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Eugenio Ferrazzo

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Condannato a 14 anni l’ex pentito Eugenio Ferrazzo colpevole di due omicidi e uno tentato 14 anni risalenti al 2000. Una delle vittime viaggiava con moglie e due neonati. Un’altra freddata per errore


MESORACA – Quattordici anni e tre mesi di reclusione per due omicidi e un tentato omicidio risalenti all’annus horribilis 2000, quando a Mesoraca imperversava una guerra di mafia tra gruppi criminali contrapposti guidati da due cugini che si contendevano il “comando”. Condanna disposta dalla Corte d’Assise di Catanzaro nei confronti di Eugenio Ferrazzo, già collaboratore di giustizia e nipote del boss Mario Donato Ferrazzo.

Sotto accusa era finito anche Felice Ferrazzo, padre dell’imputato, divenuto collaboratore di giustizia prima del figlio ma successivamente deceduto. I due pentiti si erano autoaccusati dell’uccisione di Bruno Saporito avvenuta per un errore del commando assassino, il cui vero obiettivo era Tommaso Fontana. I killer avrebbero utilizzato un’arma da taglio, una mazza di ferro e una pistola dopo aver disinstallato la pubblica illuminazione. Saporito venne ucciso con due colpi d’arma da fuoco il 7 gennaio 2000.

IL PENTITO FERRAZZO CONDANNATO PER DUE OMICIDI: L’ASSASSINIO DI GIUSEPPE MANFREDA

Il 24 agosto dello stesso anno venne ucciso Giuseppe Manfreda mentre era in auto con la moglie e due neonati, i figli gemelli della coppia di due mesi appena. Manfreda venne raggiunto da diversi colpi di kalashnikov. I killer erano a bordo di un’auto Alfa “33” che speronò il veicolo su cui viaggiavano i Manfreda facendolo finire fuori strada. Poco prima, nel centro abitato di Mesoraca, i killer avevano tentato di compiere l’omicidio di Armando Ferrazzo, che era alla guida di un’auto Volkswagen “Golf”. I colpi, sempre di fucile d’assalto, raggiunsero la Golf ma Armando Ferrazzo riuscì a mettersi in salvo.

Felice Ferrazzo, insieme al cugino Mario Donato, era a capo dell’omonimo clan di Mesoraca ma perse il comando dopo un lungo periodo di detenzione, e il figlio Eugenio, nell’ottobre 2000, finirono nel mirino dei killer ma si salvarono perché erano a bordo di un’alfetta blindata. Felice Ferrazzo divenne collaboratore di giustizia proprio in seguito a quell’attentato, e successivamente si pentì anche Eugenio.

Oggi Eugenio non riveste più lo status di collaboratore di giustizia ma il pm Pasquale Mandolfino ha tenuto conto dell’attenuante per il contributo fornito sui fatti di sangue oggetto del processo e ha chiesto la condanna a dieci anni. La Corte ha concesso l’attenuante della collaborazione ma non quelle generiche; inoltre, ha condannato l’imputato al risarcimento delle parti civili costituite, assistite dagli avvocati Giovambattista Scordamaglia, Elisa Fontana e Marco Rocca, rinviando alla sede civile per la quantificazione.

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