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Roma, 6 mar. (askanews) – L’ufficializzazione delle candidature per la corsa alla Casa Bianca si fa sempre più vicina. E se per Joe Biden appare una pura formalità, che si scontra soltanto con il voto di protesta degli arabo-americani democratici sul conflitto in Medio Oriente, per l’ex presidente Donald Trump la nomination repubblicana ha ricevuto un deciso impulso dal Super Tuesday, dove ha conquistato 14 dei 15 stati in palio, avvicinandosi al traguardo di 1.215 delegati necessari. L’unica sfidante, Nikki Haley, gli ha rubato l’occasione dell’en plein vincendo a sorpresa il Vermont.
Ma il Super Tuesday è stato, senza ombra di dubbio, dominato da Biden e Trump che hanno raccolto un gran numero di delegati nelle primarie che si sono tenute in 15 stati più il caucus delle Samoa americane (unica sconfitta di Biden, che ha ceduto per 51 voti su 91 i quattro delegati assegnati al “sorpreso” Jason Palmer).
Si è votato in Maine, Alaska, Alabama, Arkansas, Minnesota, Colorado, Tennessee, Oklahoma, Massachusetts, Texas, California, Utah (dove non ci sono ancora risultati ufficiali per i GOP), Virgina, Vermont e North Carolina. Biden e Trump hanno conquistato anche i due stati con il numero più alto di delegati, California (169) e Texas (161). Da segnalare la bassissima affluenza, addirittura all’8% in California.
Ad oggi in campo repubblicano Trump ha ottenuto 961 delegati, contro gli 86 di Haley. Per Biden si contano 1.501 delegati (la soglia per la nomination ufficiale è 1.968 su 3.934). E il conteggio per l’ufficializzazione riprenderà già martedì prossimo quando si terrà una nuova serie di primarie, anche in Georgia e Mississipi.
Donald Trump, che ha lasciato la Casa Bianca da perdente, si sta avvicinando all’appuntamento di novembre con sempre più assi nella manica: dai rinvii dei numerosi processi a suo carico a dopo il voto, alla crescita nei sondaggi, all’assenza di un vero rivale in casa repubblicana. Il miliardario ha festeggiato la vittoria al Super Tuesday dal resort di Mar-a-Lago, in Florida, dove ha parlato di “una notte fantastica, un giorno fantastico” senza nominare Haley o accennare a lei: “Lo chiamano Super Tuesday per un motivo”, ha detto aggiungendo che “faremo qualcosa che francamente nessuno ha mai fatto da molto tempo”. E tornando poi sui temi a lui cari, come quello dell’immigrazione, per cui ha parlato di “un’invasione”.
Biden, l’unico che ormai può fermare l’avanzata di Trump, ha sostenuto l’importanza di evitare una rielezione del tycoon: “Questa è una (opportunità) che capita una volta ogni generazione per noi di essere in grado di resistere e affrontare l’estrema divisione e violenza dei repubblicani” e “se perdiamo queste elezioni, tornerete con Donald Trump”. “Il modo in cui parla, il modo in cui ha agito, il modo in cui ha affrontato la comunità afroamericana, penso, sia stato vergognoso”, ha aggiunto.
“I risultati di stasera lasciano al popolo americano una scelta chiara: continueremo ad andare avanti o permetteremo a Donald Trump di trascinarci indietro nel caos, nella divisione e nell’oscurità che hanno definito il suo mandato?”, ha domandato Biden in un comunicato, chiamando i suoi elettori a sostenerlo da qui a novembre, facendo crescere il suo indice di gradimento che resta basso.
E, spina nel fianco del presidente, resta il voto di protesta, “uncommitted”, degli elettori che non perdonano a Biden il sostegno a Israele nell’offensiva a Gaza. Un elemento da non sottovalutare in vista del voto di novembre, che si prevede sul filo di lana e molto serrato, deciso forse da decine di migliaia di voti negli stati chiave. La scorsa settimana in Michigan, più di 100.000 democratici hanno votato “uncommitted” e ieri in Minnesota sono stati circa 45mila, il 20%.
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