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Il miglior amico di una ragazza è il suo borbottìo (Dorothy Parker)
Io vedo il mondo a bassa pressione, un 60-90. Rallentato, in slow motion, giramenti di testa inclusi. Una visuale lenta, da nata stanca. Una vertigine costante.
Strascinata come le orecchiette, con improvvisi guizzi sul preserale. E intuizioni notturne.
Dovrei vivere come le allodole, sul far della notte sino all’alba. Almeno dalla primavera in poi. E invece no, mi si costringe a reagire e a pensare a temperature che le mie sinapsi non registrano. E’ questione di afflussi sanguigni. Il mio scorre pacioso. Compensa il carattere (iracondo, secondo i miei sostenitori, vi lascio il dubbio sui detrattori). Il flusso, tipo rapide del Niagara delle parole, e la reazione immediata e senza scampo.
Mio nonno Gino mi chiamava la bisbetica indomabile, mio padre lo fa ancora oggi. Del resto da bambina, adolescenza inclusa, mio zio Ettore scriveva su tutti i miei libri e quaderni la frase: Mita Mitomane Pazza. Alla fine mi sono convinta di essere almeno una delle tre cose
Tutto questo per dire che il caldo m’ammazza, quasi quanto il freddo in inverno. L’autunno è la mia stagione, il rosso autunno.
Per questa mia lentezza, oggi avrei voluto parlarvi di me.
Di quanto sia umiliante restare (quasi) senza lavoro a 40anni. Di quanto sia facile piangersi addosso. Darsi delle colpe. Perdere intere giornate a pensare se avessi fatto, avessi detto, mi fossi impegnata di più o meglio. Avessi. Molto ho fatto. Ma il risultato non è cambiato.
Avrei voluto parlarvi della fatica nel tenersi quell’impegno lavorativo, piccolo ma prestigioso, che ancora ho.
Avrei voluto parlarvi dell’imbarazzo nello scrivere agli amici di darti una mano. Dell’imbarazzo delle loro risposte.
Avrei voluto raccontarvi delle lacrime, tonde e salate, scese a fiumi. Le notte insonni e le giornate in cui si vuole solo dormire. Per vegliare la notte, che ti tormenti meglio.
Avrei voluto parlarvi della rabbia. Dello studio svogliato per un esame in cui più non credo.
Avrei voluto. Poi, stamattina, mi sono pesata. Booom.
Ciao
Perché come diceva Dorothy Parker, non è la tragedia che ci uccide, ma i disordini. Alimentari nel mio caso.
Sono come Rosalina, ho sempre voglia di cantare anche se la la sera, la sera (ti sento masticar). Vabbè insomma più o meno. E poi ogni volta che leggo o sento dire:“prova costume” mi viene da urlare, ma forte forte. Che io al mare ci sono nata e il costume me lo provo da infanta.
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