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Secondo gli investigatori «contribuiva a dirigere e coordinare il sodalizio, prendendo le decisioni più rilevanti, impartendo ruoli e disposizioni agli altri associati»
REGGIO CALABRIA – Classe 1925, un passato da politico e un presente da “attivista” della ‘ndrangheta. A 92 anni compiuti il primo gennaio scorso Salvatore Giugno è il più anziano tra gli arrestati del maxiblitz della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria (LEGGI LA NOTIZIA). È una figura carismatica nel comune di Careri, dove per tanti, è stato ed è un punto riferimento. Un pensionato con precedenti penali che all’alba di ieri è stato prelevato dalla propria abitazione con l’ausilio dell’ambulanza.
Questo il “curriculum criminale” evidenziato dai magistrati che hanno portato al suo fermo. «Giugno Salvatore, faceva parte del sodalizio quale elemento in posizione apicale – scrivono gli investigatori – contribuiva a dirigere e coordinare il sodalizio, prendendo le decisioni più rilevanti, impartendo ruoli e disposizioni agli altri associati, partecipando alle riunioni con Pelle Antonio e Giuseppe “Gambazza” (padre e figlio), Marvelli Giovanni n.i., Ietto Natale e altri non identificati, per l’attribuzione di doti/gradi di ‘ndrangheta, partecipando direttamente a competizioni elettorali, anche con il supporto dell’intera organizzazione o di parte di essa, ricoprendo altresì la carica di Consigliere Comunale di Careri nel 1972, Assessore per la comunità di Careri (Rc) presso la giunta della Comunità Montana “Medio Jonio Reggino” nel 1981, Consigliere Comunale e Assessore al Comune di Careri nel 1984, ponendosi quale uomo politico di riferimento per il sodalizio criminale a Careri, promuovendo anche in tale veste gli interessi della cosca». Negli ultimi anni a tirare in ballo il suo nome era stato anche un suo compaesano pentito, Rocco Varacalli, che secondo il suo racconto l’affiliazione alla “ndrangheta «fu fatta alla presenza di Salvatore Giugno, capo Locale di Natile e sindaco del paese per 15 anni».
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Nel corso di un interrogatorio del 22 dicembre del 2006 il collaboratore di giustizia sottolinea che «Giugno Salvatore è il capo… è più vicino alle famiglie di Ietto Antonio “Guerrafitta” e di Marvelli». Per Varacalli è il più autorevole di tutti sul territorio.
Poi in un altro interrogatorio, siamo al 29 gennaio del 2007, parla di un cambio al vertice della locale. «Il predetto Antonio Ietto, figlio di Domenico, ha un grado superiore la “Santa”, e attualmente coordina tutta la famiglia Ietto. Da quanto riferitomi da mio zio Pipicella Vincenzo e Cufari Paolo a Torino, il predetto Antonio, stà prendendo o ha preso il posto di Giugno Salvatore, ormai anziano, alla guida della Locale di Natile di Careri». Giugno nutre rancore nei confronti di Varacalli, tanto da definirlo “infamicello di Natile”. La circostanza emerge in un colloquio in auto con Antonio Pietro Ietto, che lo aveva accompagnato all’ospedale di Locri dove era ricoverata la moglie dell’anziano. Durante il dialogo Giugno parla di alcune vicende giudiziarie che lo avevano riguardato e spiegava di essere venuto a conoscenza da «documenti» che «gli sono capitati a mio figlio in mano» che i carabinieri lo avevano attenzionato monitorando i suoi spostamenti e le sue frequentazioni « c’è…visto…nella zona di Siderno, seguito dai Carabinieri… inc…non hanno… non abbiamo potuto accertare amici con… in … amici con…». I dati riportati sembrano ricollegarsi alla istruttoria di un provvedimento di prevenzione a suo carico. Giugno, infatti, il 7 febbraio del 1969 è stato sottoposto alla misura di prevenzione della diffida di pubblica sicurezza. Successivamente, Giugno ribadiva la necessità di circondarsi di persone di fiducia per evitare quanto successogli a causa di «…quel brutto infamicello di Natile là».
Secondo la Dda il riferimento è proprio al collaboratore di giustizia Rocco Varacalli. In merito alle dichiarazioni accusatorie del pentito, Giugno teneva a precisare che non avevano portato a sviluppi processuali poiché non riscontrate da intercettazioni «erano dichiarazioni fatte no, ma non avevano intercettazioni con il telefono». Gli unici elementi a supporto erano invece costituiti da «una relazione fatta da loro… ma non arrivano…alla fine dei conti era… non avevano nessuna prova sicura, era la loro parola quella che andava avanti». Affermazioni queste che fanno chiaramente intendere che le responsabilità di Giugno nell’ambito associativo non sono mai state completamente definite solo per un deficit probatorio.
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