Il Porto di Gioia Tauro
9 minuti per la letturaLa crescita del Porto di Gioia Tauro: le “ragioni di un primato” che hanno via via precisato le caratteristiche di vero e proprio scalo gateway nel cuore del Mediterraneo
Pubblichiamo di seguito la prefazione di Romano Prodi al libro di Giuseppe Soriero dal titolo “Andata in Porto – Gioia Tauro nella sfida euromediterranea ”, (Rubbettino editore).
“È andata in porto” la crescita impetuosa del porto di Gioia Tauro: primo porto di transhipment in Italia e tra i primi nel Mediterraneo; per intere fasi si è saldamente attestato al quindicesimo posto nel mondo, con circa 3,5 milioni di teus movimentati nel 2022. Anche quest’anno continua a crescere con una percentuale del 2,5% rispetto al precedente. Si percepisce finalmente l’avvio a superare quei 20 anni di solitudine che in un suo precedente volume Soriero aveva indicato come emblema del divario di sviluppo tra il Nord e il Sud.
Già in quel libro l’autore indicava con forza lo scalo calabrese come novità che cominciava a rompere l’isolamento atavico e dotava l’area meridionale di una potente leva nel convulso sviluppo dell’area euromediterranea. In questo nuovo volume, Soriero spiega, con dovizia di dati e tabelle, le “ragioni di un primato” che hanno via, via precisato le caratteristiche di vero e proprio scalo gateway nel cuore del Mediterraneo.
Da troppo tempo il Mediterraneo è estraneo all’Italia. Un mare che è ormai diventato un ambiente ostile, dominato da infinite tensioni politiche, culminate nell’ennesimo conflitto tra Israele e Hamas e dal dramma delle migrazioni che condizionano la politica interna di ogni paese, esclusivamente concentrata a decidere quanto alte debbano essere le barriere e quali le misure di contenimento nei confronti degli emigranti. La verità è che non esiste una politica europea per il Mediterraneo. Di questo vuoto hanno approfittato potenze estranee per esercitare una crescente presenza economica, politica e militare che ha ulteriormente contribuito a cancellare quella “comunità mediterranea” che per molti secoli aveva garantito la pacifica convivenza tra le popolazioni della sponda Nord e della sponda Sud del nostro mare.
Ancor più attuale appare perciò la proposta che lanciai a suo tempo di avviare al più presto una Rete di Alta Formazione Mediterranea, attraverso un gruppo forte di “Università Mediterranee”, cioè università miste, paritarie ed eguali operanti nella stessa misura e con gli stessi metodi nella costa del Nord e su quella del Sud del mare. Non filiali delle nostre università, ma università ciascuna con un campus a Sud e uno a Nord. Una struttura in rete che aiuti a studiare, a ragionare, a comprendere per agire bene.
Mi interessa perciò riflettere sulle prospettive di uno scalo di rilievo internazionale, nel quale ho creduto tanto sin dal suo avvio e che oggi si presenta come un solido punto di forza nella sfida che l’Italia è chiamata ad affrontare nello scenario euromediterraneo.
Discuteremo nel prosieguo dei rischi e delle minacce dentro e fuori il porto, ma innanzi tutto poniamo in evidenza le potenzialità derivanti da un primato ormai consolidato negli anni. La forza del porto è innanzitutto nelle sue caratteristiche naturali: ha fondali profondi 18 metri, in grado di ricevere le navi mega portacontainer di ultimissima generazione più grandi al mondo: lunghe oltre 400 metri e larghe 63, con una capacità di trasporto di oltre 23 mila teus. Fra i traguardi segnati anche la possibilità di gestire in sicurezza il sorpasso di due navi giganti lungo il canale, praticamente due campi di calcio in movimento.
Le navi giramondo, quelle enormi che arrivano a contenere fino a 20mila container, hanno bisogno di porti con fondali profondi e un ampio entroterra in grado di smistare tutto. Per di più, la via più breve da Suez a Gibilterra e viceversa passa proprio dallo Stretto di Messina. Senza trascurare il fatto che, come dimostra il libro, numeri alla mano, aiuta la crescita dell’intero sistema portuale italiano, considerando che i flussi da e per lo scalo calabrese sono pari a poco meno di 547mila teus.
Il timore prospettato anni fa che la crescita di Gioia Tauro potesse penalizzare gli scali storici del Nord Italia era infondato e negli anni la crescita di container dalla Calabria ha agevolato lo sviluppo dei movimenti dell’intero sistema, da Genova a Trieste a Livorno e Ancona. Questa embrionale “sfida vincente” ha calamitato l’attenzione e l’impegno diretto di due fra i più grandi armatori mondiali. Prima, la MSC di Aponte, gigante nel trasporto dei container, ormai diventata un operatore internazionale che continua però a manifestare grande attenzione verso il Sistema Italia, come dimostra la recente acquisizione del vettore ferroviario Italo Ntv e l’interesse mostrato verso altri investimenti nel nostro Paese.
Oggi MSC è il più importante terminalista dello scalo calabrese. Seconda, la Grimaldi, che attraverso Automar, azienda leader nella logistica integrata per l’auto, società partecipata dalla Bertani, Grimaldi e Mercurio, effettua il trasbordo delle automobili per tutto il Mezzogiorno. Essa ha avuto nell’ultimo anno un vero e proprio boom produttivo, con un aumento del 147% rispetto al 2021. E’ proprio scommettendo su questa intensa sinergia tra pubblico e privato che lo Stato può rilanciare lo scalo calabrese. Che, grazie alle sue caratteristiche e alla sua centralità, oggi impiega duemila dipendenti, tra diretti e indotti.
Quello dell’occupazione è un argomento di estrema rilevanza perché in una zona tradizionalmente arretrata come la Regione Calabria, ma in generale in tutto il nostro Mezzogiorno, si contano sulle dita di una sola mano altre realtà imprenditoriali capaci di offrire altrettante opportunità. Maggiore occupazione passa inevitabilmente per una scuola che sia sempre più al passo con i tempi, per nuove politiche di formazione delle maestranze, a partire dai giovani, per un consistente aumento delle spese in ricerca e sviluppo.
Soriero non nasconde i rischi che lo scalo sta correndo nelle ultime settimane, che potrebbero addirittura sfociare in un pesante ridimensionamento del grande porto transhipment a causa delle restrizioni in materia ambientale disposte con una recente direttiva dell’Unione europea, che ha imposto la riduzione delle emissioni in atmosfera anche in ambito marittimo, disponendo che gli armatori compensino annualmente le emissioni inquinanti prodotte. Non sfugge certo all’autore la considerazione che le stesse navi, attraccando invece nei porti mediterranei extraeuropei del Nord Africa, potrebbero eludere quest’obbligo, e ciò creerebbe inevitabilmente una concorrenza sleale nei confronti degli scali della Ue, a partire proprio da Gioia Tauro, che quest’anno si appresta a segnare il record della movimentazione dei container nella sua storia breve ma intensa. La sacrosanta difesa dell’ambiente di fronte ai cambiamenti climatici in corso deve essere fatta da tutti insieme per evitare fenomeni di dumping.
Ha ragione Soriero ad auspicare un immediato intervento del Governo italiano a presentare proposte di miglioramento e precisazione della Direttiva UE. Gioia Tauro deve poter godere delle stesse condizioni di competitività di altri porti suoi diretti concorrenti, da Tangeri Med a Port Said. Solo così lo scalo calabrese potrà proseguire il suo processo di sviluppo, puntando nell’immediato futuro su un nuovo bacino di carenaggio, che consentirà la manutenzione delle portacontainer medio grandi nell’ambito del circuito internazionale del mar Mediterraneo.
Un altro rischio sempre purtroppo sottotraccia quando si discute di grandi progetti di investimento al Sud, è quello dei tentacoli delle grandi organizzazioni malavitose. Da anni, e l’ho fatto quando ero Presidente del Consiglio, vado ripetendo che bisogna smuovere la società attraverso un autentico shock culturale, liberandola dagli aspetti patologici della criminalità, altrimenti non riusciremo mai a produrre vero sviluppo. Criminalità che, sia chiaro, è ormai diffusa sull’intero territorio nazionale non è più solo il Sud a dover fare i conti con questa diseconomia. Ma ho letto con piacere che, grazie all’azione congiunta delle forze dell’ordine, molti container di droga sbarcati a Gioia Tauro sono stati aperti e sequestrati. La vittoria dello Stato sull’Antistato è un messaggio confortante per quegli operatori economici che vogliono scommettere su questo scalo.
Quello della centralità logistica è l’elemento cardine che il libro di Soriero mette bene in evidenza. Il porto funge da piattaforma logistica al centro del mar Mediterraneo, un vero e proprio hub per le rotte commerciali del Mare Nostrum, baricentrico rispetto all’Africa, al Medio Oriente, alla Spagna e alla stessa Italia. E può sfruttare con intelligenza l’intermodalità perché è lo snodo di un complesso di infrastrutture di primaria importanza, quali l’asse autostradale Salerno Reggio Calabria e la velocizzazione in corso, grazie alle risorse del PNRR e del Fondo Complementare, della linea ferroviaria ad Alta Capacità Salerno Reggio Calabria.
E, fatto di decisiva importanza, lo scalo è una delle tappe del Corridoio europeo TEN-T. Era il lontano 2004 quando l’Unione europea (allora ero Presidente della Commissione) immaginò di rafforzare il processo di integrazione e di allargamento ai paesi provenienti dall’ex Unione Sovietica con un grande progetto innovativo nel sistema dei trasporti terrestri, fluviali e marittimi. Nacque così il programma che individuava cinque assi strategici delle reti europei di trasporto – all’interno dell’Ue, verso l’Europa dell’Est e verso il Mediterraneo – e che fu poi articolato in trenta progetti di investimento definiti come prioritari e approvato nel 2005. Era nata così la grande iniziativa della Rete transeuropea dei trasporti finalizzata a potenziare e favorire al massimo la mobilità delle persone e delle merci, condizione base per un migliore sviluppo economico e più intensi scambi sociali e culturali.
Per di più Gioia Tauro può godere del regime agevolativo previsto per le Zone Economiche Speciali, sperando che la proposta del governo di dar vita a un’unica ZES al Sud non preluda a un allargamento a pioggia di tali benefici fiscali, che dovrebbero correttamente valere solo per gli investimenti nei porti, retroporti e interporti, e non essere estesi indiscriminatamente a tutto il territorio meridionale. Pensiamo a ciò che è diventato lo scalo del Pireo negli ultimi anni. In particolare, da quando il porto greco è stato acquistato dai cinesi che erano fuggiti dagli scali italiani, a cominciare da quello di Napoli. Se i cinesi nel Pireo hanno voluto realizzare la propria base di sviluppo nel Mediterraneo, la crescita di Gioia Tauro può rendere anche il Sud competitivo con gli altri scali dell’Europa del Sud.
La decisione recente del Governo Meloni di far uscire l’Italia dall’accordo con Pechino sulla Via della Seta dovrebbe, a mio parere, tener conto anche di questi fattori geografici e logistici che pongono Gioia Tauro al centro dei traffici col Nord Africa, un mercato potenzialmente enorme di milioni di persone. Anche alla luce delle nuove intese per il rifornimento del gas, che, dopo la guerra tra Russia e Ucraina, passano soprattutto dall’Algeria e da altri paesi africani. In questo senso auspico una nuova strategia di collaborazione tra tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, grazie alla quale si potranno spegnere gli attuali, pericolosi, lampi di guerra tra Israele e la Palestina, isolando le forze del terrore.
Auspico quindi, su questa nuova edizione, un confronto che sappia guardare non solo agli scenari economici, bensì innanzitutto alle prospettive della cooperazione tra i popoli e gli Stati, per la sicurezza e la pace nel mondo.
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