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Uno dei dibattiti di Feuromed

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Bisogna superare le frammentazioni che bloccano il futuro di tutti gli europei, ma è un fatto che dopo Covid e carri armati di Putin in Ucraina l’Italia da fanalino di coda diventa il primo vagone del treno europeo. Si è toccata con mano la straordinaria vitalità produttiva che ha ritrovato il nuovo Sud italiano facendone il centro di un mondo che esporta valori di crescita e di solidarietà con un legame tra imprese, università, centri di ricerca e start up che sa coniugare le nuove tecnologie e i nuovi bisogni delle persone. Che parla operativamente con l’Africa avendo la consapevolezza che è molto cambiata.

ABBIAMO capito grazie a Feuromed in modo granitico qualcosa che pensavamo di conoscere già, ma che tutti gli uomini del fare intervenuti ci hanno confermato smentendo categoricamente linguaggio e contenuti degli uomini dei numeri. Questo qualcosa di cui stiamo parlando è che la rappresentazione che stiamo dando al mondo di noi è quella di prima del Covid e della guerra di invasione russa in Ucraina. Questi due eventi hanno invece cambiato completamente gli assi geografici strategici del mondo e hanno contribuito a costruire un nuovo dopo. Il Covid ci ha insegnato che non si può più stare da soli. La guerra nel cuore dell’Europa ci ha consegnato un ribaltamento dei punti cardinali dello sviluppo sostituendo il rapporto privilegiato Est-Ovest con il complicatissimo asse Sud-Nord che rilancia il Mezzogiormo italiano come il più sicuro e regolamentato dei Sud del mondo segnati dalla polveriera africana e dal conflitto mediorientale. Rispetto a questi due grandi shock globali l’Europa e l’Italia, ancora di più, hanno reagito in modo più rapido e efficace degli altri.

Di fronte alla crisi pandemica, l’Europa ha fatto i vaccini prima di tutti e ha fatto debito comune con il NextGeneration Eu per favorire la ripartenza economica dopo una lunga interminabile stagione di errori da eccessi di austerità che hanno moltiplicato, invece di ridurre, gli effetti disastrosi delle crisi internazionali precedenti, la prima finanziaria e la seconda dei debiti sovrani. Sulla base di questa scelta innovativa, che ci ha permesso di competere alla pari, e grazie alle nostre capacità, l’Italia è riuscita a invertire totalmente la storia europea da fanalino di coda iniziata nel biennio 2008/2009 che coincide con la prima grande crisi internazionale. Ha avuto ora l’Italia dall’Europa quello che prima le veniva addirittura tolto e ha saputo mettere a frutto il suo capitale produttivo in casa e fuori mostrando più dinamismo nell’uscita dalla mono-dipendenza energetica da Putin che ci offriva una materia prima a buon mercato, ma comunque a un prezzo maggiorato rispetto a quanto la offrisse ai concorrenti tedeschi e francesi.

L’Europa intera dipendeva totalmente dalla Russia perché così aveva voluto la Germania della Merkel e di Schröder. Non è un caso che la crisi di quel rapporto strategico Est-Ovest si è riflettuto integralmente nella Germania di oggi caduta in recessione economica e, prima ancora, in uno stato di confusione politica, di disagio sociale, e di crescenti pulsioni sovraniste di destra. A fronte di tutto ciò, in questi tre anni, a Feuromed si è potuto toccare con mano la straordinaria vitalità produttiva che ha ritrovato il nuovo Sud facendone il centro di un mondo che esporta valori di crescita e di solidarietà. Tutti gli imprenditori, i capi azienda e i rettori intervenuti hanno richiamato il valore sociale dell’impresa. A fronte della tristezza dei dati si è creato un nuovo legame tra università, centri di ricerca e start up per coniugare le nuove tecnologie e i nuovi bisogni delle persone.

Attenzione, questo è il punto, se vogliamo creare un Mediterraneo che guarda all’Africa bisogna partire anche lì dai bisogni, ma soprattutto avendo consapevolezza che l’Africa è cambiata. È sorta una nuova Africa che guarda tutta intera al Mediterraneo e interpreta alla perfezione l’intuizione base di questo festival che colloca il Mediterraneo come sfida del futuro per tutta l’Europa. Gli amici africani ci hanno detto che qui converge la sfida di tutto il Continente della speranza per uscire dal grande affanno sulle industrie di base che noi stessi avevamo e abbiamo perso e affrontare insieme la grande sfida digitale. Qui, l’Africa e l’Europa, attraverso l’Italia, possono ritrovare la loro possibilità di crescita costruita da quei valori di solidarietà e di sviluppo che appartengono alla cultura delle nostre imprese, soprattutto di quelle meridionali.

Servono il coraggio politico e un imponente sforzo finanziario che solo un’Europa effettivamente unità può dare sulle università del Mediterraneo e sullo scambio di specializzazioni tecniche sostenute da un capitolo unico del bilancio europeo. Un’Europa che superi le frammentazioni che sono il vero freno allo sviluppo economico, politico e civile del Vecchio Continente.


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