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Il sindaco di Corigliano Rossano Flavio Stasi intervistato da Massimo Razzi e Maria Francesca Fortunato

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Intervista al sindaco rieletto di Corigliano Rossano Flavio Stasi che non le manda a dire e ribadisce: «Basta con il metodo delle mmasciate»


CORIGLIANO ROSSANO – Ci riceve, in jeans e camicia, in neanche venti metri quadrati d’ufficio. Sulla libreria dietro di lui, le foto delle sue bambine.
No, Flavio Stasi, non è un sindaco né una persona formale. Ha la faccia e il sorriso di uno che a fare questo difficile mestiere, riesce anche a divertirsi. Di certo lo fa seriamente (altrimenti gli abitanti di Corigliano Rossano non lo avrebbero rieletto con il 64,78% per un secondo mandato) e per un paio d’ore, Flavio Stasi ci ha spiegato come l’ha fatto e come vuole continuare a farlo. Soprattutto cercando di far vedere e capire un progetto realizzabile, dando alla gente argomenti per crederci e per sentirsi contenti di essere cittadini del terzo comune della Calabria.

Il presidente Occhiuto è venuto a Corigliano Rossano per far campagna alla sua candidata Pasqualina Straface e ha definito lei un ‘Masaniello’ e un ‘signor no’. A scrutinio finito, cosa manda a dire al governatore?

(Flavio Stasi alza le spalle e sorride)
«Che avrebbe fatto bene a continuare a fare il presidente della Regione più che il segretario di partito. Soprattutto nei confronti di un sindaco che rappresenta un’istituzione. I rapporti istituzionali sono diversi dai rapporti politici e non credo che abbia fatto una bella figura. In ogni caso, siamo tutti maturi abbastanza da superarlo e andare avanti. Quello che mi ha colpito è che sia venuto qui a criticare il sindaco uscente: vantare il proprio candidato ci può stare, criticare il sindaco credo sia sbagliato da parte del presidente della Regione. Per il resto ognuno svolge il proprio ruolo per come lo intende. Evidentemente a lui piace fare più il segretario di partito».

Cinque anni fa correva da outsider. Stavolta da leader. Quanto sono state diverse le due gare corse da Flavio Stasi?

«Più difficile la seconda. Intanto, perché dovevi comunque mandare avanti l’amministrazione. Poi non avevi solo da raccontare quello che farai, ma innanzitutto quello che hai fatto. Noi abbiamo fatto tanto, ma raccontarlo e farlo capire non è mai semplice. Però è stata anche la più bella: il risultato ottenuto gratifica più oggi di cinque anni fa. Per me è la vittoria più bella, anche perché si erano uniti tutti contro di me».

Quale delle cose fatte, secondo lei, ha contribuito in particolare a farla vincere?

«In generale quello che ha colpito la gente è stata la presenza, l’attenzione dimostrata ad ogni angolo della città. E poi, una prospettiva che prima non c’era. Un’idea vera in cui potersi rivedere per sviluppare i centri storici e per Schiavonea e Sant’Angelo. Si era fermi in una piazzola di sosta da trent’anni, ora c’è una strada tracciata, che stiamo percorrendo».

Cinque anni fa vinceva con le sue liste, ora ha una coalizione ampia compresi tre partiti, uno dei quali il Pd, con il quale in passato ha avuto rapporti non sempre idilliaci. La cosa non la preoccupa?

«Credo sia stato un gesto di maturità unirsi alla nostra coalizione civica da parte di alcuni partiti. Non mi preoccupa per il semplice fatto che credo sia ben chiaro che a vincere è stato il progetto e il progetto viene prima di tutto. Del resto lo abbiamo detto anche in questi cinque anni. In generale trovo che ci sia armonia, i programmi sono stati condivisi, non credo ci saranno problemi. Inoltre il bello di questa coalizione è che ha riannodato tanti fili che erano stato recisi. Tante figure che si erano scollate, gente che non voleva fare più politica, che aveva lasciato i partiti, in questa coalizione si è ritrovata. È stata la ricomposizione di un tessuto politico ed è una cosa bella».

Varie analisi incoronano Flavio Stasi futuro leader del centrosinistra calabrese. Se dovessero proporle, tra due anni e mezzo, la candidatura a presidente della Regione per la coalizione, cosa risponderebbe?

«Lavorare politicamente per il rilancio del centrosinistra? Perché no? Ma non come candidato: faccio il sindaco e continuerò a fare il sindaco».

La questione Baker Hughes al porto di Corigliano ha inciso sulla campagna elettorale?

«Non credo abbia influito tanto. È una vicenda sentita soprattutto in alcuni ambienti di Schiavonea. Ma lì penso abbia inciso, a nostro favore, il lavoro fatto in questi anni».

Al caso Baker Huges si riferiva chiaramente il governatore Occhiuto, quando l’ha chiamata signor no. Lì ora cosa accade?

«Per me l’autorizzazione unica che hanno non è valida, perché non è supportata da un’apposita conferenza dei servizi. Ho chiesto più volte di ritirarla, per evitare di ritrovarsi con un mio ricorso. Non è mai bello che un’istituzione faccia ricorso contro un’altra istituzione. Politicamente parliamo senza dubbio di un investimento molto serio, ma va fatto fuori dalla delimitazione portuale. Non occupando la banchina o almeno occupandola parzialmente, non con 10mila metri quadrati».

Si può fare?

«Deve convenire a Baker Hughes, che deve fare un investimento diverso. Io l’ho trovata un’azienda seria. Penso che l’errore sia stato l’interlocutore: se parli con l’autorità di sistema portuale, certo non ti proporrà di stare fuori dal porto».
Si può tornare indietro?
«Dipende da Baker Hughes».

Ma vale la pena rischiare di perdere un finanziamento come questo?

«Il ricorso non è una scelta. Se la procedura è sbagliata, è una questione di tutela della trasparenza proporre ricorso. Perché oggi è Baker Hughes, azienda seria e affidabile. Domani, magari, è un “prenditore” internazionale o speculatore che fa la stessa cosa. Non si può correre il rischio di creare un precedente. Il tema della procedura, l’ho spiegato più volte al presidente della regione, è svincolato dal merito. Così come l’assenza di pianificazione non è un cavillo burocratico, ma un tema politico serio, il più serio di tutti. La pianificazione è tutto nel governo serio delle cose. Come fai a vincolare 10mila metri quadrati senza pianificazione?»

Quando lei dice questo al presidente Occhiuto, lui cosa risponde?

«Non entra nel merito. Dice: ‘però Baker Hughes deve venire’. Poi in campagna elettorale mi è stato detto: in questi anni abbiamo fatto la stazione marittima in cui c’è l’autorità di sistema. Quattrocento metri quadrati, con una palazzina. A parte l’aver sbagliato a farlo, ma una cosa è andare in deroga su un intervento di 400 metri quadrati, altro è vincolare 10mila metri quadrati di banchina principale, stravolgendone l’indirizzo. Come fai a farlo senza pianificazione? Significa abdicare al tuo ruolo di governo».

Cinque anni fa veniva eletto primo sindaco di Corigliano Rossano. Questi cinque anni sono serviti a creare la città unica. A che punto è il percorso? Cosa manca ancora?

«Le elezioni ci hanno dato la cosa più importante che mancava, ovvero l’unità. In questi cinque anni, e ancora in campagna elettorale, hanno cercato sempre di spaccare la comunità. Anche in campagna elettorale, un’argomentazione era ‘Flavio Stasi è di Rossano’. Siccome però io per cinque anni sono stato il sindaco di Corigliano Rossano, credo che il risultato abbia parlato chiaro. Abbiamo vinto ovunque, anche a Cantinella che doveva essere un feudo del centrodestra. Sotto il profilo, invece, più istituzionale, abbiamo soltanto avviato il percorso dei municipi, che ora intendiamo portare a termine. E poi con la ripresa del palazzetto di Insiti, che era stato occupato abusivamente, credo si possa finalmente iniziare a dare vita al centro direzionale della città».

C’è un’altra città unica che potrebbe nascere, quella di Cosenza Rende Castrolibero. Un territorio che conosce bene, visto che ha studiato all’Unical. Che consiglio darebbe Flavio Stasi ai promotori, partendo dalla sua esperienza?

«Di preparare bene le cose, perché non è stato facile. Ma non per il sindaco pro tempore, proprio per la città. Avere, per un certo periodo di tempo, uffici doppi, procedure doppie non è semplice. Su alcune cose, penso alla toponomastica, dobbiamo ancora intervenire».

E se dovesse darlo ai cittadini/elettori di Cosenza-Rende-Castrolibero un consiglio sulla fusione? Vale la pena sempre?

«Sempre no. Per noi è valsa la pena, pur con difficoltà. Bisogna vedere anche come sono messi gli enti dal punto di vista economico».

Appena rieletto, a rovinarle la festa ci si è messa Sorical. Com’è la situazione? Non dovevamo essere in una nuova stagione di gestione dell’idrico?

«Sorical è un disastro. Non è in grado di gestire le adduttrici, un decimo del lavoro che dovrebbero fare se annettessero pure gli acquedotti comunali. Ma l’acquedotto della città di Corigliano Rossano, sia chiaro, a Sorical non lo do neanche se vengono con i carri armati, perché non sono nelle condizioni di gestire tre adduttrici, figuriamoci altro. È un disastro. O la Regione ci mette le risorse e interviene sulle adduttrici, oppure è inutile. Noi siamo costretti a ragionare su come renderci autonomi da Sorical, pensate un po’. I cittadini non ce la fanno più. Abbiamo aumentato la dotazione, ci siamo fatti un’adduttrice da soli e doveva essere compito di Sorical. Ma almeno assicurassero la manutenzione delle loro strutture. Se Sorical non ha le risorse per rifare venti chilometri di adduttrice, perché pensare di poter acquisire gli acquedotti comunali? La Sorical è un disastro, ripeto».

Ma non dovrebbe essere il braccio operativo della nuova autorità idrica?

«In queste condizioni è il braccio operativo della siccità. Il presidente pensa basti cambiare nomi – ai Consorzi, all’autorità idrica – per far funzionare le cose. Ma non basta, anzi: il Consorzio e Sorical peggiorano. Servono risorse e riorganizzazione».

Sarà un’estate difficile, allora, per quanto riguarda l’acqua?

«Le estati sono sempre difficili. Io spero di no, perché il Comune ha fatto tanto. Ma è chiaro che se la Sorical interrompe una volta a settimana la fornitura, in alcune zone diventa difficile. Io sono più sereno per le zone in cui non c’è Sorical, ma la fornitura è assicurata dagli impianti idrici comunali, che non sono pochi, ma oltre cento. Non coprono però tutto il territorio: in alcune zone, dal momento che sono servite da Sorical, non li abbiamo realizzati».

In campagna elettorale ha detto che votare per Flavio Stasi significa anche votare contro un metodo, quello delle ‘mmasciate. A cosa si riferiva? In questa campagna ha registrato qualcosa di particolare?

«Mi riferivo al generico sistema del ‘cosa ti serve?’. Io alla mia gente non ho mai chiesto ‘cosa ti serve?’. Questo è successo anche e soprattutto nell’azienda sanitaria. Posso dirlo con chiarezza. Da un lato c’è una totale inefficienza dei servizi sanitari, dall’altro i servizi sanitari sono stati utilizzati spesso in questa fase per la creazione di consenso. Con metodi discutibili che, credo, potranno anche essere valutati in altre sedi».

Giovedì c’è stata la conferenza dei servizi sul nuovo tracciato della Ss 106. Com’è andata?

«Intanto io avevo chiesto, visto il turno elettorale, un differimento che non ci è stato accordato. Lo ritengo inqualificabile sotto il profilo istituzionale. Credo che Anas volesse esautorare il ruolo delle istituzioni, approfittando di un momento di ‘distrazione’ elettorale. Per il resto, ho formulato un parere vincolato ad alcune prescrizioni, tra cui il viadotto di Corigliano (che a mio avviso deve essere superato), l’incompatibilità con l’ammodernamento della Sp 195 di Insiti, l’ottimizzazione degli espropri e la copertura finanziaria dell’intera opera. Loro dicono che il costo è di 975 milioni ma da più parti, compreso il Consiglio Superiore dei lavori Pubblici, sostengono che il costo non sia ben definito. Se il costo dunque non è 975 milioni, ma, ad esempio, un miliardo e mezzo, che fai? Realizzi metà? A noi non sta bene. Per la città il rapporto corretto tra l’impatto e i benefici è sull’intera tratta».

Oltre alla questione dei costi, sulla 106 c’è un problema di tempi. L’associazione ‘Basta vittime sulla statale 106’ continua a dirsi preoccupata, perché ritiene che le scadenze annunciate non saranno rispettate anche per la questione degli espropri. Condivide questa preoccupazione?

«Questi problemi ci sono. Noi come Comune lo abbiamo fatto presente, sia come osservazione al piano particellare degli espropri, che è approssimativo, sia ieri in conferenza dei servizi. Il piano espropri non è ottimizzato, a tratti è sbagliato, perché prevedono espropri di terreni già espropriati. E c’è il tema dei costi. Una cosa è espropriare un terreno abbandonato, altra è espropriare un terreno con colture di pregio».

Parliamo dei trasporti pubblici. È paradossale che la terza città della Calabria sia pressoché isolata. Qual è lo scenario?

«In prospettiva c’è la realizzazione della lunetta di Sibari».

Su cui il suo collega sindaco di Cassano pone delle obiezioni.

«In conferenza dei servizi ha detto che per lui hanno sbagliato il percorso. Non entro nel merito delle sue argomentazioni, ma, con il massimo rispetto degli altri territori, dico che la lunetta per noi è irrinunciabile. Se poi dopo trent’anni ci fanno anche la grazia dell’elettrificazione della linea ferroviaria, forse riusciamo a garantire dei collegamenti. Poi c’è il tema, più importante, dell’alta velocità, con il nodo di Tarsia».

Lì però i giochi sembrano fatti.

«Io non ci rinuncio. Se l’area jonica e la Valle del Crati perdono questa chance, la perdono per sempre. Non è una cosa contro il Tirreno, loro hanno una linea che rimane».

A che punto è il nuovo ospedale della Sibaritide? Voi sindaci siete stati coinvolti?

«Fino all’avvio della campagna elettorale siamo stati coinvolti. Poi è diventato un affare politico, usato anche in maniera maldestra. Io credo che i problemi non siano stati superati e sono preoccupato. La questione del project financing continua a essere sottovalutata: non è possibile impegnare più soldi, se c’è un project financing. E se notate, quando annunciano risorse, spariscono e ricompaiono. Io ho sempre detto al presidente che, a mio avviso, avrebbe dovuto chiudere la questione del project financing e far realizzare solo l’ospedale e affidarne la gestione all’azienda sanitaria. In ogni caso, i lavori non termineranno certo entro il 2026 come dice il presidente. Prima del 2028 non se ne parla».

Ecco un ritaglio del Corriere della Sera del 1887. Già allora si parlava di incendi dolosi come metodi di ritorsione o intimidazione. Oggi è fenomeno che si ripresenta con frequenza allarmante. Qual è la sua analisi?

«Di base credo ci sia una difficoltà nel controllo del territorio. Non per demerito delle forze dell’ordine ma di chi continua a non capire che qui servono più uomini vista l’estensione del territorio. Chiaro che questo ha generato una sensazione di abbandono in un’area in cui sono presenti importanti interessi economici: lavoro e aziende».

Questo tipo di atti ha sempre un obiettivo preciso o è una modalità per trasmettere segnali?

«È stato tema di discussione al tavolo di coordinamento della sicurezza alcuni anni fa. Non sempre hanno un indirizzo preciso, il punto però è capire che non sempre non significa mai. Se non riesci a colpirli quando c’è un obiettivo preciso, tutto il resto è una conseguenza».

Quali saranno le azioni che ha in mente per i primi fatidici cento giorni?

«Avviare le pianificazioni che non sono partite nel precedente mandato. Ora, per fortuna, abbiamo un respiro lungo: cinque anni fa c’era da definire la fusione, per poi lavorare in prospettiva. Invece è arrivato il Covid. Oggi finalmente possiamo lavorare sulle pianificazioni più complesse. Penso al piano attuativo del Psa, alla pianificazione del water front e del retrospiaggia, al piano del commercio. Cose che richiedono tanto lavoro e tanto tempo: vorrei avviarli subito».

Torniamo al discorso che faceva prima sul metodo della ‘mmasciata, che gli elettori, dice, hanno bocciato votando lei. I cittadini ora dalla sua amministrazione cosa si aspettano?

«Che continuiamo con il miglioramento della città, con le cose che hanno visto e che hanno percepito. In cinque anni sono stati migliorati i servizi essenziali, innanzitutto: abbiamo portato il metano a Cantinella, ad esempio. Credo anche che i cittadini aspettino che si prosegua un racconto nuovo di città. I grandi eventi culturali e sportivi, di rilievo nazionale e internazionale, il premio della legalità che abbiamo ricevuto per aver demolito i lidi abusivi, il primato raggiunto per fondi Pnrr intercettati: i cittadini vogliono continuare a vedere che la propria città è una città virtuosa e che non è periferia della periferia. Io dico una cosa. La ‘mmasciata ti dà uno e te lo dà subito. La non ‘mmasciata ti dà zero subito, ma ti restituisce cinque, dieci, dopo un po’. La gente ha capito che l’uno subito non serve a nulla».

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