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Domenico Colosimo

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Petronà, iniziato il percorso di collaborazione con la giustizia per Domenico Colosimo, il nuovo pentito della Mafia dei boschi. Per gli inquirenti è “azionista” della cosca Carpino, potrebbe “cantare” sulla faida della Presila


PETRONÀ – Tremano gli uomini delle cosche della Presila catanzarese e crotonese. Per la prima volta una gola profonda starebbe “cantando” su alcuni dei delitti compiuti nell’ambito di una faida trentennale. Collabora con la giustizia Domenico Colosimo, di 47 anni, considerato uno degli esponenti di vertice del clan Carpino di Petronà. Un ex “azionista” della mafia dei boschi che deve sapere molto di vecchi fatti di sangue e nuovi affari. Il suo soprannome è tutto un programma: “’Ndrina”. Glielo affibbiarono perché pare sin da ragazzino fosse affascinato dal mito negativo della ‘ndrangheta.

La sua figura balzò all’attenzione degli inquirenti subito dopo l’omicidio di Angelo Sculco, commesso ad Andali nel 2003. Una persona informata sui fatti fece il nome di Colosimo, insieme a quelli di altri, nel riferire agli inquirenti l’organigramma della cosca Carpino. Si chiamava Angelo Talarico, faceva parte di un clan alleato ma non c’è più su questa terra: qualche anno dopo fu ammazzato.

IL PROFILO DI DOMENICO COLOSIMO NUOVO PENTITO DELLA MAFIA DEI BOSCHI

Coinvolto nell’operazione Overland, condotta dai carabinieri del Reparto operativo di Catanzaro che negli anni 2006 e 2007 accertarono la sua appartenenza ai Carpino, Colosimo avrebbe avuto un ruolo nelle trattative per la pax mafiosa con la “famiglia” rivale dei Bubbo imposta dalla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. Non potè così vendicarsi per un agguato subito nel 2004 mentre rincasava e non andato a segno, a quanto pare, per l’intervento di qualcuno che mise in fuga gli aggressori sparando contro di loro.

Un “azionista”, dunque, almeno così lo definisce il pentito Danilo Monti. Ma il dato sarebbe suffragato anche dall’arresto di Colosimo, avvenuto nel 2000 a Chiavari, in concorso con altri, per il possesso di un kalashnikov (reato per il quale fu condannato dal Tribunale della città ligure).
L’appartenenza al clan sarebbe stata confermata dalle risultanze della più recente operazione “Karpanthos”, condotta dalla Dda di Catanzaro nel settembre scorso. Colosimo era finito in carcere con l’accusa di essere un esponente di vertice del clan, venendo indicato come uomo di fiducia di colui che è considerato il nuovo boss della Presila, Giuseppe Rocca, spesso monitorato in compagnia di “Mimì”, come il pentito era chiamato amichevolmente.

LE AMICIZIE CON GIUSEPPE ROCCA E MARIO GIGLIOTTI

Rocca sarebbe contiguo alla cellula catanzarese della potente cosca Grande Aracri di Cutro e questo favoriva la sua ascesa criminale. Dalle intercettazioni confluite in voluminosi faldoni emerge però anche il risentimento di Rocca nei confronti di Colosimo per il suo avvicinamento ad un altro plenipotenziario del clan, Mario Gigliotti. Colosimo sarebbe stato peraltro il tramite della cosca per arrivare a un dipendente dell’Agenzia delle entrate di Catanzaro, Francesco Procopio, indagato per corruzione, al quale si sarebbe rivolto per risolvere problematiche di accatastamento di immobili e per avere informazioni sulle ispezioni.
In un caso il funzionario assicurò che avrebbe fatto l’”impossibile” per una rimodulazione dell’importo da pagare e si giustificava affermando che l’input per gli accertamenti veniva da Roma e non da Catanzaro. Secondo la Dda del capoluogo calabrese, il funzionario si sarebbe occupato di intestare beni già di proprietà di persone decedute a uomini del clan o a loro vicini.

I RAPPORTI DELLE COSCHE DI PETRONÀ CON I CLAN DEL CROTONESE

Le cosche storicamente operanti a Petronà, i Carpino e i Bubbo, a loro volta legate ai Pane di Belcastro e ai Coco Trovato di Marcedusa, sono sempre state funzionalmente dipendenti dai clan del Crotonese, come gli Arena di Isola Capo Rizzuto e i Ferrazzo di Mesoraca, e hanno proiezioni e interessi nelle province di Genova e Lecco. Alla cosca Carpino è strettamente legato il gruppo dei Cervesi, loro articolazione a Cerva, dove il Comune è stato sottoposto ad accesso antimafia in seguito all’arresto del sindaco Fabrizio Rizzuti.

Negli anni le due cosche hanno alternato scambi di favori e faide, almeno fino al 2006, quando gli Arena imposero la pax. Colosimo potrebbe sapere qualcosa su quella sfilza di omicidi compiuti nell’arco di quasi un trentennio.
Il summit che suggellò la pace si tenne a Isola Capo Rizzuto, nella località S. Anna, nei pressi di un hotel. Vi avrebbero preso parte esponenti delle cosche Carpino e Bubbo, ma anche Tommaso Scalzi, uomo di fiducia del boss Franco Coco Trovato.

LA PARTECIPAZIONE DEL NUOVO PENTITO AL VERTICE CHE SUGGELLÒ LA PACE TRA I CLAN DELLA MAFIA DEI BOSCHI

Colosimo presenziò a quel vertice, in rappresentanza dei Carpino, insieme a Mario Gigliotti e Vincenzo Antonio Iervasi. C’era anche Raffaele Bubbo alla riunione di ‘ndrangheta. Per gli Arena intervenne Paolo Lentini, detto “Pistola”: nonostante il nomignolo, fu proprio lui a stabilire la cessazione delle armi. Prima e dopo l’incontro, Iervasi e Gigliotti fecero visita alla “famiglia” Trapasso di San Leonardo di Cutro, vicinissima agli Arena. Successivamente al summit, Rocca e Gigliotti furono monitorati mentre andavano a casa di Fabrizio e Salvatore Arena. «Novantanove per cento è pace», disse Rocca alla moglie subito dopo.
Se il percorso intrapreso da Colosimo venisse ritenuto attendibile dagli inquirenti, potrebbero aprirsi nuovi filoni d’indagine per fare luce su quella lunga scia di sangue e sugli intrecci criminali con i clan del Crotonese, i cui tentacoli si sono spesso allungati sui boschi della Sila.

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Francesco Ridolfi

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