La Cittadella giudiziaria di Salerno
3 minuti per la letturaLucani e salernitani hanno sottratto quasi mezzo milione di euro attraverso frodi informatiche: tre gli arresti tra Basilicata e Campania
POTENZA – “Frodi informatiche e successivi riciclaggi del denaro sottratto”: sono queste le accuse formulate dalla Procura della Repubblica di Salerno che ha portato all’esecuzione di tre arresti e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. Delle cinque 5 misure cautelari emesse, tre sono a carico di lucani, due dei quali finiti agli arresti domiciliari, e due a carico di salernitani. Ma l’inchiesta vede coinvolte ben più persone: al momento, sono 16 gli indagati (altre undici richieste di misure cautelari sono state rigettate) ma il numero non è escluso che possa ulteriormente allungarsi.
Il gip del tribunale di Salerno, Valeria Campanile – su richiesta del pubblico ministero titolare delle indagini, Morris Saba -, ha firmato l’ordinanza che ha portato agli arresti domiciliari delle tre persone: Gino Rasola, 53 anni, di Potenza; Eliseba Sergiano, 43enne, anche lei di Potenza; Daniele Guarnieri, 43 anni, di Battipaglia, in provincia di Salerno. Il giudice per le indagini preliminari ha inoltre disposto, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Francesco Ianniello, 42 anni, di Venosa, e Annamaria Giallorenzo, 28 anni, di Eboli, sempre nel Salernitano.
IL VIA ALL’INCHIESTA
L’inchiesta, partita da una denuncia di un imprenditore di Bologna nel marzo del 2021, ha consentito di scoprire una serie di frodi informatiche che, tra luglio 2020 e agosto 2021, hanno generato guadagni illeciti per quasi mezzo milione di euro (circa 490.000 secondo gli investigatori). Le truffe si consumavano ingannando le vittime attraverso delle comunicazioni illegali che inducevano al download di applicazioni fittizie e alla disinstallazione di quelle legittime, permettendo così ai truffatori di accedere ai dati bancari e di sottrarre fondi dai conti correnti. I fondi illeciti venivano poi trasferiti su conti correnti o carte prepagate di complici, che prelevavano rapidamente il denaro.
LE INDAGINI
Le indagini, condotte dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Bologna, sono cominciate dopo le denunce di alcune vittime, che avevano riscontrato diversi e consistenti addebiti sui propri conti correnti, destinatarie di messaggi apparentemente provenienti dalle banche di appartenenza.
Le investigazioni – condotte dalla polizia postale dell’Emilia Romagna e dalla sezione operativa di Salerno – hanno consentito di ricostruire la tecnica criminale utilizzata dai truffatori e che avrebbero mietuto diverse vittime.
Innanzitutto – spiega in un comunicato la Procura di Salerno -, il malcapitato di turno riceveva un sms contenente un link che conduceva a una pagina del tutto simile all’interfaccia grafica di accesso al servizio di home banking nella quale era richiesto l’inserimento delle proprie credenziali. Completato questo passaggio, la vittima veniva poi ricontattata da un’utenza, anch’essa apparentemente riconducibile a quella realmente utilizzata dal proprio istituto di credito (cio è possibile attraverso chiamate generate dalla rete internet cosiddetta Voip), e le veniva richiesto di fornire l’Otp (One time password) generato dall’applicazione istallata sul proprio telefono.
Una volta fornito anche questo ulteriore dato, il destinatario della truffa veniva invitato a disinstallare la propria applicazione, consentendo in questo modo ai truffatori il cosiddetto “enrollement” di un nuovo dispositivo, ovvero l’associazione dell’app al telefono che era nella disponibilità del malvivente. A questo punto, ottenuto l’accesso all’Home banking della vittima – attraverso i dati che lo stesso truffato aveva forniti e potendo disporre dell’applicazione della Banca -, i malviventi procedevano ad effettuare i bonifici in uscita verso i propri conti corrente.
I fondi illeciti venivano poi trasferiti su conti correnti o carte prepagate di complici, che prelevavano il denaro nel giro di pochissimo tempo.
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