, sulle eccellenze imprenditoriali del Sud, sulla serie di interventi infrastrutturali attivati proprio nell’ultimo biennio dopo dieci anni di stasi, sulla crescita rilevante del comparto turistico e sulla forte impennata della produzione agro alimentare, lasciavano ben sperare. D’altra parte, questa nuova narrazione positiva del Sud era emersa in occasione del Festival Euromediterraneo di Napoli sia del 2023 che del 2024 e, senza dubbio, era ed è una narrazione vera, in quanto questa serie di fattori aveva prodotto un aumento sostanziale della occupazione ma non aveva, in alcun modo, incrementato la partecipazione alla formazione del Pil da parte delle singole Regioni.
Infatti, come ho ricordato più volte:
- Le otto Regioni del Sud sono tutte all’interno dell’Obiettivo Uno della Unione europea, cioè tutte hanno un Pil pro capite inferiore al 75% della media europea.
- Nessuna delle otto Regioni supera la soglia del 5% nella formazione del Pil nazionale.
- Il Pil pro capite nelle otto Regioni non supera la soglia dei 22mila euro e addirittura in alcune si attesta su un valore di 17mila euro; al Centro Nord si parte da una soglia di 26mila euro per arrivare addirittura alla soglia dei 40mila euro.
LEP E INFRASTRUTTURE
Ma allora sicuramente ci sono delle cause o delle condizioni che bloccano la crescita del Mezzogiorno, cause che da sempre abbiamo cercato di scoprire ma che in modo quasi paradossale sono rimaste sempre rimaste all’interno di interessanti ricerche, di interessanti approfondimenti ma mai siamo stati capaci di misurare e, soprattutto, di leggere in modo trasparente. Come ho ribadito più volte, dopo una diagnosi superficiale abbiamo fatto sempre ricorso a una terapia ridicola: quella basata su una assegnazione percentuale elevata, almeno il 30%, delle risorse assegnate dallo Stato per interventi infrastrutturali. Invece stiamo solo oggi capendo che questo assurdo paradosso – si cresce su alcuni comparti, ma non si implementa il Pil – è legato a una serie di elementi che questo governo, proprio perché ha tutte le caratteristiche di essere un governo di legislatura, deve necessariamente affrontare.
Mi riferisco in particolare a:
- I Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) all’interno delle otto Regioni sono indifendibili: per l’offerta di servizi socio-assistenziali si passa dai 22 euro pro capite in Calabria ai 540 euro nella Provincia di Bolzano. La spesa sociale del Sud è di 58 euro pro capite, mentre la media nazionale è di 124 euro.
- Il livello di infrastrutturazione del Sud produce un danno annuale nella organizzazione dei processi logistici superiore a 58 miliardi di euro.
- Nelle otto Regioni esiste solo un interporto, quello di Nola-Marcianise, nel Centro Nord ne esistono sette (interporti veri, vere eccellenze logistiche).
- Nelle otto Regioni esiste solo un porto transhipment, quello di Gioia Tauro, con una rilevante movimentazione di container.
- La distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord d’Italia e del centro Europa rappresenta un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni.
IL RICORSO A FORME FEDERATIVE PER LA CRESCITA DEL SUD
Di questi punti, il primo, a mio avviso, rappresenta quello che sicuramente costituisce la causa più incisiva di ciò che prima ho definito un folle paradosso perché, in realtà, i consumi delle famiglie del Sud e le attività legate anche a forme di risparmio, sempre delle famiglie, sono sempre più limitati perché nelle varie attività i margini prodotti sono limitati, e inoltre questa crescita della produttività, non trovando adeguati hub logistici, viene gestita da imprenditori del Nord, veri attori chiave nella gestione delle attività logistiche e in questo caso il Prodotto interno lordo (Pil) del Sud si trasforma in Prodotto esterno lordo (Pel), come ho ricordato spesso, del sistema imprenditoriale del Nord.
Ma, insisto, quei dati relativi alla offerta di servizi socio-assistenziali che in Calabria non supera pro capite la soglia di 22 euro e che nella Provincia di Bolzano si attesta su un valore di 540 euro; o il dato relativo alla spesa sociale del Sud di 58 euro pro capite contro una media nazionale di 124 euro, producono un dato che rimane quasi fisso dal dopo guerra a oggi (sì, da oltre settanta anni): il reddito pro capite medio del Sud si attesta su un valore medio di 21.000 euro (negli anni sessanta era di 17.000 euro), mentre nel Nord si attesta su un valore medio di 39.000 euro con soglie superiori ai 42.000 euro.
Di fronte a queste banali considerazioni ho più volte proposto che le otto Regioni del Sud utilizzino il comma 8 dell’articolo 117 della Costituzione che consente il ricorso a forme federative e chiedano al governo, in modo coeso e unitario, con la massima urgenza, di affrontare e risolvere questa assurda discrasia che, da sempre, penalizza la crescita del Sud e, cosa ancor più strana, offre una immagine falsa dello stato socio economico del Mezzogiorno: di un Mezzogiorno che da settanta anni assicura una crescita di altre realtà del Paese.
SERVE UN “ACTION PLAN”
Con questo non voglio assolutamente denunciare il settentrione del Paese di “parassitismo”, voglio solo però fare presente che le azioni del governo devono essere capillari e devono essere caratterizzate da un vero Action Plan, cioè da uno strumento che affronti contestualmente sia le carenze legate ai servizi offerti, sia la costruzione organica di reti e nodi capaci di ridimensionare la distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord e del centro Europa. Lavorando in tal modo, molti, in modo critico, diranno che si ricreano le condizioni definite da Gabriele Pescatore e da Pasquale Saraceno attraverso l’istituzione della Cassa del Mezzogiorno. Io ritengo che aver spento un simile strumento è stato, a tutti gli effetti, un atto incomprensibile e irresponsabile che, secondo il mio parere, ha danneggiato molto di più lo stesso sistema economico e imprenditoriale del settentrione del Paese.
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