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La rete attraverso la quale sono passati i killer

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CATANZARO – Due possibili moventi hanno mosso la mano degli assassini dell’avvocato Francesco Pagliuso, freddato nel cortile di casa, mentre stava scendendo dall’auto, la sera del 9 agosto 2016. (LEGGI) 

Due possibili moventi, alternativi (l’uno o l’altro) ma che riconducono entrambi alla pista dell’agguato commesso da gente della malavita organizzata, anche su commissione. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, sta lavorando assiduamente e con piglio per assicurare alla Giustizia, i colpevoli dell’efferato crimine. Un omicidio premeditato e preparato nei minimi dettagli. Un omicidio che, però, a distanza di dieci mesi dall’esecuzione, continua a presentare un lato misterioso. E anche, per questo non possiamo escludere colpi di scena, al momento della soluzione del caso.

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Un alone di mistero percepito anche dagli stessi inquirenti, che, pur se indirizzati su due ipotesi investigative prevalenti, continuano a lavorare a largo raggio, non tralasciando altre direzioni. La procura distrettuale e i carabinieri stanno utilizzando nelle indagini sofisticate attrezzature, al fine di scovare il minimo indizio utile.

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C’è fiducia negli uffici della magistratura inquirente e dei militari dell’Arma, che certamente non stanno brancolando nel buio. Il sostituto procuratore Dda, Elio Romano ed il procuratore aggiunto, Giovanni Bombardieri, vengono costantemente aggiornati sui piccoli passi avanti delle indagini, ritenute fino a qualche mese fa, un “rompicapo”.

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Il Quotidiano, ad ottobre, sessanta giorni dopo il delitto, ha pubblicato le foto, di una precedente intrusione notturna, nella villa dove abitava il noto legale lametino. Un’intrusione avvenuta il 22 aprile del 2016, circa quattro mesi prima dell’agguato: due uomini travistati, ripresi dalle videocamere esterne, penetravano all’interno della recinzione della casa, per poi uscirne subito.

L’avvocato Pagliuso, però, notato l’episodio, non dà una valenza particolare all’accaduto, che non viene neppure denunciato. A fine luglio, quindi, una seconda tentata intrusione nel cortile dell’abitazione del penalista: il giardiniere nota che qualcuno aveva tagliato la rete di recinzione, dov’era stato praticato un varco a forma di quadrato, di 60-70 centimetri per lato. La recinzione veniva fatta riparare dall’avvocato.

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Ciò si verificava una decina di giorni prima dell’omicidio. La stessa cosa si è verificata la sera dell’assassinio: il killer è entrato nel giardino della casa praticando un altro taglio quadrato alla rete metallica, proprio simile al precedente. Il sicario, una volta dentro il cortile, ha atteso che il legale arrivasse a bordo della sua automobile, entrando in azione mentre la vittima stava per scendere dalla macchina. In quei terribili istanti l’avvocato Pagliuso era solo. Chi indaga è sempre più convinto che l’esecutore materiale del delitto, abbia avuto almeno un complice sulla scena del crimine o nelle immediate vicinanze.

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