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Roma, 27 feb. (askanews) – La vittoria inattesa della candidata M5S-Pd in Sardegna, Alessandra Todde, non chiude, anzi ravviva la discussione sulle due versioni dell’alleanza dei “progressisti” o del centrosinistra, per utilizzare un termine un po’ desueto.
Dovrebbe essere una alleanza stabile e vincolante, come la vorrebbe il Partito democratico che pensa ancora al “campo largo” aperto ai vari partitini centristi usciti in qualche modo ridimensionati dal flop di Renato Soru nell’isola, oppure un “campo giusto” come ripete Giuseppe Conte anche nel day after di Cagliari, rivendicando l’obiettivo di lavorare solo “insieme a forze politiche che siano compagni di viaggio affidabili”?
Di sicuro un successo “che poteva essere più largo senza la defezione di Renato Soru”, come sottolinea la vicepresidente del gruppo M5S al Senato Alessandra Maiorino, rafforza un punto che è certamente condiviso fra Conte e la segretaria del Pd Elly Schlein: non c’è alleanza che possa ambire a battere le destre senza una delle due forze principali delle opposizioni. “Si è affermato un principio”, commenta rigorosamente a taccuini chiusi un dirigente dem, moderatamente ottimista sulla possibilità che l’esito delle elezioni sarde possa sciogliere qualche nodo anche per le prossime scadenze: “Se facciamo l’accordo in Basilicata, a quel punto può scattare qualcosa anche in Piemonte”.
La visione politica sullo scenario complessivo, però, rimane distante: “Non c’è bisogno – spiega ancora al cronista la senatrice Maiorino – di essere identici per fare degli accordi tra forze diverse, altrimenti faresti una fusione. Il fronte progressista va costruito ma deve esserci comunanza di valori: se Italia viva è una forza liberista, la nostra non è una antipatia politica ma una lontananza. Per questo preoccupa che il Pd continui a parlare semplicemente di campo largo”, aggiunge, riservando una battuta sarcastica al leader di Iv Matteo Renzi, che ha parlato di “spazi” che si aprono in vista delle europee per le forze centriste: “Le solite praterie che vede solo lui”.
Quanto al leader di Azione Carlo Calenda, che ha aperto ad alleanze alle regionali, “ultimamente sta scoprendo un sacco di cose, è un timido corteggiamento”, taglia corto l’esponente stellata. Maiorino sottolinea il fatto che da certe sensibilità “riformiste” finora sia emersa “solo una miopia politica: a che serve lavorare, come ha fatto Renato Soru, per staccare il Pd dal M5S?” Ma sui potenziali sviluppi delle intese, che nel Pd qualcuno intravede possibili, la fedeltà alla linea ufficiale resta granitica: “La Sardegna rappresenta un modello di percorso condiviso, con una candidata credibile che non era solo una 5 stelle ma un riferimento per il territorio”. Se il Pd pensasse di essere in credito dopo il successo della fedelissima di Conte nell’isola, sbaglierebbe: “Ogni territorio ha le sue particolarità, su qualsiasi candidatura in Piemonte bisognerà vedere cosa pensano i piemontesi”.
La Sardegna, insomma, potrebbe rimanere un episodio isolato. E in ogni caso i tempi di evoluzione delle intese non sono necessariamente immediati. Difficile immaginare che prima dell’esito delle elezioni in Abruzzo (dove il candidato civico Luciano D’Amico corre per un campo largo più sul modello gradito al Pd) il negoziato fra il Nazareno e via di Campo Marzio si avvii a una conclusione positiva. “Ci sono situazioni sul territorio – confida un dirigente M5S molto vicino a Conte – che forse non consentono di superare tutti gli ostacoli. Ma la partita non è chiusa”.
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