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La motivazione è «pericolo di fuga»: respinta la richiesta dei domiciliari per Maysoon Majidi. Ravvisate contraddizioni nella versione dell’attivista. La difesa annuncia un’altra istanza


CROTONE – Resta in carcere per pericolo di fuga Maysoon Majidi, l’attivista iraniana 28enne accusata di essere una scafista. La gip del Tribunale di Crotone Elisa Marchetto ha respinto una nuova istanza di concessione dei domiciliari che era stata avanzata dal difensore, l’avvocato Giancarlo Liberati, all’esito di un lungo interrogatorio, non ravvisando elementi di novità. Nel provvedimento viene richiamato il parere contrario della pm Rosaria Multari fondato su una serie di elementi discordanti tra la versione dell’indagata e le risultanze della guardia di finanza che ha condotto le indagini sullo sbarco del 31 dicembre scorso.

L’INQUINAMENTO PROBATORIO E IL PERICOLO DI FUGA CHE NON HA CONSENTITO I DOMICILIARI ALL’IRANIANA MAYSOON

La pm rileva, tra l’altro, il pericolo di inquinamento probatorio per il fatto che «siano stati contattati fuori dal procedimento penale» i due migranti che potrebbero testimoniare a favore di Maysoon. Nel provvedimento si parla di testimonianze raccolte «irritualmente», ma è appena il caso di precisare che i testi secondo la polizia federale tedesca irreperibili, tanto da rendere vano l’incidente probatorio, sono stati rintracciati facilmente dalla difesa e negano che l’attivista fosse una trafficante. Uno è addirittura ospite di un Centro per migranti gestito dallo Stato tedesco.

Inoltre, la gip ritiene che non vi sia certezza della provenienza e della data di registrazione del cliccatissimo video su Instagram prodotto dalla difesa che documenta che l’attivista era sopra coperta insieme ai migranti, in quanto si tratta di fotogrammi estrapolati.
Il pericolo di fuga è desunto dalla pm dal fatto che l’indagata avrebbe già tentato di allontanarsi, subito dopo lo sbarco, e potrebbe eludere la detenzione domiciliare per raggiungere la Germania dove si trovano i suoi familiari.

LE CONTRADDIZIONI NEL RACCONTO DI MAYSOON

La pm rileva, inoltre, una serie di contraddizioni nel racconto della donna che, tra l’altro, ha affermato di aver conosciuto il capitano dell’imbarcazione, Ufik Akturk, a bordo e di aver fornito un solo numero di telefono al coindagato. Nella memoria del telefono di Akturk, che ammette di essere stato il comandante (ma scagiona la donna), gli inquirenti hanno rinvenuto due numeri dell’attivista e rilevano che avrebbero tentato di fuggire insieme. Non risulta che sia stata mai venduta la casa del padre dell’indagata al fine di reperire i soldi per pagare la traversata. Non risulterebbe agli inquirenti che l’indagata abbia versato somme per sostenere il viaggio.

Altro elemento contraddittorio, secondo l’accusa, è che l’attivista ha riferito di essere arrivata in Turchia con un’auto della polizia ma da video e foto risulta che abbia preso un pullman e un taxi. Inoltre, da alcuni video sarebbe stata notata insieme al fratello “in prossimità” del comando della nave.
L’avvocato Liberati non demorde e annuncia una nuova istanza di scarcerazione.

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