Il procuratore Falvo nel giorno del suo insediamento
3 minuti per la letturaIl giudizio del procuratore di Vibo Falvo sul fenomeno massonico ma anche sulla poca attenzione della Dda sul Vibonese fino al 2012 e sulle passate ingerenze dei clan nel porto di Tropea.
VIBO VALENTIA – Un vero e proprio cavallo di battaglia. Documentare il fenomeno della massoneria e delle sue ingerenze in plurimi settori è un obiettivo del procuratore capo di Vibo, Camillo Falvo, che he ha discusso nella Commissione parlamentare antimafia il 19 ottobre del 2020.
LEGGI ANCHE: Il procuratore Falvo: «A Vibo istituti di credito vulnerabili alla ’ndrangheta»
A VIBO UN FENOMENO MASSONICO “RILEVANTISSIMO”
Nell’incontro Falvo ha evidenziato come nel Vibonese vi sia “un livello che è pesantissimo ed è quello della massoneria. Abbiamo cercato di documentarlo e cercheremo di continuare a farlo perché questo è un nostro cavallo di battaglia, mio in particolare perché le avevo fatte anche a Messina le indagini sulla massoneria deviata”. Ha parlato di “fenomeno rilevantissimo”, tant’è “dove non arriva la criminalità organizzata, in quella che dovrebbe essere la parte buona della società, arriva la massoneria, quella legittima, quella illegittima e quella deviata, purtroppo e questo determina un grande scoramento anche nella parte buona della società vibonese”.
“Fino al 2012 la Dda non ha brillato su Vibo”. Un altro fenomeno, molto conosciuto dal procuratore di Vibo, è stato quello relativo alla “tradizione nefasta della Direzione distrettuale antimafia sul Vibonese in quanto prima del 2011-2012 non è che abbia brillato. Negli anni in cui si formava l’antimafia, per 10 anni abbiamo avuto un Sostituto che purtroppo non andava d’accordo con l’allora procuratore di Vibo, quindi quello che doveva essere trattato dall’Antimafia non veniva fatto”.
E la cognizione di causa di Falvo è diretta in quanto in quel periodo venne applicato a Vibo, da magistrato che lavorava a Rovigo, per un anno e mezzo come sostituto e aveva quindi avuto modo di vedere “che tutto quello che in ogni altro luogo veniva trattato come ‘ndrangheta, qui non veniva trattato come tale perché il procuratore – che è durato dieci anni – diceva che era inutile mandare il lavoro alla Procura distrettuale dove non si faceva nulla. Se l’indagine restava alla Procura di Vibo, almeno qualcosa si poteva fare. Quindi si sono accavallate tutta una serie di situazioni che hanno determinato quello che è successo oggi”.
L’ARRIVO DI GRATTERI E LA RINNOVATA ATTENZIONE AL VIBONESE DA PARTE DELLA DDA
“Le cose sono cambiate”. Ma dal 2016 in poi, con l’arrivo di Gratteri alla Dda e il suo, nel 2019 alla Procura di Vibo la situazione è cambiata: “Per fortuna adesso le cose sono diverse. Abbiamo una Direzione distrettuale antimafia di livello altissimo, penso il più alto in Italia. Non ci sono altre Dda come quella di Catanzaro per la qualità dei colleghi, per l’impegno del procuratore e anche per le forze dell’ordine che però, qui a Vibo, lavorano solo con la Distrettuale”.
“Il porto di tropea era in mano alle cosche”. Un ulteriore passaggio della sua audizione, Falvo lo focalizza sul porto di Tropea del quale si è “occupato molto in passato con indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia, perché sapevamo che era in mano alle cosche, ai Mancuso in particolare, che lo gestivano attraverso i La Rosa e gli altri. So che adesso c’è una società nuova e credo che dopo l’operazione “Costa Pulita” un po’ le cose si siano rimesse a posto”.
Certo, il rischio di infiltrazioni mafiose rimane altissimo a giudizio del procuratore anche perché “Tropea è una delle zone, ovviamente, più ricche, perché c’è tanto turismo e quindi bisogna stare molto attenti. So che la Dda è molto attenta e che sono in corso delle indagini (tant’è che nel 2023 sarebbero scattate le operazioni Olimpo, Imperium e Maestrale, ndr) ed io ovviamente, come in tutti gli aspetti, quando riesco a percepire qualcosa che non va la trasmetto immediatamente alla Direzione distrettuale”.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA