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La conferenza stampa dell'operazione Cumbertazione

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REGGIO CALABRIA – Venticinque ordinanze cautelari e il sequestro di 38 aziende. Questo il bilancio dell’operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza con il coordinamento della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria a Gioia Tauro.

GUARDA L’ELENCO DEI NOMI DELLE PERSONE COINVOLTE

Le ordinanze sono state emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria e riguardano aziende e persone attive in Calabria, Sicilia e Lazio. Le 25 persone coinvolte sono accusate dei reati di associazione mafiosa nonché di turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici. Si tratta, in larga parte ma non solo, delle persone sottoposte a fermo il 19 gennaio scorso nell’ambito dell’operazione “Cumbertazione” a conclusione dell’indagine condotta dal Gico del Nucleo di polizia Tributaria di Reggio, che ha colpito i profili imprenditoriali della cosca Piromalli operante nella piana di Gioia Tauro (LEGGI LA NOTIZIA).

I provvedimenti giudiziari in questione rappresentano l’epilogo delle indagini condotte dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria, volte a contrastare i profili imprenditoriali della cosca di ‘ndrangheta “Piromalli”, operante nella piana di Gioia Tauro. In questo contesto, è stato individuato un cartello di oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, è stato in grado di determinare l’aggiudicazione di appalti pubblici per oltre 90 milioni di euro. Sono stati, inoltre, eseguiti 38 sequestri preventivi d’azienda per un valore complessivo di circa 200 milioni di euro, nonché «accertati rapporti di connivenza con il sodalizio criminale da parte di un dirigente comunale ed episodi di corruzione di un funzionario dell’Anas».

L’operazione in questione segue il blitz messo a segno sempre contro il clan Piromalli nelle scorse settimane noto come operazione Provvidenza (LEGGI)

Oltre alle persone originariamente coinvolte, oggi, è stato arrestato un funzionario dell’Anas che non era stato interessato dal provvedimento di un mese fa. 

I dettagli dell’inchiesta

Le indagini hanno accertato il diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà, che, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sfruttando l’appartenenza alla cosca Piromalli, «ha costituito e consolidato negli anni una posizione di assoluto predominio nel settore degli appalti pubblici in Calabria, riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette da plurime stazioni appaltanti (tra cui i Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, la Provincia di Reggio Calabria – Stazione Unica Appaltante, l’Anas., ecc…) nel periodo 2012/2015 per un valore complessivo superiore a 90 milioni di euro».

I finanzieri hanno ricostruito come «l’illecito modus operandi, posto in essere grazie anche ai rapporti corruttivi con funzionari appartenenti alle medesime stazioni appaltanti nonché all’operato di diversi professionisti collusi, abbia consentito di sviare il regolare svolgimento delle gare pubbliche mediante la costituzione di un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, è stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata. Proprio sotto tale profilo, nel corso delle indagini è stata individuata una cerchia di soggetti risultati pienamente inseriti in quella organizzazione che gli indagati, negli stessi dialoghi intercettati, hanno definito la “Cumbertazione” (termine dialettale utilizzato per indicare un’associazione “chiusa”)».

In sostanza «accanto al nucleo della famiglia Bagalà, in particolare – scrivono i finanzieri – dei fratelli Giuseppe cl. ‘57 e Luigi cl. ‘46, nonché dei rispettivi figli Francesco cl. ‘90 e Francesco cl. ‘77, sono stati individuati ulteriori soggetti con ruoli chiave nel sistema di controllo degli appalti, tra i quali, in primis, Giorgio Morabito, originario di San Giorgio Morgeto (RC), già attivo nel settore degli appalti di lavori pubblici ed affiliato alla cosca Piromalli, nonché l’Ing. Pasquale Rocco Nicoletta e la sorella di questi, Angela Nicoletta, anch’essa parte del sodalizio criminale e testa di ponte della cosca Piromalli all’interno dell’amministrazione comunale di Gioia Tauro».

La finanza ritiene che la donna «quale dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune, nonché presidente delle commissioni di gara cui partecipavano le imprese appartenenti al richiamato “cartello”, forniva informazioni riservate e suggerimenti tecnici indebiti, nonché si attivava, a richiesta di Francesco Bagalà cl. ’77, per differire i termini di consegna delle offerte ogni qualvolta l’associazione criminale non fosse stata in grado di rispettarlo». 

LA CORRUZIONE DEL DIRIGENTE ANAS

 

Le Fiamme Gialle, inoltre, hanno accertato «ripetuti episodi di corruzione dell’ingegnere dell’Anas Giovanni Fiordaliso, direttore dei lavori relativi alla realizzazione dello svincolo autostradale di Rosarno, il quale, in cambio di utilità indebite da parte della famiglia Bagalà, consistite in soggiorni gratuiti a Taormina e Firenze e nel regalo di orologi Rolex, forniva a Francesco Bagalà cl. ’77 informazioni riservate nonché il format del file ANAS con il relativo logo». Data la situazione ricostruita «i professionisti di fiducia di Bagalà compilavano la “relazione riservata del direttore dei lavori” che veniva fatta propria dal Fiordaliso con l’apposizione della propria firma. Lo stesso Fiordaliso, inoltre, si attivava ripetutamente per favorire le imprese dei Bagalà. A tal fine, faceva pressioni su una dipendente Anas affinché venisse accelerata la procedura di firma dei SAL (Stato Avanzamento Lavori); perorava, dissimulando di agire nell’interesse della stazione appaltante Anas cui voleva evitare un oneroso contenzioso, la causa dell’impresa, cercando di spingere i competenti funzionari del”anas ad attivare la procedura finalizzata a giungere ad un accordo bonario il più possibile remunerativo per l’appaltatore, ciò al fine di consentire ai BAGALÀ di recuperare il forte ribasso offerto in sede di aggiudicazione della gara; cercava di convincere il consulente tecnico dell’ANAS, appositamente nominato dall’Ente per la risoluzione della stessa controversia, a rinunciare all’incarico».

LE ALTRE DITTE

Accanto ai Bagalà sono state individuate una serie di ditte compiacenti aventi sede in Calabria, Lazio, Sicilia, Campania e Toscana a cui venivano fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito l’aggiudicazione ad una di esse. In taluni casi, le le imprese, scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici (come nel caso dei gruppi Cittadini e Barbieri), si sono prestate a partecipare fittiziamente alle gare, singolarmente o in ATI o RTI, per conto dell’organizzazione (ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso); in altri casi – spiegano ancora le Fiamme Gialle – le stesse hanno presentato offerte fittizie, ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare. In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di corruzione, imposizione ‘ndranghetistica e collusione, lo scopo perseguito dai Bagalà è stato quello di garantirsi il totale controllo del sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi».

COSA ACCADEVA SE A VINCERE NON ERANO LE IMPRESE DEL CLAN

Se il cartello non riusciva a vincere l’appalto allora «venivano messe in atto manovre, sotto forma del subappalto o della procedura di nolo, al fine di controllare in maniera diretta la gara. Il vantaggio derivante in capo all’organizzazione criminale è stato molteplice. Da un lato, quello economico, direttamente derivante dall’esecuzione dell’appalto “per procura”; in secondo luogo, quello di favorire gli altri imprenditori mafiosi operanti sul territorio di esecuzione dei lavori, così da aumentare il prestigio dell’organizzazione, creare sinergie, consenso ed alleanze; in terzo luogo, vi è il vantaggio – in termini di visibilità mafiosa – di eseguire tutti i lavori in un territorio come, ad esempio, quello di Gioia Tauro, rafforzando così la posizione della cosca Piromalli. Infatti, la gestione dei cantieri locali permette anche l’assunzione delle maestranze imposte dalle famiglie ‘ndranghetistiche competenti per territorio, così ulteriormente permettendo all’organizzazione di creare un sistema per cui. secondo le stesse parole di Giuseppe Bagalà cl. ’57 – “tutti sono contenti”».

I rapporti con le altre cosche

Per ottenere i benefici del controllo degli appalti, l’organizzazione ha curato anche i rapporti con le cosche di ‘ndrangheta competenti in relazione al luogo di esecuzione dei lavori, riconoscendo loro la tradizionale “tassa ambientale” del 3%. L’operato illecito, inoltre, ha interessato anche la fase più propriamente esecutiva delle opere in quanto, in alcune gare, sono state apportate varianti non autorizzate al progetto ed è stato riscontrato l’utilizzo di materiale scadente e/o di qualità diversa rispetto a quella prevista nel capitolato di appalto

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