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Milano, 15 mag. (askanews) – Gerusalemme è stata abitata ininterrottamente per migliaia di anni, fungendo sia da centro di importanza religiosa sia da centro del potere per diversi regni, ma nonostante il vasto numero di testi storici sulla città sussistono ancora numerose lacune nella sua cronologia assoluta. I ricercatori del Weizmann Institute of Science, in collaborazione con un team di archeologi del sito archeologico della Città di David, a Gerusalemme, la Israel Antiquities Authority e l’Università di Tel Aviv, sono però riusciti recentemente a tracciare una cronologia dettagliata della Gerusalemme dell’età del ferro, corrispondente al periodo in cui la città fungeva da capitale del biblico Regno di Giuda. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, USA (PNAS). Nonostante tutto il materiale reperibile su Gerusalemme, lo studio della sua età del ferro si è rivelato molto impegnativo in termini di cronologia assoluta: è, infatti, un processo che implica l’individuazione di date esatte o di periodi temporali a cui appartengono le diverse prove archeologiche in contrapposizione a una cronologia relativa, che stabilisce l’ordine degli eventi basandosi su similitudini architettoniche o su prove ceramiche in altri siti.
Parte di questa sfida davvero impegnativa è un fenomeno noto come Plateau di Hallstatt, che è legato a una particolare interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre nel periodo in questione e che interferisce con l’uso della datazione al radiocarbonio, il gold standard per determinare l’età di qualcosa. Questo fenomeno fa sì che per l’età del ferro, la datazione radioattiva, invece di indicare l’età specifica di un oggetto, generi un grafico con un’area piatta per l’intervallo tra l’VIII e il V secolo a.C. Pertanto, la datazione al radiocarbonio generalmente non è accurata relativamente a questo intervallo temporale, rendendo il superamento del Plateau di Hallstatt una delle più grandi sfide per gli studi archeologici dell’ultima parte dell’età del ferro.
Di conseguenza, gli archeologi che hanno esplorato la Gerusalemme dell’età del ferro si sono sempre basati in prevalenza sui testi biblici e storici e sullo studio della ceramica, piuttosto che sulla datazione al radiocarbonio. Inoltre, il suo mix di architetture e l’essere stata ininterrottamente abitata per più di 4.000 anni hanno reso Gerusalemme una sorta di fusione di costruzioni di epoche diverse: è, infatti, una città che ha visto numerose guerre, distruzioni e ricostruzioni, con conseguenti aree urbane estese e complesse costruite sulle rovine di ciò che le aveva precedute. La combinazione di tutti questi elementi ha generato numerose lacune nei processi di ricerca votati a stabilire una cronologia assoluta della Gerusalemme dell’età del ferro e per colmarle sarebbe, appunto, necessario riuscire ad aggirare le difficoltà di datazione legate al Plateau di Hallstatt. Fortunatamente, i ricercatori del Weizmann sono riusciti a fare proprio questo utilizzando la micro-archeologia, un campo relativamente nuovo nell’ambito delle scienze archeologiche, da loro sviluppato. Questo approccio si concentra sull’esame attento dei pezzi di prove che si sono accumulati nei siti, utilizzando strumenti scientifici con un livello di cura e attenzione quasi forense.
‘Si tratta di comprendere a fondo la connessione tra i materiali da datare e gli strati con tracce di occupazione umana o materiale da costruzione: ed è così che abbiamo potuto applicare il metodo della micro-archeologia’, ha affermato la professoressa Elisabetta Boaretto, direttrice della Weizmann’s Scientific Archeology Unit. Sviluppata negli anni ’40, la datazione al radiocarbonio funziona misurando il radiocarbonio (carbonio-14 o 14C) in un dato oggetto. Il radiocarbonio viene costantemente prodotto nell’atmosfera e diventa parte del ciclo del carbonio. Questi atomi vengono assorbiti nei tessuti della materia organica come quella delle piante, degli animali e degli esseri umano, ma quando l’organismo vivente muore, smette di assorbire il radiocarbonio. Il 14C subisce un decadimento radioattivo, trasformandosi in azoto-14. Poiché il radiocarbonio ha un tasso di decadimento noto, i ricercatori possono utilizzare il numero di atomi di 14C rimanenti per determinare l’età di qualcosa. Recandosi nei siti di scavo di Gerusalemme, Boaretto, insieme alla dottoressa Johanna Regev, ha potuto effettuare più di 100 misurazioni del radiocarbonio su materiale organico, con una prevalenza di semi carbonizzati. ‘Dobbiamo essere in grado non solo di raccogliere dal sito materiale come semi, ossa o carbone, ma di identificare il contesto, come, ad esempio, il luogo in cui i semi sono stati bruciati’, afferma Boaretto. ‘Raggiungiamo questo obiettivo con i metodi che abbiamo sviluppato nel corso degli anni, utilizzando gli strumenti analitici che abbiamo in Weizmann e che portiamo con noi anche sul campo. In questo modo possiamo andare oltre l’analisi archeologica standard di un sito’.
Successivamente, i ricercatori hanno separato il materiale originale dai contaminanti e hanno effettuato misurazioni multiple del radiocarbonio presso il Weizmann’s Dangoor Research Accelerator Mass Spectrometry (D-REAMS) Laboratory per ottenere il massimo livello di accuratezza e precisione nella datazione. ‘Conosciamo come si è formato il sito, quindi quando raccogliamo semi o campioni di malta a esso relativi, possiamo essere sicuri se fossero o non fossero lì quando il sito è stato costruito. E ciò significa che partendo da ciò possiamo datare il sito stesso’, ha continuato.
Il superamento del Plateau di Hallstatt è stato reso possibile anche grazie all’aiuto di 100 anelli di alberi con datazione da calendario, parte di noti archivi. La datazione degli anelli degli alberi, nota anche come dendrocronologia, si basa sul fatto che fino alla sua morte un albero cresce di un anello ogni anno. Più anelli ha un albero, più è vecchio. Combinando questo tipo di dato con il metodo del radiocarbonio, i ricercatori sono stati in grado di ottenere una determinazione più precisa e dettagliata della concentrazione di radiocarbonio nell’atmosfera durante il periodo di interesse, processo che ha contribuito anche a creare una cronologia assoluta. In particolare, questo studio è stato reso possibile da un esperimento organizzato dal dotto. Lior Regev presso D-REAMS, l’acceleratore dedicato alla ricerca di Weizmann.
L’esistenza di due eventi storici avvenuti in date ben stabilite – la distruzione di Gerusalemme da parte dei babilonesi nel 586 a.C. e il terremoto dell’VIII secolo a.C., con le successive opere di ricostruzione – ha contribuito a fornire ulteriori informazioni sul comportamento del radiocarbonio nell’atmosfera. I ricercatori hanno notato differenze tra il radiocarbonio nel materiale della regione rispetto alla concentrazione misurata negli anelli degli alberi europei e americani nello stesso periodo. Queste differenze – quando, cioè, i dati del radiocarbonio non corrispondono a come pensiamo dovrebbero essere, grazie agli anelli degli alberi – sono chiamare ‘offset’ e comprenderle può essere di fondamentale importanza per gli scienziati che studiano il clima e l’atmosfera, così come per le cronologie archeologiche.
Il più grande risultato dello studio è stato il successo nel creare una cronologia assoluta, con dettagli e fedeltà senza precedenti, per una città abitata senza soluzione di continuità. In particolare, i ricercatori sono stati in grado di fornire prove concrete della diffusa presenza di insediamenti umani a Gerusalemme già nel XII secolo a.C. Un’espansione verso ovest della città è stata fatta risalire al IX secolo a.C. determinando la tempistica della costruzione di un grande edificio antico. Stabilire le date di un grande sconvolgimento urbanistico ha permesso di attribuirlo a un devastante terremoto e a un ulteriore sviluppo fino al 586 a.C. In particolare, mentre ricerche precedenti avevano attribuito la riqualificazione post-terremoto al re Ezechia, la datazione al radiocarbonio e la cronologia mostrano che probabilmente è avvenuta durante il regno di re Uzzia.
‘Gerusalemme è una città viva; non è come un tell costruito come una sequenza di strati’, conclude Boaretto. ‘Questa è una città che è stata costantemente ricostruita nell’arco di tutto questo periodo e le prove archeologiche sono sparse’.
I metodi sviluppati nello studio potrebbero avere un impatto che va oltre la cronologia Gerusalemme, poiché i problemi legati all’uso della datazione al radiocarbonio nei siti dell’età del ferro sono globalmente diffusi. L’approccio micro-archeologico sviluppato dal team potrà quindi essere utilizzato in molti altri siti, contribuendo a colmare le lacune relative a questo periodo cruciale per lo sviluppo e per la storia dell’umanità.
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