X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

Sul suo corpo sono stati trovate ferite da arma da fuoco e da taglio

AOSTA – Hanno agito a volto coperto, gli hanno sparato diversi colpi d’arma da fuoco, uno dei quali alla testa, e sono fuggiti gli assassini del pregiudicato Giuseppe Nirta, 52 anni, originario di San Luca (Reggio Calabria), già coinvolto nell’operazione Minotauro sulla ‘ndrangheta in Piemonte e in un’indagine sulla criminalità calabrese in Valle d’Aosta.

Lo riportano alcuni giornali spagnoli, in base a quanto riferito da un testimone che ha chiamato il 112, venerdì 9 giugno verso le 22. All’arrivo dei sanitari Nirta era a terra, già morto.

La guardia civil non esclude il regolamento di conti. L’omicidio è avvenuto in un’area interna e rurale di Aguilas (comunità di Murcia), città di 35 mila abitanti che si affaccia sul Mediterraneo e dove Nirta, secondo i media, era conosciuto. Per i carabinieri del Gruppo Aosta e la Dda di Torino, era il “dominus effettivo” della ditta spagnola Flos Florum, con la quale era in affari il Caseificio valdostano di Gerardo Cuomo, amico del pm di Aosta sospeso Pasquale Longarini.

Quando Giuseppe Nirta rientrava in Valle d’Aosta – sempre secondo i carabinieri – l’imprenditore di origini campane Gerardo Cuomo era una delle persone che incontrava per prime. I due si vedevano, di solito ogni uno o due mesi, nella sede dell’azienda di Cuomo, a Pollein (Aosta). Da tempo però Nirta non tornava in Valle. Cuomo aveva smesso di frequentarlo all’inizio del 2016 quando, in base all’ipotesi della procura di Milano, Longarini – che per questo è indagato per favoreggiamento – lo aveva informato di essere intercettato insieme a Nirta nell’ambito di un’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. In base alle dichiarazioni di alcuni pentiti è stato «desunto che il Nirta era ‘ndranghetista, dimorava ad Aosta, era stato spesso in carcere ed era attivo nel settore dei traffici di stupefacenti». Lo si legge nella sentenza della Cassazione che ha annullato con rinvio la sua condanna in secondo grado a tre anni e otto mesi di reclusione e 14 mila euro di multa (in continuazione con una pena inflitta nel 1996) per associazione di tipo mafioso, nel processo seguito all’operazione Minotauro del 2011. Per gli ermellini non è «sufficiente rilevare che il Nirta aveva una base ad Aosta per affermare che egli era attivo nell’ambito della consorteria piemontese e specificamente in quella operante nel Torinese”; infatti non si può in «alcun modo escludere su tali basi che egli operasse in vista degli interessi della ‘ndrina di San Luca di sua provenienza».

In questo senso Nirta, aveva sottolineato il tribunale di Torino che lo aveva assolto in primo grado, «era spesso in viaggio verso la Calabria da dove poi faceva periodicamente ritorno». Proprio in questo contesto – in base alla sentenza di secondo grado, ma non per la Cassazione – Nirta «avrebbe dovuto svolgere il ruolo di officiante nella cerimonia di affiliazione» del figlio di un esponente di una cosca.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE