I controlli della guardia di finanza
2 minuti per la letturaCOSENZA – Quaderni dove segnare le giornate lavorative di ognuno, trattenute sui soldi da pagare e diverse violazioni. Sono queste alcune delle scoperte della guardia di finanza di Cosenza, nell’ambito dei controlli eseguiti con il “Piano Focus ‘ndrangheta” disposto dalla Prefettura di Cosenza. L’operazione ha permesso di denunciare otto persone per il reato di intermediazione illecita di manodopera (caporalato) e 12 soggetti di diverse nazionalità per violazione alle norme del testo unico immigrazione.
Le operazioni, eseguite dai militari della Tenenza di Montegiordano, si sono svolte attraverso il controllo dei mezzi in transito sulla ss106 Jonica e con interventi eseguiti direttamente nei luoghi dove gli operai venivano impiegati illegalmente. Ben 8 i soggetti denunciati quali “caporali”, di cui tre per reclutamento e 5 quali titolari di aziende agricole, per utilizzo e impiego illegale di manodopera.
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Ad un “caporale” sono stati sequestrati appunti e quaderni manoscritti riportanti, per ogni singolo lavoratore ”reclutato”, le giornate lavorative e la relativa “paga” corrisposta. Dall’esame della documentazione è emerso che il ”caporale” tratteneva per sé il 30% circa delle retribuzioni di ogni singolo bracciante agricolo, pari ad 11 euro, arrivando a guadagnare, oltre 7.000 euro al mese. La posizione fiscale e patrimoniale dei singoli “caporali” reclutatori sarà oggetto di specifico approfondimento ai fini dell’applicazione delle norme in materia di sequestro e confisca di beni.
Tutti rischiano la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Potrebbe essere applicata l’aggravante specifica dell’aumento della pena da un terzo alla metà per aver reclutato ed utilizzato forza lavoro superiore alle 3 unità. I “caporali” reclutatori si occupavano di reperire la manodopera sfruttata e a basso costo, per lo più albanesi e pakistani, allo scopo di destinarla a lavori presso aziende agricole calabresi e lucane per la raccolta di limoni e fragole.
In particolare, gli operai reclutati, costretti a lavorare in violazione della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, percepivano una paga ampiamente difforme rispetto alle previsioni del contratto collettivo nazionale o comunque sproporzionato rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato con un compenso, in alcuni casi, inferiore a 3 euro l’ora.
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