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Da Berlusconi in poi non è cambiato nulla: tra politici e giudici è sempre guerra. E ora il caso Toti infiamma la vigilia delle Europee
In Italia non c’è campagna elettorale che si rispetti senza un dibattito acceso sulla giustizia. Da Tangentopoli ai giorni nostri è stato così. Il climax fu raggiunto negli anni del berlusconismo. Il Cavaliere ha diviso il confronto pubblico intorno alla sua figura e alle vicende che lo hanno visto coinvolto nel corso degli anni. Ragion per cui, all’indomani della sua scomparsa – 12 giugno 2023 – si pensava che tutto sarebbe finito e che la materia sarebbe stata affrontata senza pregiudizi. Non è stato così.
Ora non c’è più Berlusconi ma la divisione è rimasta. Non a caso le formazioni sono rimaste più o meno le stesse. Il centrodestra indossa sempre la casacca del garantismo, la sinistra è divisa a sua volta tra garantisti e giustizialisti.. Sia come sia, la campagna elettorale per le Europee, che dovrebbe affrontare altre questioni, è stata travolta dal dossier sulla giustizia.
NORDIO E L’ANM
Basta vedere, per esempio, quello che sta accadendo in queste ore. Carlo Nordio, titolare del ministero di via Arenula, ha rilanciato il suo modello di riforma che rimanda alla separazione delle carriere: ma solo al termine di un lungo percorso, ha tenuto a precisare. Al contempo ha inviato messaggi rassicuranti rispetto all’indipendenza della magistratura da qualsiasi autorità, incluso il potere esecutivo.
I magistrati, a loro volta, si difendono e dicono di non essere una casta. «Non c’è una chiusura corporativa, né alcun atteggiamento da casta, vogliamo solo farci capire meglio» dice il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia. Replica il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, superforzista: «È difficile cogliere il senso della contrarietà dell’Anm alla separazione delle cantiere. Nessuno vuole toccare l’articolo 104 della Costituzione su autonomia e indipendenza della magistratura, né l’articolo 112 sull’obbligatorietà dell’azione penale. Separare le carriere significa ridare al giudice la posizione che merita, equidistante, anche culturalmente, dalle parti. Non si è mai visto un arbitro che abbia un rapporto di “parentela” con uno dei giocatori in campo».
Sisto, nel passaggio successivo, è ancora più netto: «Il dibattito che in questi giorni si è sollevato intorno alla giustizia si può risolvere seguendo la Costituzione, la nostra “maestra di vita”. Certo, il confronto può essere utile, e scambiarsi opinioni sui temi, anche con un certo agonismo, è opportuno, se non necessario. Rimane, doverosamente, la distinzione scritta nell’articolo102 della Carta: i giudici applicano le leggi che solo il Parlamento scrive. Nessuno può pensare di bloccare o ostacolare i percorsi parlamentari con interventi ostracistici».
SCONTRO POLITICO
Va da sé, Pd, M5S e Verdi si sono schierati dalla parte dei magistrati. Dall’altra, tutto il centrodestra risulta essere compatto, con qualche sfumatura ma comunque compatto. Un clima infuocato, insomma. Con il ministro della Difesa che, in una durissima intervista alla Stampa di Torino, lancia un nuovo allarme «sui pm politicizzati» e avverte: «Se ora qualcuno, nella magistratura, per via delle opinioni che ho espresso, inventasse qualcosa per provare a farmi male, sarebbe un problema della democrazia».
Lo stesso Crosetto, già a novembre, aveva paventato i rischi «di un’opposizione giudiziaria al governo». Tra complotti e scontri tra politica e magistratura la campagna elettorale continua su queste note.
Destra contro sinistra. Maggioranza contro opposizione. Magistrati contro l’esecutivo. Giuseppe Conte, in questo contesto, prendendo spunto dalla riforma costituzionale – altro elemento della contesa tra destra e sinistra – arriva a parlare di «un patto scellerato», «una svolta autoritaria che presenta assonanze con il progetto di rinascita democratica della P2».
Dichiarazione che fa infuriare la Lega di Salvini: «Parole molto gravi, Conte abbia il coraggio di accettare il confronto tv con Salvini». Non contento, il leader dei 5Stelle ci torna: «C’è un disegno che porta a una post democrazia di stampo autarchico. Noi lo contrasteremo. Fa parte del disegno anche avere una magistratura che non possa riferire degli scandali e non possa svolgere il suo potere di contraltare rispetto alla narrazione edulcorata che Meloni fa della realtà italiana».
CASO TOTI, I DUBBI SULLA TEMPISTICA
Ovviamente non manca chi dubita sulla tempistica delle inchieste che hanno travolto una serie di protagonisti della cosa pubblica italiana. Licia Ronzulli, che è stata per anni al fianco di Silvio Berlusconi, si è lasciata andare nel corso di un’intervista alla Stampa: «Se si va a vedere a quando risalgono i fatti contestati, fra il 2021 e il 2022, poi alla data in cui sono stati chiesti gli arresti domiciliari per il presidente Giovanni Toti, cioè oltre quattro mesi fa, e infine a quando è stata emessa l’ordinanza, la tempistica, a meno di venti giorni dalle elezioni, appare molto sospetta. Sulla tempistica – prosegue Ronzulli – sono stati posti degli interrogativi, legittimi. Penso a tutte quelle inchieste che hanno fatto cadere governi, distrutto vite e carriere politiche e che poi si sono concluse con le assoluzioni. Farsi delle domande su alcuni aspetti controversi di un provvedimento non significa accusare di politicizzazione la magistratura».
Resta da capire quanto tutto questo possa affascinare gli elettori e quanto tutto questo sia utile a riformare la giustizia. Il rischio è che dopo la campagna elettorale tutto ritorni come prima. Insomma, nel solco del gattopardismo: «Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima».
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