4 minuti per la lettura
Roma, 14 feb. (askanews) – Una minaccia, più che una tentazione.
Nella speranza che basti a fare da deterrente, a non far deflagrare lo scontro sull’ennesimo fonte aperto dalla Lega.
Quando durante la conferenza stampa di fine anno le fu chiesto quale fosse la sua opinione sull’ipotesi di un terzo mandato per i presidenti di Regione, Giorgia Meloni disse di vedere dei “pro e dei contro”, in sostanza di essere “laica su questa materia”.
Ma ora che il partito di Matteo Salvini ha presentato al decreto elezioni un emendamento per consentire, tra l’altro, a Luca Zaia di ripresentarsi alle elezioni in Veneto, la presidente del Consiglio viene descritta come “irritata” dall’alleato. Per ragioni di merito, ma non solo. A essere sotto la lente di ingrandimento della premier è la strategia di costante logoramento, su più fronti, messa in atto dal suo vice: le resistenze sulle modifiche al premierato e la strategia sulla protesta degli agricoltori, solo per citare le ultime.
Ed è per questo, viene riferito, che tra palazzo Chigi e via della Scrofa si è deciso che sulla questione del terzo mandato bisogna essere pronti a tutto, persino ad arrivare allo scontro quando e se ci sarà il voto in commissione Affari costituzionali del Senato, probabilmente la settimana prossima. Non è l’auspicio della premier ma l’ipotesi non viene scartata sebbene il vero obiettivo sia quello di convincere la Lega a ritirare la proposta di modifica prima dello show down. Il vice segretario leghista Andrea Crippa insiste: “Per dare una buona amministrazione ai territori dobbiamo consentire a chi è capace di potersi candidare: se noi impediamo a persone capaci di candidarsi potrebbe essere un problema”.
Il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti, invece, ne fa una questione di rispetto delle procedure legislative ricordando che si sta esaminando un decreto. “Ritengo che, allo stato attuale – spiega – non sia possibile riconoscere i requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero portare la politica a pronunciarsi in un senso o nell’altro”.
C’è un altro argomento che tra i meloniani viene messo agli atti: tra gli emendamenti condivisi sul premierato ce n’è anche uno che prevede il limite dei due mandati per il presidente del Consiglio. Come si può pensare – è il ragionamento – che quello che vale per il capo del governo non valga per un presidente di Regione?
Inzialmente, dentro Fratelli d’Italia era circolata la suggestione che la questione potesse essere bypassata con una semplice dichiarazione di inammissibilità dell’emendamento da parte del presidente della commissione, il meloniano di ferro Alberto Balboni. Una ipotesi che viene sostanzialmente smontata nelle ultime ore. Dunque, fanno sapere fonti del partito di maggioranza relativa, se non ci sarà il ritiro si arriverà al voto con il rischio non soltanto che si spacchi la maggioranza ma anche che la proposta di modifica venga bocciata, mettendo una pietra tombale sul terzo mandato.
Si fanno già i calcoli. I meloniani possono contare sulla sponda di Forza Italia che ancora oggi con il segretario Antonio Tajani hanno ribadito di essere totalmente in asse con la premier su questo punto. “I governatori – afferma – hanno un grande potere, superiore al presidente del Consiglio sul territorio. Non è questione che riguarda Lega o Pd” ma un tema di “tutela dell’alternanza e della democrazia nel nostro Paese, anche negli Usa il presidente ha due mandati”. Il Pd, come dimostrano le prese di posizione delle ultime ore, è spaccato e il M5s – ragionano in Fdi – ha già nel suo statuto il limite di due legislature per i deputati. E tuttavia va messo tutto in conto, compreso il rischio che le opposizioni ne approfittino per fare uno sgambetto alla maggioranza.
Il nodo del terzo mandato si intreccia con l’iter del premierato, tanto caro alla presidente del Consiglio, e a quello dell’Autonomia, cara alla Lega, che proprio oggi è stata incardinata alla Camera nel suo secondo passaggio parlamentare.
Ma anche alle prossime elezioni in Veneto. Fratelli d’Italia rivendica apertamente il prossimo governatore. Lo dice in chiaro il coordinatore del partito in Regione, Luca De Carlo, considerato anche un papabile candidato. “Il dato delle ultime elezioni politiche è stato chiarissimo: il 32,5% dei veneti ha votato Fratelli d’Italia. Un veneto su tre ha scelto il nostro partito”, sottolinea. Ed è proprio su questo punto che, a sua volta, insiste Crippa. “Non ho capito perché non sono d’accordo, perché De Carlo vuol fare il presidente del Veneto?”.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA