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Roma, 31 mag. (askanews) – L’economia dell’Italia “è quella con la minore crescita del prodotto per abitante nell’ultimo quarto di secolo”, ma “non siamo condannati alla stagnazione”, negli ultimi anni sono migliorate redditività e posizioni patrimoniali delle imprese e “guardando al futuro, l’economia italiana potrà conseguire ritmi di sviluppo sostenuti se saprà, da un lato, affrontare le conseguenze del calo e dell’invecchiamento della popolazione e, dall’altro lato, imprimere una decisa accelerazione alla produttività”. Lo ha affermato il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nelle considerazioni finali alla Relazione annuale.
“Nell’area dell’euro, l’economia italiana è quella con la minore crescita del prodotto per abitante nell’ultimo quarto di secolo. La produttività del lavoro è rimasta ferma; solo nel 2023 – ha rilevato – gli investimenti sono tornati a superare il livello precedente la crisi finanziaria, mentre le ore lavorate totali non lo hanno ancora recuperato. L’evoluzione dei salari ha riflesso il ristagno della produttività: i redditi orari dei lavoratori dipendenti sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania”.
“Non siamo tuttavia condannati alla stagnazione. La ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area. Contrariamente a quanto avvenuto in episodi di crisi del passato – ha osservato il governatore – è stata intensa anche nel Mezzogiorno. Tra il 2019 e il 2023, in una fase di forti turbolenze, il Pil italiano è cresciuto del 3,5 per cento, contro l’1,5 della Francia e lo 0,7 della Germania;
lo scarto è maggiore in termini pro capite. L’occupazione è aumentata del 2,3 per cento, quasi 600.000 persone, trainata dalla componente a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione è sceso di 2,3 punti percentuali, pur restando alto, al 7,7 per cento”.
Secondo Panetta “la ripresa è stata alimentata da una forte espansione degli investimenti, sostenuta anche da incentivi fiscali. Sono cresciuti molto più che nella media degli altri principali paesi europei non solo gli investimenti in edilizia, favoriti da agevolazioni generosissime, ma anche quelli in macchinari e beni intangibili, che riflettono l’avanzamento tecnologico e le attese circa l’evoluzione futura della domanda”.
Nel Frattempo “le esportazioni di beni sono aumentate del 9 per cento, più della domanda estera potenziale, grazie ai miglioramenti di competitività di costo e di qualità conseguiti negli ultimi anni e alla diversificazione per settore e mercato di sbocco. In Germania esse sono rimaste sostanzialmente stabili, in Francia sono diminuite. Una volta riassorbito il peggioramento delle ragioni di scambio dovuto allo shock energetico, il saldo della bilancia commerciale è tornato rapidamente positivo. Il nostro paese è oggi creditore netto nei confronti del resto del mondo per 155 miliardi di euro, il 7,4 per cento del Pil; dieci anni fa la nostra posizione estera netta era debitoria per il 23 per cento del PIL e costituiva un elemento di vulnerabilità”.
“L’economia italiana ha certo beneficiato a lungo di politiche monetarie e di bilancio espansive. Ma ha tratto vantaggio anche dal processo di ristrutturazione del tessuto produttivo. Nell’ultimo decennio – ha messo in rilievo Panetta – sono migliorate la redditività e la posizione patrimoniale delle imprese8 . È inoltre cresciuto il peso delle aziende più grandi, che possono cogliere meglio i benefici della tecnologia e dell’internazionalizzazione”.
“Nell’industria e nei servizi privati non finanziari si è registrato un significativo, ancorché insufficiente, incremento di produttività. Escludendo il comparto dei mezzi di trasporto, la nostra manifattura è oggi la più automatizzata tra le principali economie dell’area dell’euro: nel 2021 in Italia vi erano 13,4 robot ogni 1.000 addetti, contro 12,6 in Germania e 9,2 in Francia10. Dal 2019 le imprese industriali hanno raddoppiato, al 17 per cento, la quota degli investimenti in tecnologie digitali. Il ritorno all’accumulazione di capitale e la capacità di affermarsi sui mercati internazionali sono incoraggianti segnali di forza, che vanno consolidati”, ha proseguito il governatore.
Guardando al futuro, l’economia italiana “potrà conseguire ritmi di sviluppo sostenuti se saprà, da un lato, affrontare le conseguenze del calo e dell’invecchiamento della popolazione e, dall’altro – ha detto – lato, imprimere una decisa accelerazione alla produttività”.
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