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“Pericoloso per utenti e lavoratori”, definiscono così il bando regionale sulla salute mentale gli operatori delle coop sociali
NUOVE proteste per il bando di gara regionale da circa cento milioni di euro sulla gestione della salute mentale. Dopo la presa di posizione di Cgil, Cisl e Uil, a scendere in campo sono Michele Plati, per conto di Federsolidarietà Confcooperative Basilicata, Katia Bellomo per Legacoop sociali Basilicata e Pancrazio Gagliardi per Agci Impresa Sociale di Basilicata.
“A un passo dalla conclusione dell’iter di accreditamento delle strutture socio-sanitarie – scrivono in una nota -, mentre il Tar Basilicata ribadisce la necessità della conclusione dell’iter di accreditamento, la Regione Basilicata, in spregio a qualsiasi tipo di interlocuzione e di confronto, decide di pubblicare una gara che distrugge con un tratto di penna storie, esperienze, competenze professionalità».
I tre rappresentanti della cooperazione sociale, “a nome di Federsolidarietà Confcooperative Basilicata, Legacoopsociali Basilicata e Agci Sociale, a nome delle centinaia di cooperatori, degli utenti e delle loro famiglie», esprimono “con forza il disappunto e le nostre perplessità, facendo nostro con convinzione il grido di allarme lanciato da Cgil, Cisl e Uil. Il bando di gara per l’affidamento in gestione dei servizi assistenziali, terapeutico riabilitativi e socio riabilitativi per utenti psichiatrici presso le strutture residenziali e semiresidenziali della Regione Basilicata è un bando pericoloso. Fermatevi”.
Federsolidarietà Confcooperative Basilicata, Legacoopsociali Basilicata e Agci Sociale spiegano: “Sembra incredibile, ma la Regione Basilicata è tornata indietro di 50 anni decidendo di procedere al bando di una “gara monstre” da 100 milioni di euro per un servizio delicato come quello della gestione degli utenti psichiatrici che potrebbe finire in mano a colossi for profit, come se nulla fosse. Mortificato il lavoro di oltre tre decenni di chi ha garantito gran parte dei servizi residenziali per la salute mentale in Basilicata: sacrifici, formazione, esperienza, investimenti, tutto gettato al macero con quello che sembra essere un “gesto burocratico”. Sembra incredibile – proseguono -.
Centralizzando la gestione di tutte le strutture della Basilicata su un unico nodo (“la ditta aggiudicataria”), viene meno la possibilità di un confronto o competizione sulla qualità del servizio. Peggio ancora se tutti i lotti, come ipoteticamente possibile in base ai documenti di gara, vengano aggiudicati a una sola “ditta” senza alcun radicamento territoriale”.
Plati, Bellomo e Gagliardi evidenziano che «la gara, nella sua complessità, si configura come una vera e propria pianificazione-programmazione dei servizi residenziali e semiresidenziali per la salute mentale. Tutto questo in assenza di un Piano regionale per la salute mentale, senza alcun confronto con nessuno, con i territori, con gli utenti, con le cooperative, con lo stesso Consiglio regionale, maggioranza e opposizione, letteralmente con nessuno”.
Non solo. “In presenza di un labirinto normativo locale che in questi anni ha creato confusione e rallentato le procedure amministrative per l’accreditamento delle strutture – aggiungono -, i documenti di gara in più punti contrastano con la stessa normativa regionale in materia di strutture socio-sanitarie e, cosa più importante, ignorano criteri e requisiti stabiliti da deliberazioni della Giunta e del Consiglio regionale. Si cita la delibera 1218 una volta chiamandola legge regionale e un’altra volta definendola delibera, stravolgendone il contenuto, e trattandola come un noioso orpello del quale liberarsi. Il rischio di una “recrudescenza di inaccettabili tentazioni manicomiali” – come a più riprese e in più occasioni hanno sottolineato i sindacati – è evidente nella misura in cui le attività socio-riabilitative sono soltanto formalizzate su carta, ma nella sostanza si riducono ad attività assistenziali e alberghiere”.
Per Federsolidarietà Confcooperative Basilicata, Legacoopsociali Basilicata e Agci Sociale “occorre ribadire con forza – e sembra incredibile doverlo fare – che le persone con problemi psichiatrici non sono oggetti-merce. La riabilitazione, l’emancipazione delle persone da condizioni di dipendenza a condizioni di vita migliori, è un processo di relazioni. Una residenza attrezzata per persone con problemi di salute mentale è un mezzo, non un fine. Il fine è l’emancipazione di quelle persone, la possibilità di garantire loro una vita più possibile dignitosa. Ma occorre anche coerenza tra mezzi e fini.
Senza mezzi adeguati a uno scopo lo scopo diventa velleitario e produce costi inutili di lunga durata. È accaduto in Basilicata in tutti questi anni – sottolineano -. È stato possibile garantire le residenze grazie ai sacrifici della cooperazione sociale. Oggi si è costretti a ulteriori risparmi. Bene: si riducano le pretese, si rendano possibili gli obiettivi che siano coerenti con le risorse nel quadro di una pianificazione regionale che contempli il sistema degli accreditamenti: l’unico sistema civile a cui oggi si può ricorrere. Che fare? Manca poco alla conclusione delle procedure per l’accreditamento. Si usi questo tempo – concludono – per accelerarle e si metta un freno alla ‘follia’ della gara così fatta”.
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