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Dopo le elezioni in Sardegna e la vittoria del centrosinistra si fa strada l’idea del campo largo anche se Conte è cauto ma Calenda ribadisce: «Mai più soli»
La Sardegna incorona Alessandra Todde prima presidente donna della Regione. A capo del campo largo a trazione 5Stelle-Pd, ha vinto le Regionali con 2.615 voti in più del rivale e oltre 40mila voti in più rispetto alla propria coalizione, 42,6% contro il 48,8% del centrodestra, che però non ce l’ha fatta per i circa 5.400 voti in meno della coalizione presi da Paolo Truzzu, scelto dalla premier.
La legge elettorale è chiara: vince il candidato che prende anche un solo voto in più degli avversari. «Abbiamo sfondato il tetto di cristallo dopo 75 anni – dice Todde nella prima conferenza stampa – È stato un lavoro di squadra, sono stata supportata da tante donne. La mia giunta sarà di alto livello e competenza, e io sono operativa da subito, non c’è tempo da perdere», aggiunge la neo governatrice che ha trascinato la coalizione alla vittoria, nonostante il M5s si sia fermato al 7,8% contro il 22% incassato in Sardegna alle Politiche 2002.
PROGETTO DA COSTRUIRE, CAMPO LARGO DA CONTE A CALENDA MA…
Un dato che Giuseppe Conte, a domanda precisa, non commenta: «Alessandra ha già fatto conferenza stampa, io sono qui solo per abbracciarla», dice. Conte è arrivato a Cagliari con Schlein, che festeggia l’anniversario da segretaria con un doppio colpo: la vittoria alle Regionali e il Pd primo partito dell’isola con il 13,8% grazie anche al crollo di FdI, sceso al 13,6% dal 23,6% delle Politiche. C’era anche lei nella sede del comitato elettorale di Todde: «Sono felicissima, l’aria sta cambiando e arriva fino a Roma».
Todde, 55 anni, ex viceministra di Draghi al Mise ed ex sottosegretaria, sempre al Mise del Conte due, ingegnere-imprenditrice e manager, ha girato il mondo prima di tornare in Sardegna, dove aveva promesso di restare anche in caso di sconfitta. «Invece è arrivato un segnale forte e chiaro, i sardi hanno sconfitto i manganelli con le matite», dice innescando un applauso anche fra i giornalisti.
Todde, che fra le priorità per l’isola indica i trasporti, la sanità, l’energia, con una moratoria per evitare l’assalto delle rinnovabili, la tecnologia e il lavoro, è convinta che l’alleanza Pd-5stelle sia necessaria per allargare il centrosinistra e farlo vincere.
«Una sveglia oggi è arrivata anche al governo, Truzzu si è preso tutta la responsabilità della sconfitta, ma dovrebbe essere Giorgia Meloni a metterci la faccia, visto che l’ha scelto lei e ha riempito l’isola di manifesti esponendosi in prima persona» sottolinea Conte, più tiepido sulla blindatura dell’alleanza Pd-5stelle come scelta strutturale. «Se c’è un progetto, si costruisce l’alleanza intorno al progetto», ribadisce il leader M5s.
ITALIA VIVA
Ma anche tra le opposizioni più centriste, quelle del fu “terzo polo”, all’indomani del Sardegna day si trovano spunti per guardare con ottimismo al futuro dopo la vittoria di Alessandra Todde.
Né Renzi né Calenda aprono a ipotesi di campi larghissimi a livello nazionale, anzi, ma guardano a quanto avvenuto in Sardegna da prospettive diverse: per Renzi «è stato un voto molto interessante per tanti motivi»: il primo è la sconfitta della mossa «arrogante» di Giorgia Meloni, ma quello che più interessa l’ex premier è «la vittoria oggettiva dell’asse Pd-5 Stelle che credo che adesso si rafforzi. E questo per noi è un’ottima notizia, perché apre uno spazio che è molto difficile da gestire alle Regionali, quando si vota a turno secco, ma che invece apre uno spazio per chi non vuole l’Italia dei manganelli della destra e non vuole l’Italia dei sussidi del M5s. Uno spazio straordinario al centro da riempire già alle prossime Europee».
Insomma, Renzi insiste con le praterie, ma il problema è che di voti il suo partito ne ha ben pochi. Altro che praterie.
AZIONE
Ma la vera novità, almeno fino al prossimo cambio di idea, arriva da Carlo Calenda, che fa mea culpa e dice «mai più soli».
«Alle Regionali correre da soli, pur con un progetto come è successo in Sardegna e in Lombardia con Letizia Moratti, non è fattibile e non lo faremo più. Perché per un candidato terzo sono improponibili. Anche per questo in Abruzzo siamo in una coalizione larga, con un candidato di grande competenza, per il quale ci stiamo spendendo molto. Stiamo facendo un ragionamento anche in Basilicata, solo che li non si capisce niente». E a livello politico nazionale? «Sì, e poi cosa facciamo, decidiamo che dobbiamo stare tutti insieme contro la destra, poi non riusciamo a governare e torniamo al punto di partenza?», replica il leader di Azione.
Insomma, il centrosinistra rischia ancora una volta di fare un passo avanti e due indietro. Per la gioia di Meloni.
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