Giancarlo Giorgetti
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Questa mattina la riunione in Consiglio dei Ministri, in esame il Def definito da Giorgetti “leggero, asciutto e prudente”
È atteso per oggi l’approdo in Consiglio dei ministri del Def, il Documento di economia e finanza, l’ultimo nella versione “classica” dal momento che, come prevede la normativa Ue, verrà sostituito dal Piano fiscale strutturale di medio termine e dal Rapporto di Monitoraggio annuale. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nei giorni scorsi aveva parlato di un documento “leggero” e “asciutto”, che potrebbe limitarsi al solo quadro tendenziale, cioè a politiche invariate, senza l’impatto delle misure di politica economica che il governo intende confermare o mettere in campo. Una linea fortemente criticata dalle opposizioni.
IL DEF “LEGGERO E ASCIUTTO E PRUDENTE” DI GIORGETTI
A spingere in questo senso sarebbe la prudenza – quasi un mantra per il titolare del Mef –, soprattutto considerando la necessità di fare i conti con la riforma del Patto di Stabilità, con parametri di valutazione diversi da quelli finora adottati, l’attesa della richiesta dell’Ue di un aggiustamento strutturale dei conti dello 0,5% – pur se mitigata dall’impegno in riforme e investimenti Pnrr -, e la “scontata”, secondo Giorgetti, procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, della Francia e un’altra decina di altri Paesi.
Il quadro programmatico verrebbe, quindi, inserito nei documenti di bilancio a settembre, in vista della manovra già a caccia di risorse: tra proroga del taglio del cuneo fiscale l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef, spese indifferibili il conto supera già i 20 miliardi.
L’IMPATTO DEL SUPERBONUS
Sulle stime dei conti pubblici poi pesa l’impatto del Superbonus, arrivato al capolinea lo scorso 4 aprile con lo stop imposto dal governo con un decreto ad hoc anche alla remissione in bonis. Al 31 marzo – ha certificato ieri l’Enea – il conto ha superato i 122,24 miliardi. Il totale degli investimenti ammessi a detrazione vale oltre i 117 miliardi, di cui il 95,2%, pari a 111,6 miliardi, conclusi. Al momento, il complesso dei bonus edilizi ha portato il deficit 2023 al 7,2% contro il 5,3% previsto in autunno, come ha rilevato lo scorso mese dall’Istat. “Senza la fiducia dei risparmiatori italiani e della comunità internazionale è difficile non solo immaginare nuovo debito buono, ma anche la gestione del vecchio debito che abbiamo ereditato. Da qui alcune decisioni impopolari”, ha affermato Giorgetti a margine di un evento a Trieste.
STIME TENDENZIALI MODELLO NADEF
“Si chiude la stagione del Superbonus con una eredità pesantissima per i conti pubblici e quindi per tutti gli italiani. Questa è la realtà e quindi nei prossimi anni dovremo farci carico di pagare questo debito che è stato fatto”, ha quindi sottolineato. “Tornando alla definizione di Draghi del debito buono forse abbiamo fatto un po’ di debito non troppo buono e adesso dobbiamo essere in grado di generare in modo selettivo investimenti che meritano l’aiuto pubblico”, ha poi rimarcato, escludendo comunque la necessità di una manovra correttiva. “Vogliamo – ha detto – rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef dello scorso autunno per una questione credibilità: se c’è qualcosa da correggere la correggeremo ma sostanzialmente siamo in linea”.
QUESTA MATTINA LA RIUNIONE AL CONSIGLIO DEI MINISTRI SUL DEF
Il documento all’esame stamattina (9 aprile 2024) del Cdm – la riunione è convocata per le 11.15 -, ha poi anticipato, “risponde alla situazione di cambiamento delle regole europee. Non ci sono ancora le istruzioni della nuova governance, quando ci saranno – abbiamo deciso a livello europeo intorno all’estate – faremo il piano strutturale come richiesto da queste nuove regolamentazioni assunte”.
Il governo punterebbe a confermare le stime di un deficit/Pil nel 2024 al 4,3% e l’asticella del debito potrebbe attestarsi intorno al 140%. Mentre il Pil verrebbe rivisto al ribasso, dall’1,2 all1%, maggiore comunque rispetto allo 0,7% previsto da Commissione europea, Fmi, Confindustria e Confcommercio, e allo 0,8% ipotizzato dall’Upb.
LA CONTESTAZIONE DI MISANI
Intanto le opposizioni sono già salite sulle barricate, contestando la scelta di un Def limitato alle stime tendenziali. Per Antonio Misiani, senatore dem e responsabile economia, finanze, nella segreteria nazionale del Pd, “sarebbe un fatto fortemente negativo, di fronte ad un deficit 2023 enormemente superiore alle previsioni iniziali e un’economia che va peggio delle (ottimistiche) stime di settembre. Delle due l’una: o il governo Meloni non sa che pesci pigliare per riportare sotto controllo i conti pubblici – ha scritto su X – oppure lo sa benissimo ma non vuole scrivere nero su bianco prima delle elezioni europee che molte promesse (la proroga del taglio del cuneo fiscale, la stabilizzazione dell’Irpef a tre aliquote, ecc.) andranno su per il camino e che nei prossimi mesi arriverà una pesante manovra correttiva a suon di tagli di spesa e maggiori tasse”.
FRONTE COMUNE PER FRATOIANNI E BONELLI
Sulla stessa linea anche Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra: “Mai, ripeto mai, un governo non aveva pubblicato con chiarezza ed esattezza nel Def gli obiettivi sui conti dello Stato – ha affermato Fratoianni – E così facendo non farà capire agli italiani le dimensioni della manovra economica. E questi accade solo perché la destra al governo non vuole far sapere agli italiani prima delle elezioni europee che finora ha fatto solo bluff”. “Con il Def senza numeri – ha sostenuto Bonelli – si vuole nascondere agli italiani la verità prima delle elezioni europee, ossia che nella prossima Legge di Bilancio ci saranno tagli lacrime e sangue”.
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