Francesco Patitucci
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Operazione Recovery, a Cosenza il monopolio dello spaccio di droga appartiene al “sistema” ‘ndranghetista, non c’è spazio per nessun altro
COSENZA – Il maxi blitz della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha portato ad una ordinanza cautelare per 142 persone (109 in carcere, 20 ai domiciliari e 13 con provvedimenti cautelari non privativi della libertà personale) ha messo in luce, al di là dei pur numerosi reati contestati, un dato strutturale inequivoco: a Cosenza lo spaccio di droga non ammette deroghe all’organizzazione dettata dalla “Confederazione ‘ndranghetista”.
Il gip Arianna Roccia, nell’ordinanza scaturita dall’operazione Recovery, mette nero su bianco l’esistenza di «un dato univoco e di notevole rilevanza. (…) Chi esercita l’attività di spaccio a Cosenza lo fa, e può farlo, solo perché partecipe del Sistema e a ciò abilitato dalla Confederazione ‘ndranghetista che ne è posta al vertice». Per il gip «appare, invero, conclamata la vigenza di un vero e proprio divieto di operare “sottobanco”, e cioè fuori dalle rigorose regole imposte dal Sistema. Chi contravviene a siffatto divieto – chiarisce il magistrato – incorre per ciò solo in violente punizioni». In questo quadro, dunque, appare chiaro «che non esiste attività di narcotraffico nell’hinterland cosentino collocabile al di fuori del Sistema».
LA STRUTTURA DEL “SISTEMA” A COSENZA E I RUOLI SVELATI DALL’OPERAZIONE RECOVERY
Assodato il regime di assoluto monopolio imposto dai clan di ‘ndrangheta colpiti dal blitz, il gip, sulla scorta dei dati dell’indagine congiunta di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, delinea organigramma e ripartizioni alla base del “Sistema” appena individuato.
Il capo supremo al vertice del sodalizio è individuato dagli inquirenti in Francesco Patitucci «garante degli assetti strategici e criminali – scrive il gip -per quanto riguarda la rete di approvvigionamento e spaccio di sostanze stupefacenti». Nel solco di una struttura verticistica, l’organizzazione cosentina «tende a svilupparsi in senso gerarchico, verticale e piramidale, laddove il vertice (specularmente all’associazione di tipo ‘ndranghetistico) individuato in
Patitucci, presiede alla tenuta del sistema di gestione dei traffici concretamente affidata ai più quotati luogotenenti». Al di sotto di Patitucci, quindi, ci sarebbero le sue “braccia operative” che per i magistrati sono Michele Di Puppo, Renato Piromallo, Salvatore Ariello e Antonio Illuminato. Sarebbero costoro che, concretamente, renderebbero operativo il “Sistema” «attraverso un innesto “a grappolo” di gruppi e sottogruppi capaci di tessere una ragnatela di controllo capillare delle piazze di spaccio e delle cessioni al minuto».
IL RUOLO DEI LUOGOTENENTI
In questo tipo di struttura sono «i luogotenenti che assumono tutte le decisioni di maggior rilievo che attengono alla struttura associativa e all’organizzazione generale dell’attività criminale, previa evidente condivisione con il vertice Patitucci. Dettano le direttive e impartiscono ordini ai singoli pusher sulle modalità dello spaccio al dettaglio, decidono la distribuzione della droga destinata alla vendita ai vari sodali (ossia i quantitativi da affidare ad ognuno), stabiliscono il prezzo da praticare agli acquirenti, suddividono i compiti tra gli accoliti e le zone in cui gli stessi devono “lavorare”».
In questo modo i luogotenenti «assolvono alla fondamentale funzione di garantire la solidità, l’unitarietà e l’omogeneità dell’associazione». Quindi, in altri termini «assicurano la permanenza e la stabilità del vincolo associativo tra gli adepti. In tale ottica mantengono l’ordine nell’ambito della compagine associativa, compongono e risolvono i contrasti tra i gruppi ed i singoli consociati, ne controllano l’operato e ne coordinano i rapporti reciproci, garantiscono l’assistenza legale ai singoli sodali, decidono l’ingresso di nuovi accoliti e l’eventuale sostituzione di altri».
L’ASSOCIAZIONE ‘NDRANGHETISTA A COSENZA DALL’OPERAZIONE RESET A RECOVERY
Il blitz Recovery è diretta prosecuzione dell’indagine Reset che nel 2022 aveva svelato il sistema confederato dei clan italiani e degli zingari. E proprio il proseguire delle indagini ha consentito di appurare come Reset non avesse affatto bloccato l’attività dei clan sul territorio. Anzi il gip Roccia evidenzia come «il complesso degli elementi analizzati offre una solida piattaforma indiziaria in ordine alla prosecuzione, nel tempo e nello spazio, dell’associazione di ‘ndrangheta già oggetto di più ampia contestazione nel processo RESET, ma la cui struttura e le relative modalità operative si ripetono attraverso rinnovati sodali. In tal senso, l’associazione si rivela una “centrale operativa” che recupera compattezza strategica, unità di intenti, periodi alterni di alleanze e contrasti tra gruppi nonché dopo le vicende giudiziarie di RESET che li hanno grandemente interessati».
In questo quadro il “Sistema”, ossia la struttura dedita al narcotraffico, è una sorta di compartimento della più ampia struttura ‘ndranghetista attiva sul territorio. Per quanto riguarda ai ruoli «emblematico è Marco Lucanto, nella sua qualità di organizzatore dell’associazione». Tralasciando i riferimenti alla sua posizione in Reset, in Recovery «il suo ruolo assume contorni ben più delineati, appalesandosi l’indagato quale vero e proprio punto di riferimento di Antonio Illuminato, con il quale organizza una serie di danneggiamenti e atti intimidatori a scopo estorsivo tra Casali del Manco e Cosenza (oltre a partecipare attivamente all’attività di narcotraffico)».
Inoltre, «si ritengono partecipi del sodalizio Carlo Bruno, Diego Porco e Valentino De Francesco», che «operano in virtù di uno stabile inserimento nell’organizzazione di matrice ‘ndranghetista di cui il sodalizio dedito al narcotraffico è compartimento settoriale interno e non esterno alla confederazione, di cui mutua logiche e struttura».
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